Prologo

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"Oh, c'è un fiume
che si snoda per sempre
Sto andando a vedere
dove porta.
Per i confini della terra,
vuoi seguirmi?"
-Lord Huron, Ends Of The Earth-

Syria

Conoscete il mito di Aristofane?
Si tratta di una favola sull'amore, si trova in uno dei dialoghi scritti da Platone.
Una delle poche cose che ho imparato a scuola, a dirla tutta.
Una delle poche cose che mi ha intrigata, che ha catturato la mia attenzione, e che ancora ricordo.

Racconta di un tempo in cui non esistevano soltanto due sessi, ma ne esistevano ben tre. C'erano i maschi, le femmine, e poi c'era il sesso androgino: erano esseri che possedevano in un unico corpo caratteristiche sia maschili che femminili. E tutti avevano due teste, quattro braccia, quattro gambe... il doppio di tutto insomma.
Un giorno, tentarono la scalata all'Olimpo per spodestare gli dei, ma Zeus intervenì a colpi di saetta. Cercò di abbatterli. Di separarli.
Ci riuscì, li divise in due.
Gli esseri umani si indebolirono, e da allora, sono alla continua ricerca della loro metà, della forza che possono ritrovare soltanto unendosi.  

'Al desiderio e alla ricerca dell'intero si dà nome amore'.

Questa frase mi aveva colpito così tanto, che l'avevo subito ricopiata sul mio quaderno. E fu probabilmente l'unico tipo di appunti che presi mai in vita mia.
Non mi faceva impazzire la filosofia, ma Platone mi aveva conquistata con questa piccola frase e con la sua favoletta sull'amore.

Ci avevo voluto credere alla storia di due persone che si univano fino a formarne una sola, ci avevo voluto credere sin da subito, anche se avevo a malapena quindici anni.
E poi però, neanche tanto tempo dopo, l'avevo sentito.
Tutto questo l'avevo sentito.
E lo sentivo ancora.

Sentivo che mi mancava un pezzo, che quel pezzo era lui, che se non l'avessi riavuto indietro, sarei rimasta rotta per sempre.
Ryan era esattamente la mia metà.
Non ne esisteva un'altra che combaciasse con me, un'anima divisa a metà non poteva che combaciare che con un unico altro pezzo, uno e uno soltanto.
Non c'erano doppioni, non c'erano tipi di colla speciali che riparassero il danno, non c'erano falsi, imitazioni o riproduzioni da creare per riformare l'intero.
E io la volevo sentire di nuovo intera la mia anima. Rivolevo l'altra metà, quella originale -solo l'originale- che in qualche modo mi apparteneva.
Era sua ma era anche mia. Era stata data al suo corpo, ma serviva per riparare il mio.
Gran bel dilemma questo, specie quando l'altra parte vuole tenersi il suo pezzo tutto per sè.

La volevo, la volevo, la volevo. Nonostante dopo il viaggio che aveva intrapreso fosse tornata più ferita e danneggiata di come l'avevo lasciata, la rivolevo.

Non ero ancora pronta ad accettare di restare rotta per sempre.

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