Il resto della nottata era trascorsa senza ulteriori problemi. Il tempo di una doccia calda e di un cambio di abiti puliti e Leroy Jethro Gibbs uscì nuovamente di casa per recarsi al lavoro. L'indagine non era ancora finita, c'erano ancora molte cose che non erano chiare e un fuggitivo da arrestare.
Arrivò verso le 8:30 e trovò già McGee seduto alla scrivania che smanettava al pc.
Aveva la classica barba incolta della giornata, il viso emaciato e gli stessi vestiti del giorno prima.
"McGee, non pensavo di trovarti già qui, o forse dovrei dire, ancora qui?", chiese sorpreso. "credevo che, dopo essere passato da Tony, fossi andato a casa...", continuò prendendo posto dietro la propria scrivania, ma l'altro non rispose continuando a fissare il monitor concentrato.
"Tim?".
"Ehi, McGee!".
"Oh, si capo? Scusa ero sopra pensiero", mormorò fiacco.
Gibbs si accigliò avvicinandosi alla scrivania del collega: "Tutto bene Tim?" chiese.
"Certo capo" rispose frettolosamente senza distogliere il gli occhi dal monitor e Jethro ebbe la netta sensazione che stava volutamente evitando un contatto visivo con lui. Non era certo la prima volta che riusciva a incutere soggezione nel prossimo, ma stavolta era diverso o almeno questa era la sua sensazione.
Gibbs si accigliò avvicinandosi alla scrivania del collega: "C'è qualcosa che vuoi dirmi?" chiese.
Tim sospirò rumorosamente poi alzò lo sguardo verso il suo superiore: "Vedi Gibbs, in verità, non ci sono andato da Tony ieri", confessò con una punta d'imbarazzo.
Jethro non rispose, attendendo che il suo subalterno continuasse, sembrava in difficoltà e poteva capirlo, quella trascorsa, era stata una notte difficile per tutti, ma non si spiegava perché avesse deciso di non accertarsi personalmente delle condizioni dell'amico, soprattutto dopo quello che aveva passato.
Tim indugiò pensieroso, sembrava stesse cercando una scusa, poi fece spallucce abbozzando un sorriso forzato: "C'è ancora un pazzo in libertà e voglio arrestarlo quanto prima, penserò a Tony quando tutto sarà finito!", disse tornando a guardare il pc."Mi stai dicendo che sei rimasto in sala d'attesa per ore per poi andartene senza vederlo?" chiese Gibbs sempre più perplesso.
Tim sospirò contrariato.
"Buongiorno!" sorrise Ziva tutta frizzante.
"Ziva, com'è andata con la Barrow?" domandò Gibbs.
"Tutto bene Gibbs, è una ragazza a modo, capisco perché Tony era straconvinto della sua innocenza, una persona così non ucciderebbe neanche una mosca" sorrise con soddisfazione, "abbiamo parlato un po' e poi è crollata come un sasso".
"Ora c'è qualcuno con lei?".
"No, ma le ho tassativamente vietato di uscire o contattare qualcuno, andrà tutto bene" annuì convinta la donna.
"Chissà cosa le avrei detto per convincerla..." borbottò McGee visibilmente a disagio.
"Oh, il solito: fai attenzione li, non parlare qua, non aprire la..." rispose Ziva, "te l'ho detto Tim, il solito!".
"Già..." sbuffò McGee avviandosi.
"Ehi, dove vai?" gli chiese Gibbs.
"Ho bisogno di un caffè capo!" rispose freddamente Tim. Arrivato nei pressi dell'ascensore si scontrò con Abby: "Ciao Tim, ma che fine..." mormorò la ragazza, ma il collega la ignorò, entrò in ascensore e pigiò il tasto del piano terra.
"Ma cos'ha?" chiese Abby agli altri colleghi presenti. Ziva si strinse nelle spalle come a intendere che non ne aveva la più pallida idea, mentre Gibbs rispose: "Penso debba far pace con se stesso", poi notò la sacca che l'analista forense teneva stretta al petto, "e quelli cosa sono?".
"Sono i vestiti che indossava Tony l'altra notte, magari c'è qualcosa di interessante" rispose sorridente.
"Ma sono rimasti sotto la pioggia battente per ore, sicura che ci sia ancora qualcosa di rilevante?" chiese Ziva incuriosità.
"Se questi abiti hanni ancora qualcosa da dire, sta sicura che lo saprò!" esclamò gongolate, "e ora al lavoro, al lavoro!", saltellò allegramente divetta verso il laboratorio.
Ziva la guardò andare via sorridente: "Abby ha una forza, è fantastica!".
"Già" mormorò Gibbs distratto, poi si avviò verso gli ascensori.
"Gibbs, ma dove vai?" gli chiese Ziva.
"Ho bisogno di un caffè, Ziva tienimi aggiornato" rispose prendendo l'ascensore ma, quando lo aprì, ci trovò dentro Tim che stava per uscire.
Gli posò una mano sul petto e lo spinse nuovamente dentro, poi schiacciò il primo tasto a caso e bloccò l'elevatore.
"Ok, ora siamo soli, dimmi che ti prende! Sono già sotto di un uomo, devo sapere se sei al 100% e se posso fidarmi di te. Coraggio!" lo affrontò Gibbs di petto.
McGee distolse lo sguardo, non osava reggere il confronto con gli occhi color ghiaccio di Jethro.
"Ce...certo che puoi fidarti di me, capo" bofonchiò l'altro.
"Davvero? Strano a me non sembra!" rispose continuando a squadrarlo, "cosa c'è Tim? Ti stai comportando come quella volta che Delilah rimase ferita in quell'attentato" fece una pausa, "da chi stai scappando stavolta Tim?".
Gli occhi di McGee si riempirono di lacrime: "E'... complicato...".
"Provaci lo stesso" lo incoraggiò.
"Io...mi sento in colpa!" ammise trattenendo a stento le lacrime.
"Perché ti sei fermato?" gli chiese Gibbs.
Lui annuì non essendo più in grado di emettere suoni, poi tirò su col naso e gli scappò una lacrima che scacciò subito col dorso della mano.
"Dovresti essere fiero invece" gli posò una mano sulla spalla, "Tim il tuo non è stato un atto di debolezza bensì di coraggio!".
"Coraggio?" ansimò con gli occhi bagnati, "capo io l'ho lasciato morire e ho cercato di convincere anche te! Se tu mi avessi dato retta, ora Tony sarebbe morto!" esplose pieno di rabbia.
"No Tim, tu sei stato più coraggioso di me! Tu avevi accettato quello che per me in quel momento era impossibile!" ribatté Gibbs con determinazione.
"Si, ma è stata la tua perseveranza a riportarlo indietro capo, non il mio coraggio" fece una pausa, "mi sembra di averlo tradito...di averlo abbandonato e non posso, non riesco a perdonarmelo" concluse affranto.
Jethro fissò il suo uomo con aria compassionevole, non sapeva che altro dire per farlo sentire meglio: "Ascolta Tim" riprese docilmente, "se c'è una persona a cui devi chiedere perdono è DiNozzo, anche se immagino che non te ne farebbe mai una colpa" fece una pausa, "vuoi sapere perché non mi sono arreso?".
L'altro annuì in silenzio.
"Perché Tony non l'ha fatto! Perché quando sono finito in acqua con tutta la macchina, lui ha rischiato la sua vita per tirarmi fuori dal mezzo e nonostante i suoi polmoni erano indeboliti dalla peste, è rimasto per tutto il tempo sul molo, bagnato fradicio e ha provato a rianimarmi come un disperato" sorrise, "non potevo permettermi di perdere una persona a cui devo la mia vita".
McGee non rispose, sapere come, una persona come Tony che è risaputo avesse ormai i polmoni indeboliti dalla peste polmonare, possa aver messo a repentaglio la sua vita per salvare quella di un'altra persona. Si stupì di pensare quanto fosse stato grande in quell'occasione, ma sapeva anche per certo che non glielo avrebbe detto mai.
"Vai da lui Tim, parlagli e trova il modo di accettare ciò che è successo" lo congedò Gibbs riavviando l'ascensore.
"Grazie capo" sorrise Tim rimanendo in ascensore, "credo che mi prenderò la mattinata di permesso" continuò lasciando che le porte si chiusero.
Uscì a passo svelto dalla sede dell'ncis, attraversò il parcheggio diretto all'ospedale civile della contea.

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Un piccolo angelo
FanfictionUna mattinata che inizia come tante altre e,tra uno scherzo e una battuta, arriva un nuovo caso per la squadra di Gibbs che questa volta dovrà occuparsi di un rapimento ai danni della famiglia di un marine. I sospetti sembrano ricadere tutti su una...