Cinque

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"Le tue parole tagliano
più profondamente di un coltello
Mi guardi sanguinare
finché non riesco più a respirare
Sto inciampando su me stesso
Sto tremando, cado in ginocchio
E ora che sono senza i tuoi baci
avrò bisogno dei punti di sutura"
-Shawn Mendes, Stitches-

Ryan

" Come stai Ryan?"
Penso che le persone che rispondono a questa domanda si possano dividere in due categorie.
Chi dice 'bene', sempre e comunque, e chi si lamenta di stupidi problemi come un graffio sulla macchina nuova o un improvviso temporale che ha rovinato la gita di famiglia.
Ironia della sorte, i primi sono quelli che stanno da schifo, mentre gli altri al novanta percento se la spassano alla grande.
Sospiro e incontro gli occhi dello psicologo che mi sta di fronte.
La gente la smetterà mai di cominciare un discorso con le parole 'come stai '?
Lo ripetono in continuazione, a chiunque, ovunque -ormai è una sorta di rito.
Agli incroci delle strade, al telefono, nei supermercati: dietro ogni angolo sembra esserci nascosto un amico o un vecchio conoscente pronto a rivolgerti quella domanda, e prima di qualsiasi altra, a volte perfino prima di dire ciao.
Come se tutti avessero fretta di liberarsene, o come se fosse il quesito più facile di un test.
Oh, è tutto il contrario. E il fatto che non gli si dia la giusta collocazione, la giusta attenzione, è un chiaro segno di quanto gliene freghi sul serio di come stai a chi te la pone quella domanda.
Be' all'uomo che ho davanti adesso almeno un po' deve fregargliene suppongo, sta facendo il suo lavoro dopotutto.
" Non è cambiato niente negli ultimi giorni" ammetto, e mi sento come un alunno disobbediente che non ha fatto i compiti per casa.
" Ma tu ci hai provato a far cambiare le cose?"
" Ogni giorno. Provo a farmi perdonare da mio fratello, provo a distrarmi dai brutti pensieri, provo a parlare con chi mi sta intorno per più di cinque minuti. In compenso, in ospedale rendo molto, mi impegno e mi stanco parecchio per cercare di zittire ciò che non voglio sentire nella mia testa"
" La tua vita non può ridursi al lavoro che svolgi in ospedale Ryan" mi rimprovera, seppur bonariamente.
" Lo so, non voglio che sia così. Ad ogni modo, la specialistica è impegnativa, mi restano davvero poche energie per dedicarmi ad altro"
" Lo immagino, faremo finta che le occhiaie siano dovute ai turni in ospedale"
Mi sta prendendo in giro?
Perchè sono tutti tanto fissati con le mie occhiaie poi? La maggior parte dei ragazzi le sfoggia quasi alla stregua di un paio di orecchini.
Ogni volta che quest'uomo me ne parla, mi tornano in mente i rimproveri di Syria, le sue dita che passano delicate sulla pelle scavata, i baci... e tutto ciò che veniva dopo quelli.
" Perchè non mi parli della ragazza con cui ti vedi?"
Si riferisce a Lucy, è la nipote di Mich, è venuta a studiare qui dalla Florida. Suo zio mi ha chiesto di portarla in giro e tenerle compagnia finchè non inizierà i corsi. É una ragazza... particolare.
" L'ho vista un paio di giorni questa settimana. Mi fa ridere"
" Bene, quindi ti piace"
" Si" mormoro, anche se so dove vuole andare a parare.
Sei fuori strada amico.
" Perchè non provi a, diciamo, conoscerla meglio? Ti farebbe bene concentrarti su un nuovo progetto"
Un nuovo progetto? Cos'è, un modellino aereo da costruire?
" Non sono interessato a quel tipo di progetto. Adesso non riesco a vedermi con qualcuna accanto"
Il dottor Allen annuisce, accarezzandosi la barba, e mi riempie di altre domande per la successiva mezz'ora.
" C'è qualcosa che vuoi dirmi prima di andare via Ryan?"
Chiude sempre così i nostri incontri. E io di solito non aggiungo mai nulla.
Ma stavolta...
" È venuto a trovarmi un fantasma dal passato" bisbiglio.
Dio se avevo bisogno di parlarne con qualcuno.
Mi fa segno di andare avanti e io gli racconto qualcosa di Syria e della mattina in cui le sono andato addosso nel bosco.
Di quanto mi abbia lasciato confuso e malinconico.
" Qual'è la prima cosa che hai pensato a mente lucida dopo averla vista?"
" Che forse era tornata apposta per aiutarmi"
Mi guadagno uno sguardo contrariato.
" Che c'è?"
" Non capisci quanto sia sbagliato questo? Non è il modo giusto di vedere una tua ex, nè tantomeno di ricostruire un rapporto. Non confondere l'amore con il bisogno di trovare rimedio ai tuoi incubi o con un porto sicuro. La vedi come un sostegno su cui appoggiarti, un bastone che ti aiuti a camminare, ma è su te stesso che devi lavorare per guarire. Se ti appoggi a lei è finita. Non capirai più cosa è reale e cosa no, di che natura sono davvero i tuoi sentimenti, se è ancora amore o semplicemente disperazione. Non credo sia il momento giusto per tornarci insieme, nel caso in cui ci stessi pensando"
Questo discorso mi manda in confusione soltanto di più.
" Come si può confondere l'amore con qualcos'altro? Lo so cos'è, l'ho amata per tanto tempo..."
" Fidati Ryan, si può eccome. L'hai amata, ma l'hai anche lasciata. Perchè l'hai lasciata?"
" Perchè mi ha mentito, perchè non mi fidavo, perchè quello che fa la mette in pericolo, perchè era diventato troppo difficile stare con lei. E poi perchè mi sono reso conto che dovevo lavorare su me stesso"
" Sei riuscito a lavorare su te stesso?"
No.
E non serve che lo dica a voce alta.
" Adesso ti va bene il fatto che menta e che si metta in pericolo?"
" Certo che no"
" Allora ho ragione io. La vedi come un porto sicuro, speri che ti guarisca quando puoi farlo solo tu. Ci speri così tanto che lei abbia la tua cura, da dimenticarti quello che ti ha fatto. Non sei lucido in questo momento della tua vita, mi dispiace ma le cose stanno in questo modo"
Il suo discorso non fa una piega, ma è comunque difficile da digerire.
Non sopporto l'idea di non riuscire a distinguere un sentimento vero da uno surrogato, non sopporto l'idea di non riuscire a essere lucido, non sopporto che quest'uomo sappia decifrarmi meglio di quanto possa fare io, non sopporto che mi dipinga come un codardo e ancor meno sopporto che possa avere ragione.
E non accetto la possibilità di aver perso la purezza di quello che provavo per Syria nonostante abbia impiegato mesi ad aspettare che quel sentimento svanisse.
" Riflettici con calma, non arrovellarti ora"
" Ora, più tardi o domani, cosa cambia se non posso fidarmi neanche di me stesso?"
Per una volta è lui che non ha una risposta.

☆☆☆

Sto scendendo dall'auto quando la vedo.
Cosa sei Syria, una dannata calamita per attrarre la mia attenzione su di te anche quando sto guardando da tutt'altra parte?
Se ne sta vicino alla porta, con un braccio carico di buste della spesa, mentre cerca di afferrare con la mano libera le chiavi che sporgono dalla tasca dei jeans.
Una fitta.
Penso che sentirò una morsa allo stomaco ogni volta che guarderò i suoi capelli, e al posto delle treccine ci vedrò una massa di ricci.
Bellissimi, perfetti e folti ricci rossi certo, ma niente sarà mai come quelle trecce.
Hai smesso di essere la mia Treccine Rosse per diventare la Riccioli Rossi di qualcun altro? É così?
Torno alla realtà. Le chiavi continuano a penderle dalla tasca finchè non cadono a terra.
Non ci penso due volte a raggiungerla per aiutarla. Per aiutarla, è in difficoltà.
Sobbalza quando mi accosto a lei. Senza dire niente raccolgo la chiave e apro la porta, le prendo le buste dalla mano e vado in cucina per lasciarle sul tavolo.
Impossibile resistere alla marea di altri ricordi che mi assalgono tornando qui.
" Grazie, me la sarei cavata da sola comunque" ci tiene a precisare.
Mi giro per guardarla dritto negli occhi. Non traspare nulla per me, nè da quelli nè dal tono di voce. C'è distacco, c'è soltanto distacco nei miei confronti.
Quel distacco che puoi solo ricevere in dono dopo aver sofferto per amore.
Quel distacco che anche io un po' avevo adottato con le ragazze.
Quel distacco che io avevo causato.
" Mi sembrava ti servisse aiuto" osservo, scrollando le spalle.
Alza gli occhi al cielo e si appoggia al muro, incrociando le braccia al petto. Sta chiaramente aspettando che me ne vada.
Un tempo in questa stessa cucina mi stringeva tanto forte da togliermi il respiro pur di trattenermi il più a lungo possibile.
" Non deve essere per forza così tra noi Syria. E tu non devi mostrarti forte, fredda, indistruttibile..."
" Non mi sto mostrando in nessun modo Ryan. Ho deciso di essere una fenice. Tu hai deciso di partire, io ho deciso che non volevo essere un uccellino spaurito rimasto da solo a leccarsi le ferite. Sono diventata quella che vedi, e se non ti sta bene, girami al largo"
Mi sussurra quelle parole ad un centimetro dal viso, non riesco a non guardare il rossetto scuro che le colora le labbra e che prima non portava.
Perchè ti avvicini? Perchè respiri la mia stessa aria mentre mi dici di girarti al largo? A che gioco stai giocando?
Dentro di me si stanno rimescolando troppe sensazioni diverse, non posso restare e farmi trattare così, o potrei perfino scoppiare a piangere.
" Perchè le hai tolte?" le chiedo, quando arrivo già alla porta. 
Capisce che mi riferisco alle trecce.
" Era a te che piacevano tanto" ribatte, indifferente.
E ne sta usando talmente tanta di indifferenza nei miei confronti, da darmi la certezza di star mentendo. Mente quando dice di essere questa, mente perchè pensa che le riesca bene.
Ti ho smascherata.
" Si, mi piacevano tanto" confermo, con un sorriso amaro sulle labbra e l'ennesima ondata di nostalgia che mi costringe ad allontanarmi in fretta da lì.

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