Epilogo

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Pomeriggio, da qualche parte nei pressi di Ileyn

L'eco dei passi risuonava lungo il corridoio, infrangendo il silenzio degli intonaci candidi e scandendo il battere ritmato nel cuore del giovane apprendista. Le vetrate scorrevano rapidamente al suo fianco, mentre Gistra procedeva ad andatura spedita verso la sala delle udienze. Non prestava attenzione ai sontuosi giardini che si intravedevano tra uno stipite e l'altro, né alle numerose carrozze che percorrevano il viale esterno, e che aggiravano la vasta aiuola fiorita per fermarsi dinnanzi al portone aperto che lui stesso aveva attraversato pochi istanti prima. La sua concentrazione era interamente dedicata a rielaborare il messaggio per il maestro e ad adattarlo alla situazione in cui si trovava, il corpo dolorosamente teso a raggiungerlo il prima possibile.

Per un momento, il giovane accarezzò l'idea di attingere ai suoi poteri per accelerare quella marcia forzata, poi le raccomandazioni del maestro riecheggiarono nella sua mente, dissipando quella tentazione infantile e rammendandogli l'esigenza di mantenere un basso profilo in ogni situazione. Così, con un sospiro più rumoroso dei precedenti, Gistra continuò a fendere il corridoio, superando l'arcata con solo uno sguardo distratto alle due guardie in armatura ferme accanto ad essa, e proseguendo lungo la galleria dei quadri, riservando la stessa fredda indifferenza a quelle opere d'arte celebrativa che, in altri momenti, avrebbero catturato i suoi occhi per lungo tempo.

Giunto alle porte laterali della grande sala, si soffermò qualche istante ad ascoltare il brusio che vi filtrava attraverso, contando silenziosamente il tempo per il nervosismo. Sentì aumentare il trambusto, e solo a quel punto abbassò la vecchia maniglia e si intrufolò in mezzo alla folla di nobili, ammassati in ogni lato per godere dello spettacolo offerto dalle contese di quel giorno.

Gli ci vollero alcuni secondi per scorgere il maestro tra la folla, ma quando lo notò scivolò tra nobildonne fasciate in ingombranti abiti di seta e gentiluomini con i baffi arricciati e giustacuori in velluto, sicuro di passare del tutto inosservato nella sua tunica umile e nel suo viso del tutto comune.

Quando infine giunse alle sue spalle, impossibilitato ad affiancarlo per il poco spazio, avvicinò il viso al suo orecchio e pronunciò poche parole, in un sussurro: «Riverwood è stata un fallimento. Non sono più in città.»

Non poté osservare la reazione del maestro, ma vide il suo capo sussultare leggermente e il collo irrigidirsi. Dopo un istante che gli parve infinito, l'uomo davanti a lui voltò appena il capo, permettendogli di scorgere la piega del naso adunco e il profilo delle labbra.

Furono queste ultime a scandire la sua risposta, quasi muta. «Allerta ogni scheggia, in ogni città. Voglio venire a conoscenza di qualunque straniero si muova su Irvania». Una pausa, il tempo di omaggiare di un inchino una dama in transito davanti a loro. Poi riprese, nella stessa posizione rigida. «Mettiti in contatto con Granor, che acceleri il recupero, costi quel che costi. E soprattutto, desta i divinatori. Esigo sapere dove sono diretti.»

«E il vecchio chierico a Riverwood?»

Un'altra interruzione, questa volta necessaria all'uomo per far passare un nobile diretto verso il trono. Con stupore di Gistra però, anziché riprendere posizione il maestro ruotò il corpo verso di lui, e il giovane poté scorgere un bagliore sinistro nei suoi occhi azzurri. «Lui per il momento non mi interessa. Sono loro che voglio» sussurrò Kielgan, prima di voltarsi un'ultima volta e congedarlo con un cenno della mano.

Le Fiamme di Dóiteáin - Cronache di Irvania IDove le storie prendono vita. Scoprilo ora