Uno

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"Come una piuma che
non arriva mai sulla terra
Vado avanti
su questa strada vuota
Chi segui quando non c'è
nessun altro attorno a te?
Dimmi dove ho bisogno di andare"
-Martin Luke Brown,
Bring It Back To Me-

Syria

Il karma me lo aveva presentato il conto alla fine.
Avevo voluto tutto e adesso non avevo niente.
Esattamente due anni dopo al periodo in cui avevo deciso di staccare la spina dalla boxe, dal mondo agonistico, mi ritrovavo in una situazione parecchio simile.
La mia vita che veniva sconvolta e stravolta di nuovo, una decisione che dovevo prendere al più presto, un rischio che non sapevo se correre, un futuro davanti che era l'equivalente di un'incognita.
Io che mi rigiravo nel letto, in bilico tra la frustrazione, la confusione e la stanchezza.
Ero davvero esausta di questa storia che sembrava destinata a ripetersi, come se fossi rimasta intrappolata in una maledizione o in un sortilegio.
Non ne potevo più di trasferirmi in una città per ricominciare -e costruire diverse abitudini, e alimentare nuove speranze- per poi qualche mese dopo, restare a guardare con quanta facilità quello che avevo conquistato si sgretolava sotto ai miei occhi.
Ero fuggita in America, avevo trovato l'amore, l'avevo perso.
Ero tornata in Italia, avevo ripreso con la boxe... e rischiavo di perderla per la seconda volta. Per la seconda volta mi toccava decidere se allontanarmi da quel mondo e prendermi una pausa.
Due anni di disastri, ecco cosa avevo ottenuto in realtà.
Anche se stavolta, nessuno poteva dire che il casino l'avevo combinato io, o che me la fossi andata a cercare.
Be' qualcuno in verità lo pensava, per via della decisione che avevo preso dopo -e sottolineo dopo- che il danno era stato fatto.
Ad ogni modo, il problema erano la mia spalla e il mio braccio. Erano ridotti male.
All'ultimo incontro, che avevo combattuto la settimana precedente, avevo dato a entrambi il colpo di grazia. E le due opzioni che mi restavano ora, non erano di certo delle migliori.
Potevo proseguire con gli allenamenti intensi e con le gare, come se nulla fosse, imbarcarmi in un'altra stagione sportiva, e rischiare di rovinare tutto definitivamente -e di conseguenza, dire addio al pugilato a livello agonistico per sempre.
Oppure potevo rimettere tutto in stand-by, dare al mio corpo un anno di tempo per guarire e riprendersi -sempre che si fosse ripreso- restare a riposo, iniziare la fisioterapia, e poi tornare.
Nessuna delle due opzioni mi entusiasmava. Però la prima mi terrorizzava.
Avevo diciotto anni. Com'era possibile che la mia carriera rischiasse di finire già a diciotto anni? Non avrei dovuto preoccuparmi di questo per almeno un decennio.
E invece.
E invece molto probabilmente mi aspettavano dodici mesi di... già, di cosa? Cosa avrei fatto? Non avevo altri progetti, non avevo neppure un maledetto straccio di diploma.
La trovavo una punizione molto più che esagerata quella che mi era toccata, solo perchè avevo voluto l'amore e la gloria.
La chiave che gira nella serratura mi risucchia via da quei pensieri e mi costringe ad alzarmi dal letto. So che è Kevin con il nuovo medico, l'ultimo che mi ha fatto gli esami e le lastre. In teoria dopo questa visita, dovrò prendere una decisione definitiva.
Spero ancora di ricevere una buona notizia, ma dopo le diagnosi tutte uguali di cinque dottori, immagino quale sia il responso.
Kevin entra nella mia camera con il dottor Parisi, ci stringiamo la mano e lascio subito che mi controlli la fasciatura prima di illuminarmi sul risultato delle analisi.
Medici. Avrei voluto evitarli tutti come la peste, dal primo all'ultimo. Ma ovviamente, ironia della sorte, in quest'ultimo anno ne avevo incontrati più che in tutta la mia vita.
E ognuno di loro mi riportava indietro nel tempo, mi scaraventava in una bolla di ricordi, mi faceva rivivere quello che volevo dimenticare. Era stato impossibile farlo così.
Ogni camice bianco che entrava nella mia visuale, e ogni dottore che mi sfiorava e mi parlava con tono gentile, era un dolore che aveva poco a che fare con quello al braccio o alla spalla.
" Syria, negli ultimi giorni non ci sono stati miglioramenti, è troppo presto. Tutto ciò che posso dirti, è che non sei peggiorata. Le tue articolazioni e il tuo omero oggi starebbero molto meglio se non avessi combattuto quell'ultimo incontro, sai?"
Oh, ecco l'ennesimo mal celato avvertimento emesso da un tizio qualunque. Sono poche le cose che mi hanno fatto incazzare più di questo di recente.
" Dopo che me lo avete fatto notare in sei, direi che ho recepito il messaggio" ribatto.
E non mi importa se sono sgarbata, se gli ho appena svelato di aver girato un'infinità di medici prima di lui.
Se non avessi preso la scelta che ho preso, se non avessi partecipato a quell'ultima gara nonostante tutto, non sarei stata io.
E non ho pagato profumatamente nessuno di loro perchè mi facesse la predica.
Kevin, seduto a pochi passi da noi, trattiene un sorriso ironico. Lui si che mi conosce fin troppo bene ormai, abbiamo praticamente vissuto in simbiosi negli ultimi tempi.
Ho avuto solo lui qui in Italia. Lui, gli allenamenti, le gare, le frequenti telefonate con Jax e con Jordan. E perfino Jordan in carne e ossa per quasi un mese.
Quando suo padre e suo fratello sono partiti, e io gli ho rivelato le mie intenzioni di tornare a Roma per firmare un nuovo contratto -che mi sarebbe rimasto altrimenti?- non ce l'avevo fatta a lasciarlo da solo.
Gli proposi di passare il resto dell'estate in Italia con me, finchè non avesse cominciato a pensare al futuro. Accettò subito, e rimase con me fino a metà Settembre.
Alla fine dopo aver parlato per un anno intero di iscriversi al college, ha scelto di trovare un'accademia e seguire un corso per diventare vigile del fuoco.
Già.
In quella famiglia proprio non ce la fanno a non fare gli eroi.
" Comunque" riprende il medico "Ho dato un'occhiata ai tuoi esami. Non sei assolutamente in grado di rimetterti in carreggiata, non adesso. Devi lasciar guarire la spalla lussata e la frattura all'omero, dovrai stare buona e fare molti esercizi. Almeno un mese di riabilitazione. E poi altri esami. Serve tempo, non puoi rimetterti sotto pressione"
Al diavolo. Il succo del discorso era stato sempre uguale.
Te lo aspettavi, no?
Si, me lo aspettavo. Ma come si dice, la speranza è l'ultima a morire.
E quando muore anche quella? Non mi pare che qualcuno abbia elaborato un detto in proposito.
" D'accordo" bisbiglio, con un nodo alla gola grosso quanto il muffin che ho mangiato a colazione. Gli stringo la mano e lascio che sia Kevin a pagare l'assegno e a liberarsi di lui.
Io torno a letto e sparisco sotto alle lenzuola. Anche se siamo a metà agosto e fa un caldo infernale.
Poco dopo sento un tonfo sul letto e la mano del mio allenatore che scosta le lenzuola.
" Stai aspettando di scioglierti?"
" Magari. Sarebbe uno strano modo di sparire" osservo, monocorde.
" Non dire idiozie. Ti rialzerai , come hai sempre fatto. Anche se la vita negli ultimi due anni ti ha preso a pugni, tu ti rialzi lo stesso, mi hai capito?" sibila risoluto, guardandomi negli occhi.
" Mi prende a pugni da ben prima di due anni fa. Solo che adesso io non posso restituirglieli. Lei continua a tirare pugni, e io devo smettere un'altra volta. Che accidenti dovrei fare ora?"
" Lo sai cosa devi fare. Quello che ti ho sempre insegnato. Ti rialzi Syria" ripete. "La smetti di nasconderti a letto e ti rialzi"
Mi alzo, e lui sorride. Pensa sia una metaforica reazione la mia.
" Vado in bagno" lo avviso.
E il sorriso sparisce.

☆☆☆

Mi concede ventiquattro ore di tregua. Dopo di che, sbuca in camera mia con il contratto in mano.
" Firmi per una nuova stagione o no?"
Accidenti a me e a quando gli ho chiesto di venire a vivere qui.
" Secondo te dovrei?" gli chiedo, sebbene conosca la risposta.
" Sai che voglio che strappi questi fogli e pensi a guarire completamente"
Annuisco. "Ok allora, strappali"
Non esita un solo secondo.
Le sue mani squarciano la carta, e quel suono riempie le mie orecchie, arriva nella mia mente e colora di nero l'immagine che ho del mio futuro.
" Troverai qualcosa con cui tenerti impegnata" prova a tranquillizzarmi, avvolgendomi in un abbraccio.
" Ho ricevuto un'offerta di lavoro" confesso.
" E quando scusa?"
" Da poco. Da Jax"
" Jax? Quindi, in America? Vorresti tornare là?" sbotta incredulo
Ignoro le sue domande. "Mi ha offerto un posto nella sua palestra" gli spiego.
" Puoi trovarlo anche qui uno stupido lavoro in palestra"
" Ma qui non ci sarebbe lui. Nè Jordan. E a Denver non mi conosce nessuno"
" Sii sincera. Ci vuoi andare per..."
" Non so nemmeno se è tornato, non ne so nulla" lo interrompo, prima che dica quel nome.
Ho chiesto a Jordan di non parlarmi di lui.
Un anno a pensarlo in quel posto senza saperne niente. Senza sapere se era vivo, se era ferito, se... Be' se fosse accaduto qualcosa di più tragico di sicuro me lo avrebbe detto, o lo avrei percepito.
O avrei sentito una parte del cuore staccarsi e morire.
" Fa quello che è meglio per te Syria"
Annuisco di nuovo, ancora fra le braccia di Kevin.
E penso a quanto sia difficile identificare questo 'meglio', anche se si tratta di noi stessi.

Qualche ora dopo parlo al telefono con Jordan. Lo metto al corrente su tutto e gli chiedo un consiglio.
Lui mi prega di tornare a Denver, mi dice che sarebbe felice di riavermi a un passo da lui e che gli manco un sacco.
E io mi sento sempre più propensa a partire.
Jax mi ha scritto qualcosa di simile ieri, in un messaggio.
Non capisco cosa mi manchi per dire si e basta. Per prenotare questo biglietto aereo e volare dalle persone a cui voglio bene.
Forse aspetto qualche certezza, come sapere che starò bene e che questa non è un'altra decisione impulsiva che si andrà ad aggiungere alla lista delle cazzate che ho fatto.
So bene che non posso averne di certezze però.
" Io..."
" Jordan, per amor del cielo, piantala di evitarmi e di chiuderti in camera, parliamo!"
Quella voce.
Quella voce.
Quella voce che ho sentito attraverso il telefono e che non appartiene affatto a Jordan.
" Syria devo andare" mormora di fretta il mio interlocutore.
" D'accordo" mormoro, con la gola improvvisamente secca, a una linea già interrotta.
Nelle mie orecchie risuona ancora l'eco di quelle parole. Di quel timbro profondo e disperato e familiare.
É Ryan che ha parlato, non ho alcun dubbio in proposito.
É tornato.
Sarei dovuta correre nella direzione opposta.

E invece una settimana dopo ero sull'aereo che mi avrebbe riportata a Denver.

L'Altra Metà Della Mia Anima Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora