Capitolo 7. Il coboldo - Parte Prima

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Meepo era inconsolabile. Il suo pianto disperato riecheggiava per la sala e non accennava a terminare. Il lamento si interrompeva solo per brevi istanti, quando dalla bocca dell'essere usciva qualche parola disordinata «Ucciso... Gytrix... Triste...» poi riprendeva, più forte e doloroso di prima. Dopo pochi minuti, esausta di quel lamento continuo e assordante, Galatea esclamò, alterata «Vi prego, fatelo smettere prima che lo strozzi. Non lo sopporto più!»

Le sue parole non fecero che provocare una nuova ondata di pianto disperato, intervallata questa volta da lunghi sospiri e da un insistente tirar su di naso, che aumentò il fastidio della giovane elfa. Il piccolo Timmy, ancora seduto a pochi passi dal coboldo, fissava la scena con sguardo triste e preoccupato, gli occhi lucidi per la sofferenza della creatura e un forte desiderio di consolarla. Lanciò un'occhiata all'elfa per capire come avrebbe reagito, ma vide che la sua attenzione era già calamitata altrove, verso le librerie ancora parzialmente congelate che occupavano la stanza. Quindi decise di alzarsi e di avvicinarsi lentamente al coboldo, per poi sedersi al suo fianco e poggiargli una mano sulla spalla, cercando di consolarlo. Il coboldo però sembrò non fare caso al gesto di affetto del ragazzo e continuò a piangere disperato.

Nessuno degli avventurieri si accorse dello spostamento di Timmy, troppo occupati con i resti del drago per badare a lui o al pianto del coboldo.

«Vi rendete conto che abbiamo appena ucciso un drago?» chiese Daniel, con voce tesa e ancora alterata dalla frenesia che lo aveva colto poco prima. La ferita sul suo volto, così come quella del guerriero, era già stata giudicata non eccessivamente grave e dunque medicata da Spock con l'unguento all'iperico, che aveva lasciato una traccia fresca e aromatica che il mezz'elfo sentiva ancora penetrare nelle narici. «Uno di quelli delle leggende, uno dei signori di Irvania. E noi lo abbiamo ucciso, come se niente fosse!»

«Non sembravi troppo dispiaciuto di fargli male poco fa, mentre ti ghiacciava il bel visino» gli rispose Jake, inchinandosi poi per osservare meglio il corpo senza vita e perdendosi dunque una smorfia da parte dello stregone. «Sembra molto piccolo, troppo per andarsene in giro da solo per il mondo» continuò il ranger, scrollando il capo. «Spock, hai qualche idea di dove possa essere stato per tutti questi secoli?»

Il druido scosse la tessta. «Come te, anche io sapevo che si fossero estinti o che avessero lasciato il continente ere fa. Non avevo mai sentito parlare di un esponente ancora vivo.»

«Forse è rimasto nel guscio per tutto questo tempo ed è uscito solo da poco. È possibile?» suggerì Jord, chinandosi a sua volta per osservare da vicino la creatura. Sospirò, rammaricato per la fine che era toccata al piccolo drago; sapeva che non c'era alternative ma, ciò nonostante, provava un dispiacere bruciante per quella giovane vita spezzata.

«Può essere» annuì Spock.

«Perché non proviamo a chiedere a lui?» suggerì invece Ben, indicando Meepo, ancora seduto al centro della sala, in lacrime. Gli altri si girarono a osservare il coboldo, notando in quel momento Timmy che continuava a rassicurarlo, mormorando qualche parola che dalla distanza non riuscivano a sentire. Qualche effetto però il bambino doveva averlo sortito, perché i lamenti si erano affievoliti, sostituiti da una lunga serie di sospiri e singhiozzi.

«Non sembra la creatura più sveglia del mondo, ma forse qualche indizio può darcelo» disse Jord, annuendo. «Provare non costa niente».

«E del drago cosa ne facciamo?» chiese CJ. «Non sarebbe un peccato lasciarlo qui?»

«Hai ragione, ma è troppo grosso e scomodo per trasportarlo fino al villaggio. Inoltre, non penso sia molto saggio rivelare agli abitanti di Collediquercia che nei pressi delle loro case cresceva un cucciolo di drago» rispose Jake, scuotendo la testa.

«Potremo seppellirlo fuori dalla fortezza, quando usciremo» propose invece Ben. «Gli scaviamo un piccolo rifugio nella terra e lo restituiamo al posto al quale appartiene.»

«Io però continuo a sostenere che sia uno spreco» borbottò Daniel. «Probabilmente, anche solo la pelle varrebbe una fortuna.»

Spock sbuffò. «Sì, e non farebbe che attirare altri intraprendenti in cerca di tesori in questo posto. Non mi sembra molto saggia come idea.»

«Facevo per dire» sospirò Daniel, rivolgendo un cenno all'halfling. «Che ne dici piccoletto, ci assicuriamo di non venir sorpresi da qualcuno oltre quella porta?» CJ annuì subito e si avvicinò a lui, sollevato di non dovere avere a che fare con il coboldo. «Cercate di non farlo riprendere, il suo pianto ha già attirato abbastanza l'attenzione» concluse Daniel, riservando solo un'occhiata distratta al coboldo, prima di voltarsi e dirigersi all'entrata seguito dal compagno.

Anche Spock decise di tenere d'occhio le entrate e si diresse al capo opposto della sala, dal quale avrebbe avuto anche una buona visuale nel caso qualcosa avesse irruzione all'improvviso.

Jake, Jord e Ben si mossero invece verso il coboldo e il bambino, ancora seduti al centro della sala. Vedendo i tre uomini avvicinarsi, Timmy spostò la mano dalla spalla del coboldo e si allontanò a carponi di qualche metro, tornando ad osservare la scena. Il pensiero che il bambino non avesse ancora pronunciato una parola sorse in quel momento nella testa del guerriero che, temendo eventuali ripercussioni che il combattimento poteva aver lasciato nel piccolo, scelse di delegare ai compagni il compito di parlare con il coboldo e si inginocchiò accanto a lui, cercando di tranquillizzarlo con parole gentili e misurate. Nel frattempo controllò che le sue condizioni fossero buone, benché poco prima avesse visto Jord fare altrettanto.

Timmy parve provare istintiva simpatia per quel grosso omone che gli sussurrava dolcemente e si lasciò distrarre dai racconti dell'uomo, affascinato da una delle storie che Ben era solito narrare ai fratelli più piccoli per farli addormentare.

Le ombre degli altri due uomini nel frattempo arrivarono a incombere sul coboldo e Meepo smise di singhiozzare, tirò su con il naso un'ultima volta, poi alzò la testa con fierezza, piantando i suoi occhietti gialli su di loro, con un'espressione di doloroso disprezzo dipinta sul muso allungato.

«Voi ucciso Gytrix» esordì con voce tagliante. «Voi esseri malvagi. Meepo odia voi. Meepo vendica Gytrix!» Poi provò ad alzarsi di scatto, continuando a fissarli, ma Jake fu più veloce e lo bloccò per la spalla.

«Ehi ehi, tranquillo. Non vogliamo farti del male» gli disse il ranger, ma il coboldo continuò a spingere verso l'alto con il busto per spostare il braccio dell'uomo che lo ostacolava. Quando finalmente capì di essere troppo debole, smise di lottare, ma continuò a fissare i due uomini alternativamente, cercando di trasmettere tutto il suo odio per loro attraverso lo sguardo.

«Per favore, non fategli del male...» L'esile voce del bambino arrivò inaspettata e anche Ben si sorprese di sentirlo pronunciare quelle prime parole. Fino a quel momento, Timmy lo aveva solo ascoltato e osservato con grande attenzione, ma doveva aver mantenuto anche un orecchio teso alla discussione che si svolgeva accanto. Per tranquillizzarlo, Ben gli posò una mano sulla spalla e lo guardò negli occhi. «Non preoccuparti, non vogliamo fargli del male. Dobbiamo solo chiedergli alcune cose».

La risposta sembrò tranquillizzarlo, ma non soddisfarlo del tutto. Continuò a osservare i due uomini in piedi davanti al coboldo, con gli occhi grandi colmi di diffidenza e paura. Fu proprio quest'ultimo a riconquistare la loro attenzione poco dopo.

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora