Isao 1334 - Epoca Sengū
Una luna rossa brillava sopra la Città Celeste, facendo da spettatrice a uno scontro brutale che aveva riempito di sangue i vasti corridoi del palazzo.
Il rumore dei corpi dilaniati, delle teste mozzate e delle urla di dolore aveva completamente invaso l'ambiente, tanto da coprire persino il canto delle cicale. Era in quel luogo, intorno al giardino che attorniava la grande Sala del Trono, che i due principi Sengū scappavano.
Un ragazzino dai capelli rossi e una bambina dal kimono insanguinato. Lui la spronava, la costringeva a camminare senza tener conto della sua ferita, ma lei sembrava non avere più forze.
"Chi-chan, dobbiamo andarcene!" la bambina cadde al suolo in quello stesso istante, e Momotarō non poté fare altro che seguirla. "Ti fa tanto male?"
"Sì..." mormorò lei, singhiozzando. I capelli neri, così diversi da quelli del fratello, si erano appiccicati al piccolo viso paffuto. "Non ce la faccio più, Nii-sama... voglio Okaasama."
Momo le tirò la gonna del kimono sopra la coscia e notò un lungo taglio deturparle la carne bianca, gocce di sangue colavano lungo la pelle gonfia. "Devo portarti da un medico..."
"No!" la voce limpida di Mito, la loro madre, nonché Imperatrice di Isao e degli Shinigami, li fece voltare di scatto. La donna si muoveva velocemente, con i capelli disciolti e agitati dal vento, il kimono verde sporco di rosso e troppe ferite sulle braccia. "Dovete fuggire, andarvene. Fuori dal palazzo c'è una dama che vi aspetta!"
"Okaasama!" urlò Momo, prendendo la sorella sulla schiena. "Venite con noi."
Mito si inginocchiò davanti i figli e prese il viso del maggiore fra le dita, sorridendo e scuotendo il capo. I suoi occhi erano lucidi di lacrime che non avrebbe potuto versare. "Verrò a prendervi quando avremmo cacciato i Kajitani dal nostro palazzo, ve lo prometto."
"Quindi, mai?" una seconda voce, letale come il veleno di un serpente, si intromise nella discussione. Mito ebbe il tempo di voltarsi per vedere emergere dall'oscurità Kajitani Kimiko, la sua avversaria, avvolta in una veste morbida ed elegante, del colore del mare. Si sventolava un ventaglio sul volto, le labbra erano incurvate in un sorriso malvagio, divertito. "Pensate che vi lascerò uscire viva da qui, Kōgō? Mi sottovalutate, sono offesa."
"Forse siete solo troppo sicura di voi." Mito fece da scudo ai bambini con il proprio corpo, intimando a Momo di andare. "Sono io che non vi lascerò uscire viva da qui."
"Questo lo vedremo, puttana." Kimiko roteò il suo ventaglio su un dito e lo lanciò in direzione dell'Imperatrice, che non riuscì nemmeno a pararlo con la katana luminescente che teneva stretta fra le dita.
Il suo urlo fece accapponare la pelle di Momo che, a denti stretti, stava cercando di portare in salvo sia la sorella che se stesso. Non aveva tempo da perdere, non poteva permettere che quella notte fosse davvero l'ultima dei Sengū.
Eppure, un destino già deciso non si può mutare.
Prima che i due eredi al trono attraversassero il Torii predominato da Siu-Riu, Kajitani Shiba lo oltrepassò. La sua Katana strisciava pigramente sul pavimento immacolato, creando una scia di sangue al suo passaggio. Un sorriso di pura soddisfazione era impresso sul suo volto dai lineamenti delicati e le sue labbra erano in procinto di schiudersi, per dar vita a una risata. "Guarda un po' chi si rivede. Una bastarda e un mezzodemone."
Momo si pietrificò davanti quelle parole, decidendo allora di adagiare la sorellina al suolo e sfoderare, dalla fascia che gli circondava i fianchi, un pugnale. "Non avvicinarti, maledetto ribelle! Quando mio padre saprà ciò che hai fatto ai nostri parenti, ti condannerà alla lapidazione!"
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𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑅𝑖𝑠𝑣𝑒𝑔𝑙𝑖𝑜
FantasyTERZO CAPITOLO DELLA SAGA Con l'avvento del Nuovo Anno il cielo di Isao sembra essersi fatto più scuro, le nebbie del monte Fuji ammantano silenziose i corridoi della Città Celeste e la neve cerca di nascondere il sangue vermiglio che ha macchiato i...