Nello stesso momento in cui Jake lasciava la taverna, tre stranieri si avvicinavano a Collediquercia, costretti dalla stanchezza e dalla fame a cercare un luogo dove sostare e rifocillarsi. Nonostante si fossero conosciuti solo di recente i tre – un'elfa, un umano e un mezz'elfo – condividevano la strada e allietavano il cammino con frasi e aneddoti sul mondo e sulle ragioni dei rispettivi viaggi. Si erano incontrati pochi giorni prima a un crocevia e avevano scelto di proseguire insieme, per rappresentare una preda più ardua per eventuali banditi che avrebbero potuto attenderli lungo il sentiero.
A un osservatore esterno, poteva sembrare che fosse stata l'elfa, gracile e poco avvezza ai pericoli del mondo moderno, a scegliere i due come protettori e custodi del cammino; ma la realtà era che se fosse stato per lei, Galatea avrebbe volentieri evitato di affiancarsi ai due. Non tanto per il mezz'elfo, che seppur mezzosangue, era giovane e affascinante nella sua tunica leggera da studioso e viaggiatore, con un'elegante spada lunga allacciata al fianco e un bastone in mano, sulla cui punta riposava attorcigliato un piccolo serpente. Questi aveva senz'altro più di un difetto, come ad esempio il fatto che non stesse mai zitto – da quando si erano incontrati le aveva, ad esempio, già raccontato usi e costumi della sua terra, senza ovviamente che lei glielo domandasse – o ancora che si spostasse di continuo, e con una punta di arroganza, i lunghi capelli scuri dal viso come a volerne mettere in mostra la lucentezza. Ma riusciva a non farci troppo caso, visto comunque il contegno che dimostrava e la sua piacevole presenza.
Era piuttosto il rude umano che pareva costituire la guardia del mezz'elfo a darle reale fastidio: alto e nerboruto, l'uomo possedeva ancora un'irritante ingenuità giovanile sul viso, oscurata solo in parte dalla barba bionda e incolta, e questo candore formava un contrasto quasi violento con il lungo e minaccioso spadone che spuntava dalle sue spalle. Lo teneva, per giunta, allacciato alla schiena con un fodero aperto a un lato, che artigianale era dire poco, al quale aveva assicurato anche un arco e una faretra scalcagnata. Per Galatea, quel guerriero era rozzo quanto il suo equipaggiamento e la giovane si trovava suo malgrado a storcere ripetutamente il naso dritto e regale, quando rivolgeva lo sguardo verso di lui e soprattutto verso i suoi abiti: sotto il giaco di maglia, infatti, spuntavano, visibilmente laceri e malandati, una grezza camiciola strappata all'altezza delle maniche e dei calzoni scuri in stoffa ruvida. L'elfa aveva dovuto combattere un'aspra lotta interiore prima di rassegnarsi definitivamente alle parole del mezz'elfo, che con voce suadente l'aveva convinta dell'importanza di non viaggiare mai soli per le pericolose strade di Irvania.
Fossero stati ad Anarsi, aveva detto Daniel, sarebbe stato diverso. Da dove proveniva lui, infatti, le strade erano perennemente pattugliate, e nessuno si sarebbe mai sognato di attaccare qualcuno durante il cammino. Ma questa parte del continente era tutta un'altra storia: le minacce potevano insidiare ogni angolo e bisognava prestare attenzione ad ogni passo, specie se si viaggiava in solitaria.
Lei, alla fine, era stata costretta a dargli retta, più per inesperienza che per reale volontà. Era consapevole di trovarsi al suo primo vero viaggio e i rischi della sua scelta le erano apparsi chiari solo quando aveva comunicato loro questo fatto. I due erano infatti rimasti sconcertati dall'apprendere che, prima di allora, non aveva mai mosso un piede fuori dalla foresta di Deirfiúr. E il mezz'elfo non aveva esitato, neanche un secondo, a farle pesare quella mancanza. Certo, aveva superato i centoventi anni, era senza ombra di dubbio ben più matura di entrambi; ma che valore poteva avere quel secolo di vita, le aveva detto lui, se trascorso lontano dalla civiltà, perennemente al sicuro nel piccolo rifugio offerto dai maestosi alberi?
E poi, questo Galatea lo riconosceva da sé, era difficile sostenere che la sua età potesse considerarsi realmente avanzata. Ogni membro del suo popolo poteva vivere quasi cinque volte quel lasso di tempo e, sotto questa consapevolezza, lei era cresciuta perennemente vegliata e protetta, trattata allo stessa maniera di un infante umano. Tanto che, alla fine, quell'eccessiva custodia le era apparsa soffocante e l'aveva spinta a desiderare con tutta se stessa di lasciare quell'esistenza, per scoprire cosa potesse significare viverne un'altra totalmente differente.
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Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania I
FantasyNel piccolo borgo di Collediquercia, l'alba sorge pregna di spavento: un bambino si è smarrito nelle vicinanze di un baratro oscuro e in molti temono che la sua vita sia definitivamente perduta. Ma degli stranieri sono appena giunti al villaggio e l...