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15 maggio - Ho visto ancora il Conte uscire a mo' di lucertola. Si dirigeva verso il basso, in diagonale, a un centinaio di piedi sotto di me, e parecchio a sinistra. È scomparso in un foro o finestra. Non appena la testa è penetrata all'interno, mi sono sporto di più per vedere meglio, ma invano: la distanza era eccessiva per permettere una perfetta visuale. Ora sapevo che aveva lasciato il castello, e mi sono proposto di approfittare dell'occasione per esplorarlo più di quanto non avessi osato fino a quel momento. 

Sono tornato in camera mia, ho preso una lampada, ho tentato tutte le porte: tutte sbarrate, come m'aspettavo, e con chiavistelli relativamente nuovi. Ma ho sceso la scala di pietra, giungendo all'atrio nel quale ho messo piede al momento del mio arrivo, e ho costatato che potevo far scorrere chiavistelli e catenacci senza troppa fatica; però il portone era anche chiuso a chiave, e questa mancava! 

Deve trovarsi nella stanza del Conte; devo andare a vedere, mi son detto, se per caso l'uscio ne è aperto, impadronirmene e fuggire. E intanto, ho continuato il mio attento esame di scale e corridoi, tentando tutte le porte che su di essi davano. Un paio di stanze vicino all'atrio erano aperte, ma in esse null'altro che vecchi mobili, impolverati e tarlati. 

Finalmente, in cima alla scala, ho trovato una porta che, sebbene sembrasse chiusa, ha ceduto leggermente alla mia pressione. Ho spinto con più forza, costatando che non era sbarrata e che la resistenza derivava dal fatto che i cardini avevano ceduto, sicché il pesante uscio gravava sul pavimento. Era un'occasione che forse non si sarebbe ripresentata e, raccogliendo le mie forze, sono riuscito ad aprirla tanto da poter entrare. 

Mi trovavo adesso in un'ala del castello più a destra del gruppo di stanze che conoscevo, un piano più in basso. Dalle finestre, potevo costatare che quell'appartamento era situato nell'ala sud del castello; le finestre dell'ultima camera guardavano tanto a ovest quanto a meridione, entrambe sovrastanti un grande precipizio. 

Il castello si erge sullo sperone di una grande roccia, sì da essere del tutto imprendibile da tre lati, e grandi finestre s'aprivano qui, fuori tiro da catapulte, archi o colubrine, e pertanto qui si poteva godere di luce e comodità impossibili in posizioni che andassero vigilate. A ovest una grande valle, e quindi, lontani, immensi massicci frastagliati, picco dopo picco, nude rocce macchiate di frassini e dumeti le cui radici si aggrappano alle fessure, al crepacci, alle cavità tra le pietre. 

Era quella, evidentemente, l'ala del castello abitata in tempi andati dalle donne, e infatti l'arredamento aveva un'aria più comoda che nelle altre. Le finestre erano prive di tende, e la gialla luce della luna, filtrando dalle vetrate diamantine, permetteva di riconoscere persino i colori, in pari tempo vellutando lo strato di polvere che tutto copriva e in parte mascherava i danni del tempo e del tarlo. La lampada serviva a ben poco, nella chiara luce lunare, ma ero lieto di averla con me, perché in quel luogo regnava una solinga tetraggine che mi gelava il cuore e mi faceva tremare le vene. 

Pure, sempre meglio che starmene solo nelle stanze che ero giunto a odiare per via della presenza del Conte, e dopo qualche sforzo inteso a ferrarmi i nervi, ho avvertito una dolce calma invadermi. Eccomi qui, seduto a un tavolino di quercia al quale forse, in tempi andati, una bella dama era intenta a vergare, con molte esitazioni e mille rossori, una sgrammaticata lettera d'amore, e intento a mia volta a stenografare nel mio diario tutto quanto è accaduto da quando l'ho chiuso l'ultima volta. 

Siamo nel diciannovesimo secolo, oggigiorno, ed è un secolo implacabile. Pure, se i sensi non m'ingannano, quelli andati avevano e conservano poteri loro propri, che la "modernità" non basta a uccidere.

Curiosidracula#1: Jonathan definisce il diciannovesimo un secolo implacabile, la cui "modernità" però non riesce a soffocare e ad uccidere i "poteri" dei secoli antichi

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Curiosidracula#1: Jonathan definisce il diciannovesimo un secolo implacabile, la cui "modernità" però non riesce a soffocare e ad uccidere i "poteri" dei secoli antichi.
Bisogna considerare che all'epoca dell'uscita di Dracula la corrente del Positivismo spopolava, ovvero a dettare legge era la fiducia sulla scienza, sull'esperienza e sulla ragione, quindi immaginate come doveva essere difficile proporre al pubblico un romanzo su vampiri e terrori sovrannaturali!
Non è un caso forse che all'inizio il romanzo non riscosse il successo travolgente che lo caratterizzò in seguito, ma di questo ne parleremo in un altro Curiosidracula.
La sfida di Stoker, tornando a noi, era proprio quella di scavalcare lo scetticismo e di proporre orrori se non realistici, almeno credibili. Leggeremo in seguito che molti personaggi sono uomini di scienza o comunque colti e saranno costretti a mettere in discussione molte loro convinzioni nel corso dei capitoli. Perché infondo la scienza non può spiegare quel che dovranno affrontare. La modernità, la scienza, da sola non basta ad uccidere questi poteri antichi e le superstizioni che essi portano!

Nota: un capitolo breve e rapido che serve a preparare il prossimo ben più corposo. Nel 3.4 troverete alcune curiosità letterarie veramente succose, parola mia!  

Dracula - Bram Stoker (Completo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora