Capitolo 10. Il fuoco ci renderà liberi - Parte Seconda

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La dimora nella quale li aveva condotti Silveride, questo il nome dell'anziano elfo, era piccola e modesta, ricavata sottraendo un'esigua porzione circolare di terreno erboso all'isola dei templi. Era l'unica abitazione in tutta la zona sacra di Riverwood e ciò spinse Galatea a chiedersi, per l'ennesima volta da che Spock e l'elfo avevano iniziato a parlare all'ombra del salice, chi fosse davvero quella figura gracile ma capace di attirare tanto rispetto, non solo negli abitanti di una cittadina tanto popolosa, ma anche in chi lo conosceva poco come loro due, che lo avevano seguito senza indugio fino alla sua casa, rassicurati da un'indefinibile sensazione di sicurezza e protezione.

L'edificio sorgeva a pochi passi dal salice della dea silvana, circondato da due siliquastri in fiore, e l'elfa era in grado di scorgere il tenue lilla dei boccioli, non del tutto schiusi, attraverso la sola finestra presente nella stanza di cui la casa era composta. Era un ambiente umile e scarno quello in cui si trovavano in quel momento, eppure le pareti marroncino tenue parevano racchiudere tutta l'essenza del sacerdote, impressa nelle venature nervose del legno sottile e nelle sfumature color smeraldo della tenda alla finestra, aperta per far filtrare i raggi del sole di metà mattina; le stesse tonalità erano rintracciabili nella coperta tirata su un giaciglio basso di piume che, insieme a un ripiano di castagno adibito a scrivania, costituiva l'intera mobilia di quella piccola casa, scelta per ricreare fedelmente l'aspetto e la personalità del suo proprietario.

Silveride sedeva davanti a quel tavolo improvvisato, i gomiti ruvidi posati sul legno e lo sguardo che vagava da Spock, al quale aveva offerto l'unica altra sedia presente nella stanza, a Galatea, che aveva preferito stare accanto alla finestra, con gli occhi rivolti verso il salice che si intravedeva tra i rami dei due alberi in fiore.

Da quando avevano lasciato il salice, l'elfo non aveva ancora pronunciato alcuna parola, fatta eccezione per quelle necessarie a chiedere a un giovane apprendista di preparare un decotto per i suoi ospiti. L'ultima frase che aveva rivolta al druido era stata la proposta di seguirlo, insieme alla sua compagna, fino a quella modesta abitazione, dove avrebbero potuto parlare in tranquillità senza venire interrotti.

Da qualche minuto, Silveride sorseggiava lo stesso infuso caldo che scaldava anche le mani di Spock, mentre pareva schiarirsi le idee e cercare un filo dal quale cominciare a raccontare. E il druido attendeva con pazienza, portando adagio alle labbra il coccio reso opaco dalla condensa e lasciando all'elfo il tempo che sembrava necessitare.

Lo sorprendeva però il fatto che Galatea non fosse ancora intervenuta, mostrando l'impazienza che l'aveva contraddistinta per tutto il viaggio e che l'avrebbe normalmente portata a non tollerare un'attesa così calma e dilatata. Eppure la ragazza pareva persa ad ammirare i giardini oltre l'abitazione, in una quiete che non pensava le potesse appartenere; anche lei stringeva un bicchiere colmo tra le mani, e ogni tanto ci soffiava sopra per allontanarne il tepore e potervi prendere un sorso, dopo il quale tornava a concentrarsi su qualcosa, al di là degli scuri aperti e dei rami incrociati.

Spock fu tentato di alzarsi per osservare a sua volta il paesaggio, ma la voce di Silveride lo anticipò, attirando inevitabilmente la sua attenzione.

«Scusate per questa attesa» mormorò l'anziano, posando con delicatezza il coccio sul tavolo e stendendo le labbra in un sorriso stanco, rivolto all'uomo seduto davanti a lui. «Ma temo che tu, ragazzo mio, sia riuscito a sorprendermi come non capitava da anni.»

Il druido esitò solo un secondo, poi decise di rivolgergli direttamente la domanda che lo assillava da quando avevano lasciato il salice. «Quindi sa a cosa mi riferivo?» domandò, con sicurezza.

«Sì, conosco Dóiteáin e le leggende che lo riguardano, ma è tanto che nessuno nomina il suo nome. Non nel modo in cui hai fatto tu, almeno» rispose adagio Silveride. «D'altronde, nessuno avverte più la sua presenza su Irvania da millenni.»

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora