L'estate dopo la maturità, tempo per festeggiare, per darsi alla pazza gioia, oziare, stare fuori fino a tardi e svegliarsi ad orari improponibili; partire per la destinazione che si ha sempre sognato, per una vacanza all'insegna del divertimento e delle follie fatte con gli amici. Non per me.
Mi sono appena trasferita in una nuova città, a più di cento chilometri dal paesino minuscolo dove vivevo prima. Lì tutti si conoscevano, erano parenti o vicini di casa. Invece, nella nuova città mi sento isolata e inadeguata, nonostante sia rimasta in contatto con i miei vecchi amici. Anche se mi chiedo quanto dureranno queste amicizie a distanza. Per fortuna, nell'era di Internet e cellulari, ci sentiamo praticamente ogni giorno e poi non ci vuole tanto a prendere il treno o la macchina e partire. Il bello dell'abitare in una grande città è che i mezzi di trasporto sono disponibili quasi a ogni ora del giorno e della notte.
Purtroppo per il momento devo rimandare le rimpatriate dato che Elisa, la mia migliore amica, è in Inghilterra, dove seguirà un corso di inglese e cercherà lavoro, nella speranza di coronare il sogno di andare a vivere lì per sempre.
Alice, l'altra mia migliore amica, resterà in Italia fino a quando, tra tre settimane, andrà a stare dai suoi parenti in Spagna per qualche tempo. Fortunata lei. Mi ha anche invitata a seguirla, ma la mia famiglia al momento non si trova nelle migliori condizioni economiche: mio padre ha dovuto cambiare impiego, per questo ci siamo trasferiti, e mia madre tira avanti con qualche lavoretto a tempo determinato. Mi sento in dovere di contribuire e poi il mio sogno, anche se molto più materialistico, è di comprarmi un'auto tutta mia; con l'auto vanno calcolate anche le spese relative, come benzina, bollo e assicurazione.
Conclusione: devo trovare un lavoro al più presto, il fatto che io sia una nuova arrivata non può frenarmi.Abito in questa città da quasi due settimane e, vivendo in periferia, ho preso più volte l'autobus per raggiungere il centro, come questo pomeriggio.
Ormai alcune facce mi sono familiari; la coppietta con la neonata che siede qualche sedile davanti a me o l'anziana signora che si dimentica sempre di suonare per prenotare la fermata e si mette a strillare con l'autista.
Ci sono anche delle mie coetanee dall'aria non molto simpatica e tutte in tiro. Mi chiedo come abbiano voglia di riempirsi la faccia di trucco ogni santo giorno. A me un po' di matita nera per gli occhi basta e avanza.
Scuoto la testa e distolgo lo sguardo, anche se non posso fare a meno di udire la loro conversazione, perché strillano in maniera per niente educata. Ricordo di aver sentito che ci sono alcuni stati in cui è praticamente vietato parlare ad alta voce sui mezzi pubblici, in casi come questo vorrei che fosse così anche in Italia.
«Per fortuna da settimana prossima non dovremo più prendere l'autobus, finalmente arriverà la mia auto nuova.»
Riporto la mia attenzione sul gruppetto. La più bionda e truccata del gruppo si sta vantando con le sue amiche, scuotendo la lunga chioma dalla messa in piega impeccabile.
«Che figata! Sei riuscita a convincere tuo padre a comprarti la Mini?»
Spalanco gli occhi per lo stupore. Una Mini come prima macchina non è poco. Certo, i miei non se la passano benissimo, evidentemente le altre famiglie sono abituate diversamente. Gliel'avranno presa usata, quantomeno.
«Sì. Una Mini rossa. Nuova fiammante, come l'ho sempre desiderata.» Alla faccia!
La tipa si passa una mano tra i capelli platinati e sbatte le lunghe ciglia piene di mascara.
«Voleva appiopparmi una miserabile auto usata!»
Le altre amiche fanno una smorfia di disgusto e io vorrei tanto sbattere la testa contro il finestrino. O sbattere la sua, di testa, forse sarebbe preferibile.
Finalmente siamo arrivati alla fermata in centro e posso scendere, senza dovermi più sorbire le mirabolanti avventure sessuali della capogruppo con un tizio che sembra tanto bello quanto scemo. Proprio oggi la batteria del mio lettore mp3 doveva abbandonarmi? Avrei potuto usare il cellulare, ma non volevo rischiare si scaricasse anche quello.
Quando le tipe mi passano di fianco, una di loro mi urta con la sua borsetta costosa e la sento mormorare: «A quella non l'ha detto nessuno che il look da dark è orrendo? Poteva almeno truccarsi un po' meglio.»
Mi giro e lancio al gruppetto un'occhiataccia, facendo cessare le risatine di scherno.
Riprendono a ignorarmi e io mi avvio per la mia strada.
«Hai già deciso cosa metterti stasera?» Sento schiamazzare, dopodiché per fortuna spariscono dalla mia vista, dirigendosi verso la via dei negozi più costosi, la stessa direzione che hanno preso ogni volta che le ho incontrate.L'annuncio sulla porta di un locale attira la mia attenzione: cercano una cameriera.
Ho portato con me dei curriculum, speranzosa di incappare in qualcosa del genere.
Non si fa cenno al fatto che si debba avere esperienza e spero di essere fortunata.
Lo stile del locale è molto rock e non credo che il mio look "da dark" - come l'hanno definito le tizie sull'autobus - sia visto come una cosa negativa. I miei pantaloncini neri, le converse rosse e la camicetta a scacchi rossi e neri non mi sembrano un abbinamento così esagerato, comunque.
Purtroppo il posto sembra chiuso e l'orario sulla vetrina in effetti riporta un orario totalmente serale. Sbircio oltre il vetro della porta d'ingresso. Intravedo il bancone del bar e un'altra stanza dove c'è un palco per la musica dal vivo. Credo che, anche se non dovessero prendermi a lavorare, diventerò una cliente fissa, adoro ascoltare le band suonare.
«Hai bisogno di qualcosa?» Sento dire alle mie spalle. Mi volto, trovandomi di fronte una donna alta e magra sulla trentina, con i capelli tagliati corti, tinti di bianco con le punte di un grigio scuro, e dei piccoli dilatatori alle orecchie. Immagino che sia la proprietaria.
«Sì, vorrei saperne di più riguardo all'annuncio.»
«Ti riferisci al posto da cameriera?» Mi squadra, sicuramente per valutarmi, e cerco di ergermi in tutto il mio metro e sessanta. Se faccio una buona impressione fin dall'inizio è già una cosa positiva.
«Stavo per aprire. Vuoi entrare, così parliamo meglio?»
Annuisco e la seguo all'interno del locale, che si chiama Five Stars. È decorato con immagini di icone del panorama musicale tra cui Beatles, Queen, Metallica e Pink Floyd. I muri sono dipinti di un rosso cupo e riportano, in un carattere nero che contrasta, testi di canzoni e frasi che celebrano la musica.
«Gran bel locale» commento, guardandomi intorno con curiosità e ammirazione.
«Deduco che tu non sia di qui...?»
Le porgo la mano. «Claire, piacere. No, mi sono appena trasferita.»
Lei mi stringe la mano, ha una stretta forte e decisa, mi piace. «Io sono Flavia, piacere.»
Parliamo un po' del lavoro e di cosa comporterebbe. Per fortuna non c'è bisogno di particolare esperienza.
Sarei impegnata tutte le sere, approssimativamente dalle nove fino all'una di notte, week end compresi, con un riposo settimanale.
«Nessun problema, sono disposta a fare anche qualche ora in più in caso ce ne fosse bisogno» affermo convinta, sperando che capisca che possiedo la voglia di fare che cerca. Imparo in fretta e sono una persona molto determinata, quando si mette in testa di fare una cosa. I miei affermano sempre che sono testarda, probabilmente hanno ragione.
Mi rivolge uno sguardo benevolo. «Bene, puoi cominciare la prova già da stasera? Potresti tornare verso le otto. Così prima ti spiego un po' di cose.»
Faccio mente locale, al momento mia madre lavora solo le mattine e sarebbe andata a fare la spesa questo pomeriggio, quindi di sicuro la macchina non le serve. «Certo, come devo vestirmi?»
«Ti darò io una t-shirt del locale, per il resto metti dei pantaloni e delle scarpe comode.» Lancia un'occhiata alle mie converse rosse e fa un cenno d'approvazione.
«Ci vediamo più tardi, Claire.» Mi sorride e poi aggiunge: «Non voglio che mi chiami signora durante il lavoro. Dammi del tu e chiamami Flavia.»
«Va bene, Flavia» le dico. «A stasera.»Esco, contenta di me stessa e stupita dalla velocità con cui sia successo tutto. Potrei aver trovato un lavoro! Cominciavo a temere che avrei passato la mia estate a casa, senza sapere cosa fare. Non mi piace stare con le mani in mano, a meno che non sia sotto l'ombrellone con un libro in mano e, data la mia situazione economica, dubito che questo accadrà nei prossimi mesi. Poco male, troverò modo di divertirmi qui in città.
Grazie al nuovo impiego potrei conoscere nuove persone e stringere delle amicizie. Non vedo l'ora di mettermi alla prova.
Non manca molto all'ora di pranzo, eppure mi è venuta voglia di un gelato, così mi dirigo verso la gelateria che ho adocchiato un paio di giorni fa, pregustando un cono alla fragola e lampone, i miei gusti preferiti.
Mentre cammino mi guardo intorno, alla ricerca di un negozio di dischi, vorrei tanto comprare un cd di una band che mi ha fatto conoscere qualche mese fa Stefano, un mio ex compagno di scuola. Gli All Time Low non sono ancora molto conosciuti qui in Italia, però a me sono piaciuti da subito. Canticchio uno dei loro pezzi e intanto arrivo alla gelateria. Peccato che non abbia visto nessun negozio di dischi, magari è nella zona dove si sono dirette le tipe odiose. Farò un salto la prossima volta.
Per il momento mi gusto un ottimo gelato, sorridendo e pensando a ciò che mi aspetta stasera: un nuovo lavoro e una nuova avventura.***
Con questo capitolo avete conosciuto anche Claire. Spero che vi sia piaciuto!
Grazie a chi legge, segue, commenta e vota. Sono davvero felice di condividere finalmente questa storia. Lo so, l'ho già detto, ma sono così emozionata! :)
Maria C Scribacchina
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Un bacio tra le note
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