Quarantotto

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"Così comincio una rivoluzione
dal mio letto.
Esci, l'estate è esplosa.
Non guardare al passato
con rabbia.
Togliti quell'espressione dal viso
perché tu non spegnerai
mai il mio cuore"
-Oasis,
Don't Look Back In Anger-

Jordan

Un sacco di miei colleghi pagherebbero per stare al mio posto.
Tre settimane di riposo, niente lavoro, niente emergenze, niente ansia da prestazione, niente stress. Una sorta di mini vacanza piovuta all'improvviso dal cielo, una piccola gioia che finalmente sembra aver colpito anche quella persona che dalle gioie sembra essere immune, neanche fossero una fastidiosa malattia.
Non che la ragione da cui poi questo riposo sia derivato sia esattemente motivo di gioia, ovvio.
Ad ogni modo, a me tutto questo riposo mi sta logorando.
Quando avevi una marea di pensieri negativi per la testa, più un'altra decina di preoccupazioni, più l'umore a terra, restare ore e ore piantato su un divano a far nulla non era certo il massimo.
Sto pensando di chiamare Syria e chiederle di venirmi a fare un po' di compagnia quando il display del telefono prende vita, senza che l'abbia ancora toccato.
" Nate?" rispondo.
" Jordan. Mi dispiace chiamarti a quest'ora. Senti, non è che potresti venire in caserma?" mi chiede con voce tesa.
Tentenno un momento.
Be' non era certo quello che mi aspettavo, credevo volesse domandarmi come stavo.
" Venire in caserma adesso?" replico alla fine, perplesso.
" Già. Si tratta di una piccola emergenza. Non è lavoro. Insomma, non che la cosa debba necessariamente riguardarti e forse ho fatto male a chiamare te ma mi è sembrato giusto avvertirti, ecco"
Che diavolo va farneticando?
" Nate, spara" gli intimo.
" Per telefono no. Però sappi che si tratta di Miky. Allora, ci raggiungi?"
Quel nome.
Quel nome mi fa scattare come una molla compressa troppo a lungo.
E odio avere simili reazioni perchè il mio corpo non fa che dimostrarmi -e ricordarmi e confermarmi- quanto ormai mi sia legato a quella ragazza.
" Arrivo"

Di tutte le prospettive che avevo vagliato, di tutte le condizioni in cui pensavo di trovarla, questa proprio non l'avrei mai immaginata.
Non sembra neanche lei.
E infatti per un momento di troppo resto sulla soglia della stanza in cui l'hanno portata, ad osservarla come un'idiota, cercando di capire se si tratti davvero della stessa Miky, quella Miky sempre con i capelli in ordine e i vestiti perfettamente stirati.
La prima cosa che noto è la sostanza nerastra di cui è ricoperta dalla testa ai piedi -cenere?
Poi la coperta pesante in cui è avvolta. I capelli scompigliati. Lo sguardo vuoto, perso, rivolto al pavimento. Il modo in cui si dondola, come se fosse sotto schock.
" È sotto schock" mi conferma Nate.
La raggiungo in due falcate e mi inginocchio davanti a lei.
Le poso le mani sulle braccia, sulle gambe, sul viso, e non so se è per confortare lei o per accertarmi che sia viva, calda, qui.
Il mio cuore scalpita di paura.
" Che cazzo è successo?" sbotto, con nessuno in particolare.
Mi volto indietro e noto che oltre me e Miky c'è solo il mio amico nella stanza.
" L'ennesimo incendio domestico. Siamo accorsi in questa casa che credo sia quella dove viva lei, e abbiamo trovato la cucina che andava a fuoco e Miky bloccata dentro. Non ha ustioni, però è in questo stato catatonico da quasi due ore. La devi portare in ospedale Jordan"
Annuisco. "Prima lasciaci un minuto da soli"
" Un'ultima cosa. C'era anche il suo ragazzo, voleva occuparsene lui ma non appena tentava di avvicinarla Miky cominciava a tremare, ne era terrorizzata, si è aggrappata a me e alla fine siamo riusciti a portarla via con noi"
Stringo i denti dalla rabbia e comincio a sentirmi maledettamente in colpa.
Non avrei dovuto sentirlo che qualcosa non andava?
Non avrei dovuto saperlo che non sarebbe stato saggio lasciarla da sola con lui ad affrontare qualsiasi decisione avesse preso?
Cerco di mettere le domande da parte e di concentrarmi sulla donna spaventata che ho davanti.
Le parlo per un paio di minuti, cerco di farla tornare da me, di tranquillizzarla. La sfioro piano, con amore, con delicatezza.
Non serve a niente. Alla fine sono costretto a portarla in ospedale in queste condizioni, facendomi aiutare da un collega per trascinarla in macchina.

L'Altra Metà Della Mia Anima Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora