Capitolo 16

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[Clarke POV]

Ovviamente, nonostante il mio ritardo perenne, riusciamo ad arrivare all'aeroporto in tempo per fare il check-in ed imbarcare i bagagli. Un sospiro di sollievo esce dalle mie labbra quando riesco finalmente a mettere la valigia sul nastro.

Con tutto il trambusto del viaggio e dei preparativi, non ho più pensato al sogno, ai miei sentimenti per Lexa, al disagio provato durante la colazione e alla piccola discussione che abbiamo avuto. La mia speranza è di continuare in questo modo e non rimuginarci più sopra. Mi auguro che il lavoro dei prossimi giorni sia così intenso da distrarmi completamente, da tutte quelle emozioni che mi stanno letteralmente sconvolgendo la vita.

Atterriamo al George Bush International di Houston alle otto e quaranta di sera, in perfetto orario. Il viaggio è stato tranquillo, nessuna delle due ha menzionato quella piccola diatriba della colazione. Per lo più abbiamo parlato di lavoro e di come avremmo gestito i giorni avvenire. Così facendo sono riuscita a tenere la mente impegnata e questo mi fa ben sperare. 'Se continuo così posso farcela..', penso tra me e me.

Dopo aver recuperato le valigie e preso un taxi, ci ritroviamo nella hall dell'albergo stanche morte. Nonostante il fuso orario sia veramente irrisorio - solo un'ora - mi sento a pezzi. Ho solo bisogno di una bella doccia e di una bella dormita.

Mentre ci avviciniamo alla reception sento la voce di Lexa ridestarmi dai miei pensieri.

"Clarke, forse avrei dovuto dirtelo prima... ma tra una cosa e un'altra mi è passato di mente...", il suo tono è incerto, oserei dire, titubante.

"E sarebbe?".

"Per via del poco preavviso.... Anya mi ha detto che è riuscita a trovare solo una camera matrimoniale... ha provato anche in altri alberghi, ma nella settimana della moda non c'è speranza... e quindi...".

Cavolo Lexa le tue pause mi fanno impazzire. Sgrano gli occhi realizzando l'intera situazione.

"Dovremmo condividere la camera", finisce la frase lasciandomi senza parole.

Cazzo! E adesso? Credo che sarà più dura del previsto far finta di niente, soprattutto visto che dovremmo dormire nello stesso letto. Avanti Clarke, sei una donna adulta, dovresti saper controllare i tuoi istinti, o no? Sì, lì so controllare, ma non è questo il problema... la mia paura più grande e di fare o dire qualcosa nel sonno di cui poi sicuramente mi pentirei. Accidenti a me, sto veramente impazzendo... adesso mi metto a parlare anche con la mia fastidiosissima coscienza.

"Clarke... ehi... tutto bene?", mi domanda con un tono preoccupato, visto il mio stato quasi catatonico.

"Eh? Sì, sì, nessun problema. Scusa, ero solo sovrappensiero...", dico pensando all'enorme eufemismo.

Dopo neanche dieci minuti ci ritroviamo entrambe nell'ascensore, e sfortuna delle sfortune, siamo sole. Dio, il mio imbarazzo rasenta la mia totale incapacità di gestire la cosa. Non riesco a pensare, non riesco a parlare, faccio fatica persino a respirare con lei così vicina. Ma che cavolo mi succede? Tutto questo per un fottutissimo sogno? O per il fatto che mi sono accorta che la nostra non è semplice amicizia? Diavolo, devo proprio darmi una calmata.

Sento il suono dell'ascensore che segnala il nostro arrivo al piano. Sospiro cercando di rallentare i battiti del mio cuore.

Lexa esce appena si aprono le porte, come se anche lei avesse bisogno d'aria. I miei occhi, quei bastardi traditori, scivolano in basso, attirati dalle sue curve sinuose e provocanti. Gesù, sarà veramente dura.

Siete qui per lavorare e lei è la tua migliore amica, la tua famiglia. Smettila di guardarla come se fossi una maniaca pervertita! Sento di nuovo la mia vocina interna rimproverarmi senza ritegno. Cerco di fare ammenda rendendomi conto di quanto lei abbia ragione.

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