Capitolo 11. L'ira di Gruumsh - Parte Terza

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«Jake... Jake avanti, torna da noi... È finita» sussurrò Jord chinandosi davanti a lui e scrollandolo dolcemente per le spalle. Gli occhi del ranger erano ancora spaventosamente vuoti, fissi su una scena che nessuno dei compagni, riuniti attorno a lui, poteva lontanamente immaginare. «Va tutto bene ora... Il pericolo è passato, siamo al sicuro» continuò il chierico, vedendo una scintilla di consapevolezza iniziare ad affacciarsi sul suo volto.

«Cosa... Cosa è successo? Dov'è l'hobgoblin?» chiese infine il ranger, quando il volto di Jord sostituì le atroci immagini che lo avevano ossessionato, e che ora si erano ritratte in quell'angolo della mente dove le aveva custodite per tutto quel tempo.

«È morto. Come lo sono i suoi servitori. Resta solo la chierica, chi si è arresa in cambio della salvezza del suo popolo» rispose Jord, sospirando di sollievo.

«E... Il resto della tribù?» la voce del ranger si incrinò.

«Sono tutti vivi. Quasi almeno. Pare che nello scontro, uno di loro sia stato colpito per sbaglio da un dardo».

Una nuova fitta di dolore strinse le viscere di Jake, ma lui la ricacciò indietro, cercando di concentrarsi sul momento presente. «Voi state tutti bene?» chiese quindi, guardandoli. Gli altri annuirono. Fu allora che il ranger notò le bende che avvolgevano la testa del chierico e quelle che fasciavano una delle cosce di Ben.

«Cosa ti è successo? Ti sei bloccato, il tuo corpo era qui ma la mente sembrava non esserci» riprese Jord preoccupato.

Jake scrollò la testa. Non era il momento, né il luogo giusto per mettere in luce le ferite che si portava dentro. «Non è il caso di parlarne ora. Quando saremo tranquilli, magari davanti ad un boccale di birra, allora forse ve ne parlerò. Per il momento, sappiate solo che sto bene, e che non accadrà più». "O almeno, lo spero" aggiunse a se stesso, rabbrividendo ancora al pensiero di aver abbandonato lo scontro e i suoi compagni, preda dei suoi demoni interiori.

«Va bene, hai ragione» mormorò Ben, porgendogli poi una mano per rialzarsi. «Abbiamo ancora da fare qui dentro».

«Come la mettiamo con la tribù?» chiese Daniel, voltandosi verso il gruppo di goblin che li osservava con preoccupazione dalle pareti e verso la femmina hobgoblin, che mormorava loro qualcosa. Senza il cappuccio e il lungo mantello a coprirne il corpo, appariva ora più gracile e meno minacciosa. «Dite che Yusdrayl accetterà di convivere in pace con loro?».

«Ne dubito fortemente» sospirò Jake «Ma non possiamo, e non dobbiamo far loro del male».

«Concordo» annuì Ben «Avranno bisogno di un nuovo posto dove stare. Dovremmo parlarne anche con la chierica, ma nel mentre: avete qualche idea?»

Tutti tacquero qualche istante.

«Io ne ho una.» esordì infine Jake. «Oltre la foresta e l'insediamento di Arly, ci sono le colline di Verlase. Sono ricche di grotte, popolate da altri membri della loro razza e sono lontane da qualunque traccia di umanità. Potrebbero vivere lì.»

«E come li conduciamo fin lì? Non possiamo certo scortarli, non ora che l'accordo con Yusdrayl è rispettato e che abbiamo guadagnato la chiave» ribatté Daniel, seccato. «Se c'è un momento buono per finire di esplorare questa fortezza, è proprio questo».

«Hai ragione,» sospirò Jake, sorprendendo il compagno con il suo appoggio, «non possiamo permetterci di accompagnarli fin lì. Senza contare che non verremmo accolti bene dal resto della popolazione goblin.» Si passò una mano sul volto, asciugando il sudore che il combattimento, e soprattutto l'incubo, avevano lasciato sulla fronte e sul collo. Poi lanciò un'occhiata alla tribù, e alla chierica che ora pareva attendere di poter parlare con loro. «Non possiamo neanche fargli attraversare la piana fino a Collediquercia, però. Verrebbero fermati subito dalle guarnigioni. L'unica alternativa è chiedere alla tribù di coboldi di farli uscire attraverso il loro passaggio segreto, che a quanto ha detto Yusdrayl sfocia dentro la foresta. Da lì, possono dirigersi alle colline indisturbati». "È poco, ma è il meglio che possiamo fare per loro" pensò, allontanando ancora la spiacevole sensazione di aver commesso un terribile sbaglio ad immischiarsi in quella guerra tra tribù.

«Si, mi sembra la soluzione migliore» annuì Ben. «Potremo liberare il goblin dalle prigioni. Non sarà molto, ma potrà aiutare la chierica a proteggere la tribù fino alle colline.»

«È comunque qualcosa» concordò Spock. «Ora non ci resta che parlarne con lei.»

«Un momento. Non siete almeno un po' curiosi di sapere cosa custodiva il "signore dei goblin" lì dentro?» esclamò Daniel, puntando il dito verso una grossa cassa che spuntava da dietro il trono e che fino a quel momento era passata inosservata.

«Si, ma non ora. Non davanti a loro» disse Ben. «Accompagniamoli, poi potremo vedere cosa contiene».

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora