Trentadue

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"Correrei da te
se potessi farcela
Ma non posso pretendere
ciò che voglio
Perchè ciò che voglio sei tu"
-Griffin Peterson,
Maybe Someday-

Jordan

La mia era una di quelle famiglie dove non si poteva mai star tranquilli.
E la colpa -non che si potesse definire proprio così- era mia stavolta.
L'avreste mai detto che sarei diventato io l'elemento della casa che avrebbe dato più preoccupazioni?
Papà, dopo quasi vent'anni, aveva detto basta agli incarichi in Iraq. Adesso stava cercando di farsi assumere all'ospedale di Denver come chirurgo d'urgenza.
Era troppo giovane per smettere di lavorare, ma almeno aveva messo la parola fine a quel tipo di vita condotta già per troppo tempo, e io ero sicuro che la sua fosse stata una scelta dipesa da Ryan, dalla sua situazione, dal periodo terribile che stava passando.
Come facevo a dirlo?
Papà aveva bisogno di quel lavoro, aveva bisogno di occuparsi non solo dei suoi cittadini e del suo Paese ma anche di coloro a cui altrimenti non avrebbe pensato nessuno, solo perchè nati in uno dei luoghi peggiori di questa terra. Lo faceva sentire apposto con se stesso, e ora che anche io avevo scelto una professione in cui mi toccava salvare spesso le vite degli altri, lo capivo bene.
Era evidente che avesse agito a quel modo per mio fratello: tornato dall'ultimo viaggio si era ritrovato davanti un figlio che sarebbe potuto crollare da un momento all'altro, l'idea di partire era diventata impensabile.
Ero stato grato come per pochissime altre cose in diciannove anni che papà non partisse più per quel posto. Per quanto non ci stessi male come Ryan a saperlo in mezzo a quel pandemonio, era un incubo anche per me immaginarlo in Iraq.
Saperli entrambi là poi... Avevo decisamente perso la testa quando era partito anche mio fratello.
Ad ogni modo, finalmente entrambi erano qui, a casa con me, e con un impiego che non li avrebbe messi in pericolo volta per volta, ma sorpresa, adesso ero io quello che rischiava la pelle tutti i giorni.
Nessuno dei due era stato esattamente entusiasta della mia decisione, all'inizio la preoccupazione li divorava e lo vedevo ma alla fine si erano tranquillizzati.
Dopo questo però... sapevo già che questo non lo avrebbero superato tanto in fretta.
" Lo sapevo che sarebbe successo" mi rimprovera Ryan, camminando nervoso per la piccola stanza.
Che potessi finire in ospedale con un lavoro come il mio? Si, era altamente probabile, eppure quella possibilità non mi era mai sembrata tanto reale fino a quando non si era realizzata.
Stavamo spegnendo un incendio davvero assurdo in un vecchio palazzo, io e Nate stavamo tirando fuori da lì una signora anziana quando le fiamme ci hanno sorpreso alle spalle, tanto vicine da sfiorarci. Mi avevano tirato fuori da quel posto per miracolo, ne ero consapevole.
" Sono soltanto un po' bruciacchiato sul braccio" cerco di sdrammatizzare.
Non funziona, lo sanno che si tratta di un'ustione di secondo grado e che di conseguenza non guarirà poi tanto facilmente. Lo sanno loro e lo so io.
E se al momento non ho voglia di strapparmi l'arto superiore dal corpo è solo per la morfina che mi hanno dato e che mi circola nel sangue.
L'effetto non durerà a lungo purtroppo, non potranno neppure somministrarmi quella roba di continuo perchè per il mio organismo diventerebbe una droga. Su questo mi hanno già avvertito e io temo l'attimo in cui dovrò sopportare il dolore senza l'aiuto dei farmaci.
Però almeno finchè ne ho le forze, voglio tentare di strappare un sorriso a questi due. Papà si sforza, ci prova, Ryan mi incenerisce con gli occhi.
Ognuno ha il suo modo di volerti bene suppongo.
Ryan esprimeva tutta la sua preoccupazione senza nascondere nulla, da sempre, mentre io e papà eravamo più pacati nelle reazioni.
Anche nel volerci bene, noi lo facevamo in silenzio, mentre Ryan... Ryan faceva un sacco di rumore quando amava. Te lo doveva dimostrare ogni giorno, si preoccupava per me e papà più di tutti, cercava di proteggerci e prendersi cura di noi come se spettasse a lui per diritto.
" Papà va a casa, sono serio. Me la cavo per stanotte. E poi c'è Ryan in giro. A proposito, che fortuna che abbia proprio il turno di notte eh?"
Lo sapevo che aveva chiesto una sostituzione per starmi vicino.
Il mio fratellone iperprotettivo -dopo aver dato l'ennesima occhiata alla cartella clinica- mi lascia una stretta sulla spalla buona prima di andare via.
Papà si sofferma a riempirmi il bicchiere d'acqua.
" Mi dispiace di averti fatto preoccupare"
" Hai scelto un lavoro nobile Jordan, non scusarti per questo. E poi adesso è il mio turno di preoccuparmi per voi, no?"
" L'hai sempre fatto, anche da lontano" lo tranquillizzo, prima che esca dalla stanza anche lui.
Resto solo e mezzo stordito fra quattro deprimenti pareti bianche e su un letto che non è neanche lontanamente comodo come il mio, non più tanto convinto di voler affrontare questa notte senza nessuno accanto.

Verso le dieci cado in uno stato di dormiveglia che spero duri fino al giorno dopo, e invece ben presto un rumore all'interno della camera mi fa spalancare gli occhi di colpo.
Al mio cuore per poco non viene un infarto nel notare una figura completamente vestita di nero ai piedi del letto. Una figura la cui mano mi sta accarezzando una gamba come se fossi un cucciolo ferito.
" Miky?"mormoro titubante, quando la riconosco.
Solleva la testa per incontrare il mio sguardo e per tutta risposta scoppia a piangere e si avvicina per lanciarsi su di me, sulla parte sana. Si accuccia sul mio petto e singhiozza come se gli avessero portato via un figlio.
Era preoccupata per me. Sono ancora nei suoi pensieri.
" Ehy, shh, basta, basta"
Le bisbiglio parole confuse fra i capelli, si calma comunque molto tempo dopo, quando con molta probabilità ha finito le lacrime ed è a corto di ossigeno.
Aspetto che si riprenda e che alzi di nuovo gli occhi sui miei. Non appena lo fa, ci leggo così tanto dentro da avvertire un flusso di speranza scorrermi nelle vene.
Una mano corre a imprigionarle il viso, sento la necessità di toccare qualcosa di bello dopo una giornata così tremenda.
" Che ci fai qui? A quest'ora poi"
" Al telegiornale hanno parlato di questo palazzo che ha preso fuoco, e poi hanno detto che un paio di vigili del fuoco erano rimasti feriti e io dovevo accertarmi che uno di loro non fossi tu... e invece sei proprio tu Jordan, mi sono spavetata così tanto" bisbiglia a fatica, trattenendo altre lacrime.
Porto la sua fronte sulla mia e inspiro a fondo quell'odore di pesca che rilasciano i suoi capelli.
" Ti sei spaventata per me?"
Che cosa stupida per essere felici, eppure lo sono.
Annuisce un paio di volte, si rialza e comincia a tastarmi il petto, la pancia, le gambe.
" Ti sei ferito solo al braccio?" mi chiede, indicando le medicazioni che lo ricoprono.
" Si"
" Ti fa male?"
" Presto me ne farà"
" Hai avuto paura?" continua, guardandomi come se volesse fare di più ma non ne avesse il coraggio.
Fallo, fallo lo stesso, non ti fermerei stasera.
" Si" ripeto, e al contrario di come ho fatto con papà, Ryan e Syria, non ci provo a tranquillizzarla.
Non ci provo perchè voglio che si preoccupi eccome, che reagisca, che oltrepassi i limiti che si è autoimposta e mi raggiunga.
" Logan?" mi ricordo all'improvviso.
" Starà via per lavoro per qualche giorno, non lo scoprirà che sono corsa da te"
" Altrimenti non saresti venuta vero?" replico infastidito.
" Avrei trovato il modo" ribatte convinta e determinata.
Bene.
" Resta qui stanotte. Fammi compagnia" le chiedo, con un coraggio che non devo nemmeno cercare in me stesso perchè pur di stare bene anche solo per un po', oggi chiederei di tutto.
Le chiederei di tutto.
E magari lo farò anche, chissà.
" Sicuro di volere me per farti compagnia? L'ultima volta..."
Ti ho mandata via. Si, me lo ricordo.
" Si, ma questo è un altro giorno e oggi voglio quello che voglio" la interrompo, afferrandole un polso e facendola ricadere sul letto.
Voglio quello che voglio, quasi lo pretendo anche se non posso.
" Resti o no?"
E se dici di no ti ci costringo a restare. Stavolta non c'è orgoglio, non c'è ragione che tenga.
La osservo sfilarsi gli stivaletti e sistemarsi meglio sul materasso accanto a me.
E sarà strano perchè sono in una stanza d'ospedale, ma penso che vorrei questo per tutta la vita.

L'Altra Metà Della Mia Anima Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora