Capitolo 5. Timmy - Parte Prima

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«Fammi capire, stregone. Stai cercando di prenderti gioco di noi?» Jake strinse più forte il collo della tunica, sollevando Daniel di qualche centimetro dal pavimento e facendolo sbattere sul muro alle sue spalle.

«Non ho idea di cosa tu stia parlando.» La voce del mezz'elfo uscì leggermente incrinata. «Egh... Mi metteresti giù? Così possiamo... Che so, discutere civilmente. Magari dei tuoi problemi di allucinazioni» riprovò poco dopo.

«Allucinazioni? Vuoi scherzare vero?» La presa si fece più forte, e lo stregone iniziò a muovere i piedi, cercando di liberarsi. «Abbiamo visto tutti che hai preso qualcosa da quegli scheletri e l'hai infilata nel borsello. Ci credi stupidi?»

«Mai pensata una cosa del genere. Ma si sa, la fatica del combattimento, la stanchezza... È normale vedere cose che non...»

«Non è assolutamente normale!» gli urlò Jake in faccia, aumentando ulteriormente la presa sulla tunica.

Ben osservò la scena leggermente turbato, ma non si intromise. Sapeva che quell'atteggiamento gli sarebbe potuto costare l'incarico, ma al tempo stesso la sua coscienza lo portava inevitabilmente a concordare con il ranger in quella faccenda. Rimase comunque in attesa, pronto ad intervenire quando e se le cose avessero preso una brutta piega.

«Non pretendo certo di diventare il tuo migliore amico, ma esigo un minimo di lealtà in questa sorta di gruppo» continuò Jake. «Qualsiasi cosa tu abbia trovato in questa stanza, non appartiene solo a te. Siamo scesi qui insieme, stiamo rischiando la vita insieme, quindi dividiamo tutto. Mi sono spiegato?» Mantenne uno sguardo duro e intimidatorio, fisso negli occhi dello stregone e rinsaldò la presa sulla tunica dell'altro.

Gli altri accanto a lui rimasero in silenzio, per lo più basiti per quella violenta reazione del ranger, dimostratosi fino poco prima piuttosto equilibrato. Galatea, vista la disattenzione generale, si prese del tempo per osservare meglio le pareti della torre, alla ricerca di altri segreti celati tra quelle antiche pietre. Come lei però, tutti coloro che non erano coinvolti in quella diatriba mantennero un orecchio teso all'entrata, nel caso il trambusto si fosse propagato anche all'esterno, destando gli abitanti della fortezza. Cosa che ormai dubitavano fermamente, rassicurati dall'apparente robustezza di ogni muro e corridoio fino a quel momento percorso.

L'unico a mostrare insofferenza per quella scenata fu Spock, che sospirò e si lamentò con i compagni vicini della perdita di tempo che quella questione stava rappresentando. La spiacevole sensazione che quell'ambiente fosse intriso di aura malvagia lo perseguitava più tenacemente da che la terra li aveva chiusi nel suo abbraccio e neanche le robuste pietre di cui era costruita quella fortezza riuscivano a mitigarla.

«Lasciami spiegare...» una mano di Daniel raggiunse il braccio di Jake, spingendo per liberare il collo dalla morsa. «Ci siamo fraintesi...»

«Fraintesi? Dici? A me sembrava di aver capito benissimo le tue intenzioni. E sentiamo, cosa non abbiamo compreso?». Lo stregone spinse ancora sul braccio di Jake e questa volta il ranger lasciò il colletto della tunica, permettendo ai suoi piedi di toccare il terreno. Con un sospiro di sollievo, Daniel si portò la mano alla gola per massaggiarla, poggiandosi poi alla parete. Jake, braccia conserte, volto ancora contorto in un'espressione di disprezzo, lo osservava in silenzio, aspettano che si riprendesse.

«Io volevo solo... Stavo solo mettendo al sicuro quello che ho trovato, per evitare di lasciarlo in questa stanza. Ve ne avrei parlato quando fossimo stati più tranquilli, ovviamente non era mia intenzione imbrogliarvi». Spostò lo sguardo oltre il ranger, verso i compagni che ascoltavano in silenzio. CJ e Jord lo fissavano con evidente perplessità, mentre il druido pareva intensamente assorto in una macchia della parete della torre e non prestava più attenzione alla scena. Anche l'elfa appariva distratta da uno dei muri, e dava loro le spalle, come se il gruppo non esistesse affatto. Quello che lo sconcertò maggiormente però, fu il malcelato fastidio che vide trapelare dallo sguardo della sua guardia del corpo. Preso in contropiede dalla situazione, e dal fatto che riuscisse a leggere chiaramente disapprovazione nell'espressione di Ben, a Daniel non venne neanche in mente di chiedere al guerriero di intervenire, né tanto meno si risentì per la sua mancanza di iniziativa. Il suo unico pensiero fu indirizzato al trovare alla svelta una via d'uscita a quella spiacevole situazione.

Tornò dunque a guardare il ranger, che manteneva la sua posizione rigida. «Ehm...» Daniel si schiarì nuovamente la gola, prima di riprendere. «Sono desolato che abbiate creduto che volessi derubarvi del bottino. Vi assicuro che era mia intenzione parlarvene. Aspettavo solo il momento giusto, quando tutti fossimo stati nuovamente in forma. A proposito, ho visto quello che ha fatto Jord. Veramente forte! Ti senti meglio, vero Ben?» Il guerriero annuì appena. I quattro continuavano ad osservarlo, in attesa.

«Si... Dunque...» Lo stregone rovistò il borsello, tirando fuori un piccolo sacchetto in pelle. «Ecco, questo è quello che ho trovato. Se volete lo apro per dirvi cosa contiene. Vedete, prima non ho fatto in tempo perché Jake... » Tagliò la frase, conscio degli sguardi ancora vagamente ostili intorno a lui. Aprì il sacchetto e fece scivolare sul palmo della mano quattro tozze perle bianche e delle monete di platino, che mostrò ai compagni.

«Mica male, no? Queste perle sembrano di valore. Come vogliamo spartircele?» Sorrise, sperando di alleviare la tensione che sentiva scorrere, densa, intorno a lui. Osservò il ranger, notando come nel viso dell'uomo la rabbia stesse a poco a poco scemando, sostituita da qualcos'altro, che portò l'uomo a sorridere di soddisfazione.

«Non ce ne sarà bisogno. Fin tanto che siamo qui dentro, a nessuno di noi occorrono né i soldi né le perle. Direi che puoi tenerle tu. Sarai il nostro tesoriere. Che ne dite, ragazzi?» propose Jake, voltandosi verso gli altri, che ora lo fissavano senza celare lo sconcerto. «Sono sicuro che il nostro caro Daniel custodirà con cura sia questo bottino che quello futuro. Ti sembra un buon segno di fiducia?» chiese allo stregone.

Daniel vide lo scherno, e la sfida, riflessi negli occhi di Jake.

«Sì...» fu costretto ad ammettere infine. «Con me saranno al sicuro» e mentre pronunciava quelle parole, era sicuro di aver appena mosso un passo dritto nella trappola del ranger. Da ora Jake lo avrebbe controllato ancora più strettamente, ne era certo.

Prima che anche gli altri potessero dare il loro assenso, l'elfa richiamò la loro attenzione.

«Se avete finito con le dimostrazioni di forza maschile, in questo muro c'è qualcosa di interessante. Halfling, datti...» l'ordine si perse in un borbottio, prima che Galatea riprendesse, in tono forzatamente gentile. «Potresti controllarlo, per favore?»

«Subito, mia gentile signora» rispose CJ, ridacchiando sotto i baffi e muovendosi verso di lei, notevolmente sollevato che i dissapori tra il cacciatore e lo stregone si fossero attenuati. Se c'era una cosa che non sopportava, era lavorare in un clima teso e diffidente. Era decisamente più complicato accedere alle proprietà altrui, se i rispettivi proprietari le teneva strette al corpo sospettando l'uno dell'altro. Anche se, a dirla tutta, in quel momento l'idea di esplorare le tasche e borse del gruppo non lo solleticava quanto sarebbe successo abitualmente. Forse era l'aria già di per sé spettrale di quella fortezza o forse il fatto che quel posto sembrasse promettere tesori ben più soddisfacenti di qualche moneta d'oro estratta dalle saccocce di un viandante – e il ritrovamento dello stregone ne era la prova – fatto sta che l'halfling al momento aveva tutto fuorché voglia di scoprire cosa ogni avventuriero portasse con sé.

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora