Capitolo 14

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Un lampo illuminò a giorno la stanza dove l'agente McGee si era appisolato alla scrivania accanto alla macchina da scrivere e, dopo un paio di secondi, arrivò anche il tuono che lo fece svegliare di soprassalto col cuore in gola

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Un lampo illuminò a giorno la stanza dove l'agente McGee si era appisolato alla scrivania accanto alla macchina da scrivere e, dopo un paio di secondi, arrivò anche il tuono che lo fece svegliare di soprassalto col cuore in gola. Si guardò intorno assonnato e si alzò diretto alla finestra della camera da letto che continuava a sbattere a causa del vento e la chiuse poi, sbadigliò pigramente:"Devo essermi addormentato mentre lavoravo al nuovo libro", brontolò fra sé e sé stiracchiandosi. Prese la tazza ormai vuota che aveva posato vicino alla pila di fogli già scritti e si avviò in cucina a riempirla di altro caffè. 
Tornò alla scrivania dove si lasciò cadere sulla sedia ancora frastornato dal brusco risveglio e incominciò a leggere quello che aveva scritto fino a quel momento: "L'uomo si portò la pistola alla tempia, Morando sapeva come fermarlo, doveva solo trovare il modo di avvicinarsi per aprire un dialogo con lui. Morando veniva da Baltimora dove aveva lavorato per anni come investigatore e solo dopo una lunga gavetta era passato all'FBI dove veniva chiamato dai colleghi l'uomo dei miracoli o anche agente speciale Tony Morando..." lesse, "Tony...Tony Morando..." farfugliò tra sé e se, non capiva bene, ma c'era qualcosa che non andava. Sentiva che gli era sfuggito qualcosa di molto, molto importante. Un altro tuono, così forte da sentirne il rimbombo in lontananza, guardò l'orologio, erano le 2:30 del mattino. "Mi sa che è meglio andare a dormire seriamente" mormorò bevendo comunque un sorso di caffè. Prese in mano il cellulare diretto in camera e, quasi senza rendersene conto, rilesse il messaggio che gli aveva mandato il collega poche ore prima. Non sapeva spiegarsi il perché, ma fin da subito, aveva percepito qualcosa di anomalo in quell'sms, ma non capiva cosa. Aprì il menù dei messaggi: "Ciao McGee, qui non c'è nulla, torno a casa. Anthony" lesse, "Anthony?!" sgranò gli occhi.

Compose compulsivamente il numero di Gibbs che rispose dopo appena due squilli: "Che succede McGee, sono le 3 di notte, hai forse paura dei temporali?" gli chiese con voce assonnata.
"No capo, peggio..." mormorò con voce turbata, "ho paura di aver commesso un errore!".
"Di cosa parli Tim?", sospirò Jethro con voce più sveglia.
"Non...non sono più sicuro che l'sms che ho ricevuto, me l'abbia davvero mandato Tony", balbettò teso.
"Ci ho capito ben poco. Incontriamoci in ufficio, ora!".

Passarono pochi minuti ed i due s'incontrarono negli uffici deserti dell'ncis: "Allora Tim fammi vedere questo messaggio" gli ordinò Gibbs vestito in jean e con la felpa della marina.
McGee fece come gli era stato chiesto.
"Da quando DiNozzo si firma Anthony?" chiese Gibbs con una smorfia.
"E non è tutto capo, lui non mi chiama mai col mio cognome vero se non in rari casi e, soprattutto..." fece una pausa.
"Non firma i messaggi!!" dissero in coro, poi Gibbs continuò: "Quel messaggio non è stato scritto da Tony!" esclamò, "come hai fatto a non accorgertene prima?".
"Non lo so capo, mi è venuto in mente solo ora, mi spiace" cercò di scusarsi.
"Hai provato a chiamarlo?" chiese prendendo in mano la cornetta del telefono.
"A casa non c'è nessuno e il cellulare risulta spento" sospirò, "ho fatto un bel pasticcio eh capo?".
"Non è il momento di fare penitenza, ora dobbiamo trovare Tony e accertarci che stia bene. Hai provato a rintracciare il suo cellulare?" chiese Jethro trafficando sulla sua scrivania.
"No capo, ha il cellulare spento e...".
"Allora attiva il gps d'emergenza, così anche se spento ci darà un segnale" ribatté il capo.
"Lo farei, ma senza l'autorizzazione del direttore Vance non posso" mormorò Tim tenendo lo sguardo basso.

Gibbs si alzò diretto alla scrivania del suo subordinato e lo guardò dritto in faccia senza pronunciare una parola.

"Capo, io lo capisco, ma se il direttore lo viene a sapere avrò guai..." provò a farlo ragionare.
"Se è successo qualcosa a DiNozzo per colpa della tua distrazione di oggi, credimi, i guai con Vance saranno ben poca cosa rispetto a quelli che avrai con me..." mormorò a denti stretti, "e ora rintraccia quel maledetto cellulare, subito!" urlò.
"Si, capo!" rispose trafficando al pc e dopo pochi minuti mugugnò: "Che strano".

"Cosa?".

"Pare che il cellulare di Tony sia in una sala giochi in periferia".
"Hai l'indirizzo?".
"Certo".

"Bene, allora andiamo!".
"Arrivo capo!.

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