Epilogo

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Lacrime.

Solcavano le guance come coltelli affilati, lasciando dietro di se striature brucianti di sangue.

Lacrime amare.

Facevano male, strappavano la carne, uccidevano la luce; che piano, dietro quegli occhi verdi, andava spegnendosi nella consapevolezza di essersi preparato a tutto questo e di non avercela comunque fatta.

Lacrime crudeli.

Come crudele era stato tutto il tempo che avevano trascorso assieme, ed ora spingeva sul cuore come una pressa, schiacciandolo, soffocandolo.

Lacrime disperate.

Disperazione, era ciò che pervadeva il corpo in ogni passo che aveva fatto. In ogni respiro che gli scombussolava i polmoni facendolo piegare a metà dal dolore.

Lacrime incontrollate.

Come la sua furia ceca verso Piton e il suo tradimento. Verso Bellatrix Lestrange che gli aveva tolto troppo. Furia verso Voldemort che continuava senza pietà a distruggere il suo animo già martoriato. Furia corrosiva scorreva nelle sue vene tutt'uno con il sangue, era l'unica cosa che lo teneva in piedi, l'unica scintilla di energia che pareva animare quegli occhi verdi così cupi e tristi.

Lacrime erano quelle che stavano solcando le guance livide di Harry Potter, che ai piedi della torre di astronomia, guardava il corpo del preside riverso a terra; immobile.

Un sordo dolore, ancora una volta, gli fece tremare le spalle. Le gambe gli cedettero, mentre le ginocchia impattavano violentemente con il pavimento. Harry non parve sentirlo, accoglieva il dolore con una vaga gratitudine, era l'unica cosa che gli dava la certezza di essere ancora nel cortile di Hogwarts. Sentiva il corpo tremargli come se intorno avesse una distesa di ghiaccio, mentre portò una mano tremante alla guancia del vecchio. Era fredda come l'inverno. Sussultò Harry scosso dai singhiozzi ancora di più, mentre abbandonava anche le sue ultime forze, abbracciando il corpo immobile che giaceva ai suoi piedi.

Un pezzo della sua famiglia, distrutto, ancora una volta.

Goccioline amare caddero dalle sue guance e sfiorarono delicate e letali la pelle fredda del Preside; che incurante delle sofferenze dei mortali, stava disteso con in viso un'espressione tranquilla.

Non si era nemmeno reso conto che ormai all'interno di quel cortile arido, non era più solo. Studenti di tutti gli anni si erano riversati fuori, creando un semicerchio intorno alla terrificante scena che si stava consumando ai piedi della torre.

Non un sussurro, non una parola osò spezzare il fragile equilibrio che separava il panico da quella situazione surreale. Mai come allora Harry Potter si era sentito più fissato ed impotente. Poi alzò leggermente la testa e notò che la sua era solo un'impressione. Ogni sguardo presente in quel cortile era puntato verso l'alto, su, nel cielo stellato che assisteva indifferente alla tragedia che si era appena compiuta.

Harry seguì la loro direzione e se aveva pensato di non poter provare dolore più grande, si era dovuto ricredere. Sopra la torre, brillante come una minaccia, squarciava il manto stellato il marchio nero. Il teschio, la morte, seguito dal serpente. Vile e calcolatore, crudele e spietato, muoveva le sue spire ignaro delle vittime che mieteva sulla sua strada, senza la minima pietà per la loro insulsa vita mortale.

Harry sentì distintamente il suo cuore sprofondare nelle viscere del suo corpo o forse aveva semplicemente deciso che per lui era troppo da sopportare, così lo aveva abbandonato sul ciglio della strada deserta che erano i suoi ricordi.

Non

Le parole di Silente, che una dopo l'altra, invadevano la sua mente annebbiata.

è

Inaspettatamente, noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora