6. Claire

6.9K 345 34
                                    

La mattina dopo la mia prima serata di lavoro al Five Stars, mi sveglio con in mente la melodia della canzone dei Crunchy Melodies.
Il pezzo, che ho ascoltato mentre asciugavo dei bicchieri, mi è piaciuto fin da subito, con il suo ritmo veloce e il testo spensierato, nonostante parli di un ragazzo a cui hanno spezzato il cuore senza tante cerimonie. Le parole della canzone non sono le solite frasi fatte o scontate e non ci sono nemmeno gli errori grossolani che farebbero dei ragazzi italiani nello scrivere un testo in inglese. Per me, che parlo l'inglese fin da quando ero piccola, il brano non ha nulla da invidiare a quello scritto da un madrelingua.

Vado in bagno canticchiando la melodia e non posso fare a meno di pensare alla voce del chitarrista, più acuta rispetto a quella del bassista che canta i cori. Di sicuro la preferisco tra le due, così come credo che il chitarrista sia il più affascinante del gruppo. Non che la cosa sia della minima importanza, considerando le cretine che lui e i suoi compari frequentano.

Ieri sera, finito il concerto, ero fuori a buttare il vetro, quando a qualche metro di distanza ho sentito delle risate sguaiate: si trattava della biondina e delle sue amichette, che se la ridevano insieme ai Crunchy Melodies.
La bionda stava appiccicata al chitarrista e rideva delle sue battute oscene.
Sarà pure un bravo musicista e cantante, ma, quanto a cervello, non deve averne molto.

Controllo i miei messaggi su Facebook, ce ne sono di nuovi nella conversazione che condivido con Elisa e Alice. Mi chiedono come stanno andando le cose e delle novità riguardo il mio lavoro, dato che avevo scritto che ieri sera dovevo andare a provare al Five Stars.
Mi attardo più di quanto mi renda conto perché ad un certo punto sento la porta d'ingresso chiudersi, deve essere mia madre.
Saluto le mie amiche, chiudo la conversazione e poi spengo il mio portatile, dopodiché mi dirigo in cucina.
«Sei tornata prima oggi, mamma» affermo, afferrando un panino dal sacchetto di carta che ha poggiato sul tavolo in legno chiaro.
«Sì, abbiamo finito un'ora prima. Anche se sarei rimasta volentieri più a lungo dato che mi pagano a ore.» Leggo il disappunto nei suoi occhi scuri.
«Ecco...» Vado in soggiorno a recuperare la mia borsa, dove ci sono i soldi con cui mi ha pagato Flavia. «Voglio darti questi.» Le porgo delle banconote.
Lei scoppia a ridere. «Tienili per te. Io e tuo padre non siamo ancora messi così male.»
Mi sento in imbarazzo, ci tengo davvero a contribuire al mio mantenimento e a quello della famiglia. «Avete sempre fatto sacrifici per me. Prendili, per favore. È giusto che cominci a provvedere a me stessa.»
Lei scuote la testa, convinta. «Non vuoi un'auto tutta per te?» ribatte. «Allora mettili da parte per quello. C'è ancora il tuo libretto postale aperto, puoi depositarli lì.»
Annuisco, non del tutto convinta. Sono arrivata quando i miei avevano circa la mia età e da quel momento non mi hanno mai fatto mancare niente, sacrificando i loro sogni e desideri. Il fatto di essere figlia unica, poi, ha fatto sì che si dedicassero totalmente a me. Ora che sono abbastanza grande, vorrei rendermi indipendente e pesare meno sul bilancio familiare. Certo, un impiego come cameriera non mi renderà ricca, ma è un buon inizio, visti i tempi che corrono.
«Grazie.» L'abbraccio e poi le racconto le mie impressioni sulla prima serata di lavoro al Five Stars. Lei mi ascolta, con un'espressione orgogliosa stampata sul volto.
«Cresci così in fretta, tesoro. E io divento vecchia.»
«Ma se non hai nemmeno quarant'anni! Sei di gran lunga la madre più sexy che conosca.»
Sorride e si arrotola una ciocca dei capelli mossi e scuri intorno all'indice, con finta aria civettuola.
Scoppiamo insieme a ridere e poi ci mettiamo a preparare il pranzo, allegre. Siamo sempre andate d'accordo, anche se a volte nel mio piccolo mi sono sentita in colpa, per aver rubato a mia madre parte della gioventù. Eppure lei è una donna forte, che non si abbatte, non l'ho mai vista piangere, credo che se mai dovesse succedere mi crollerebbe il mondo addosso. So che anche lei è umana, però per me è come un pilastro, una presenza costante nella mia vita, posso sempre contare su di lei.
«Avrei una voglia matta di fare una torta al cioccolato, ma guarda qui!» esclama ad un certo punto, pizzicandosi un fianco. Ha un fisico morbido, ma non è grassa.
Una sera ho assistito senza volere a una scena tra lei e mio padre. Lei si lamentava perché aveva messo su un paio di chili e lui le aveva detto che invece era bellissima così, che quelle erano le forme che gli avevano fatto perdere la testa quando l'aveva conosciuta, ormai vent'anni prima.
Vent'anni. A parole sembrano un'eternità, eppure mi sembra che la luce negli occhi dei miei quando si guardano non sia cambiata per nulla, così come l'ardore e la rabbia che ci mettono quando litigano. Perché non credo che un amore privo di litigi sia totalmente genuino.
Sospiro, ripensando ai pochi fidanzati che ho avuto durante le superiori, niente di serio, anche se un paio di volte credevo di essermi innamorata. Forse è meglio così, non ho mai avuto il cuore infranto, né tantomeno l'ho spezzato a qualcun altro.
Ritorno al presente e corro a prendere una tortiera.
«Cioccolato sia!» affermo convinta, sorridendo a mia madre. Se c'è un'altra cosa che adoro, oltre la musica e il disegno, è proprio cucinare.
«E che ne è della dieta?»
«Non so di cosa stai parlando.» Le strizzo l'occhio e comincio a recuperare gli ingredienti per il dolce.

***

Grazie a chi segue la storia, commenta e vota. Spero davvero che vi stia piacendo!

Maria C Scribacchina

Un bacio tra le noteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora