34. MIO PADRE

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Abby's pov

La gamba non ha smesso ti tremare da quando sono seduta su questa poltrona. Lo stomaco si è chiuso e niente riesce a passare lì, nemmeno il vomito che sento voler venire su.
Perché ho accettato di incontrarlo? È la domanda che mi sono posta da quando sono uscita dalla mia camera. Perché ho bisogno di risposte, ho bisogno di sapere perché ci ha abbandonate, ho bisogno di rivedere la faccia di colui che chiamo papà e di cui porto ancora il cognome. Nella mia testa c'è solo un'immagine sfogata di lui. Nonostante il male che ci ha fatto io volevo ricordarlo, rivivere quei momenti felici, tutti e tre insieme, nei miei primi anni d'età.

'Ciao Abby, so che non ti aspetteresti mai una mia lettera dopo tutti questi anni, ma solo ora ho avuto il coraggio di scriverti. Sono stato un codardo e lo sarò sempre, voi non meritavate tutto questo. Ti ho lasciato quando eri solo una bambina, ti ho privato della presenza di un padre, non ti ho lasciato ricordi che ogni bambina deve avere, non ti ho permesso di avere una famiglia. Non vi ho dimenticato, siete sempre rimaste dentro di me e non passava giorno in cui non vi pensassi. Forse non crederai alle mie parole, per questo ora voglio darti tutte le spiegazioni di cui hai bisogno. Ti aspetto al Paramount Hotel, Mark Summers.'

Non mi sarei mai aspettata che mio padre sarebbe ricomparso dopo tutti questi anni, dandomi forse tutte le risposte alle domande che mi sono posta, e non sono poche. Ero rimasta spiazzata, una parte di me voleva rivederlo e ascoltarlo, l'altra avrebbe voluto ignorarlo e lasciare alle spalle anche lui. Ma ero solo una bambina ai quei tempi e non sapevo cosa potesse passare nella mente degli adulti. Ho sofferto, ho pianto, parlavo con lui attraverso la foto che avevo sul comodino e pregavo che sarebbe tornato da un momento all'altro. Non l'ha mai fatto e voglio sapere il perché, perché tutto questo. Ho seguito la parte istintiva di me e ora sono qui, nella hall di questo hotel ad aspettarlo. Fisso la porta scorrevole dell'hotel e ogni volta che essa si apre perdo un battito. Dopo la millesima volta, un uomo ben rivestito, dai capelli castano chiaro e dagli occhi scuri, fa ingresso nell'hotel. Si guarda intorno e appena mi vede, sorride e si avvicina a me.

“Ciao.” Mi alzo in piedi, di fronte a lui.

“Ciao.” I suoi occhi sono lucidi e prima che possa rendermene conto la mia testa è poggiata sul suo petto e le sue braccia mi stringono a sé.

“Sei bellissima, figlia mia.” Chiudo gli occhi e penso quante volte ho sognato questo abbraccio.

“Sediamoci.” dico separandomi dal suo abbraccio. Si siede di fronte a me e lo guardo mentre aspetto che dica qualcosa, a me le parole non vogliono uscire.

“So che sei qui solo per delle risposte e non per sentire le mie scuse, non sarebbero mai abbastanza.” dice abbassando il capo.

“Perché te ne sei andato?” La domanda esce spontanea dalla mia bocca, con voce dura.

“Per voi. Non volevo dare a voi il futuro che aspettava a me.”

“Quale futuro?”

“La mia azienda stava fallendo e per evitarlo ho messo in gioco i soldi che avevamo da parte in caso di emergenza, all'insaputa di Victoria. Lo avrei detto a tua madre solo se avesse funzionato, ma non fu così. Persi quei soldi, la mia azienda e il mio lavoro. Per un po' sono rimasto con voi sperando di recuperare tutto. Più passavano i giorni più il cibo diminuiva e mi faceva male non darti quello che volevi. Quando Victoria scoprì tutto litigammo a lungo. Mi sentii un fallito, e non all'altezza della famiglia che avevo, così un giorno...”

“Ci hai abbandonate lasciandoci nella merda che avevi creato.” sputo terminando la frase al posto suo.

“Non esattamente. Avevo anche dei debiti da riparare con degli usurai e se la sarebbero presa con voi se non avessi restituito i soldi. Non ci ho pensato due volte a mettere al sicuro te e tua madre. Ho giurato di lavorare per loro, in cambio della vostra sicurezza. Quando sono tornato, tua madre era già felice con qualcun'altro e non volevo rovinare niente.”

“Invece hai rovinato tutto, papà.”

Ethan's pov

Le mie lenzuola hanno ancora il suo odore addosso e non riesco ad alzarmi da lì nemmeno per andare a cena. Dopo che mi madre ha urlato il mio nome per la quinta volta decido di scendere. Appena metto piede in cucina, il campanello di casa suona.

“Vado io.” avverto mia madre.

Vado ad aprire e mi arriva un calcio nello stomaco quando vedo Abby in lacrime sulla soglia.

“Abby!” la prendo per un braccio e la porto dentro chiudendo la porta alle nostre spalle. “Che succede?”

“Ho perdonato mio padre.” dice tra le lacrime.

“Ma tuo padre...”

“È tornato.” La prendo per mano e la porto in camera. Ci sediamo sul letto e aspetto che si calmi per poter parlare.

“Ogni mese, dopo un anno dal suo abbandono, ci arrivavano dei soldi a casa che ci permettevano di arrivare a fine mese. Pensavamo fossero i genitori di mio padre, che si sentissero in colpa per le azioni del figlio. Invece era lui. Lui non ci aveva mai abbandonate, era rimasto sempre accanto a noi.” racconta mentre altre lacrime scendono sul suo volto.
“Gli ho urlato contro, l'ho incolpato di quello che mi era successo, che se non se ne fosse andato non avrei subito tutto quel male, che ha rovinato una famiglia, la mia vita. Ma non c'è l'ho fatta a voltargli le spalle.” dice ormai esasperata.

Non puoi odiare tuo padre, nonostante ti abbia fatto del male è una parte di te. Puoi urlargli contro, non rivolgergli la parola, non vederlo per mesi, anni, ma sapere che in realtà per te c'è sempre stato, il tuo amore per lui aumenta solo. Io purtroppo non posso dire lo stesso di mio padre. Sono i suoi occhi e le sue lacrime ad entrarmi dentro e a farmi provare queste sensazioni.

Sei tu a colmare qualsiasi vuoto io abbia dentro.

Non sono lacrime di tristezza, ma di gioia. Gioia di aver ritrovato un padre che credeva perso per sempre, gioia di sapere che quel padre non l'ha mai abbandonata realmente, gioia di avere un padre che ha sacrificato tutto per loro.

“Non so se ho fatto la cosa giusta.” sussurra contro il mio petto. I singhiozzi sono finiti ed è riuscita a raccontare tutto.

“Sei hai ascoltato il cuore è la decisione più giusta che potessi prendere.” rispondo accarezzandole i capelli.

“Mi spingeva a perdonarlo. Ha sbagliato, è vero, ma ha pagato. Si è sentito tutto addosso la nostra sofferenza, aveva sulle spalle il peso di averci lasciate da sole e soffriva anche lui. Forse più di noi e gliel'ho letto negli occhi il suo dolore, nelle lacrime che scorrevano sul suo viso mentre mi parlava.”

“Ma se ci fosse stato lui, Jake...” mi interrompe.

“Lo so. Gli anni che vorrei dimenticare non sarebbero mai esistiti. Se non ci fosse stato lui a farmi del male ci sarebbe stato qualcun'altro e mio padre non se lo sarebbe mai perdonato, soprattutto se ricollegasse la cosa a lui.”

In fondo suo padre se n'è andato per evitarle un male, ma non c'è riuscito. Qualcun'altro l'ha fatto e forse ora si porta addosso anche questo peso.
Abby è riuscita a perdonarlo perché ne ha bisogno. Ha bisogno della figura del padre che per anni non ha avuto, ha bisogno di recuperare il tempo perso, ha bisogno di conoscere suo padre e di vivere con lui esperienze che il destino le ha portato via. Ha bisogno di riempire il vuoto che sua madre le ha procurato. Ha bisogno di suo padre.

Spazio autrice ⭐
Capitolo dedicato ad Abby e a suo padre. Avrà fatto bene? Si pentirà di avergli dato una possibilità?

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