Capitolo 12 (Revisionato✔️)

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Marta sembrava averle creduto e di questo Ania gliene fu grata, anche se le dispiaceva non averla informata subito. Sapeva che l'amica ci era rimasta male, che avrebbe voluto incontrarlo e un po' si sentì egoista per questo, ma davvero non aveva potuto fare diversamente e sperava che lei potesse perdonarla.

Mentre Ania era intenta a rispondere alle decine di domande da parte di Marta riguardo le due serate trascorse con Ermal, Sara fece stranamente ritorno in casa molto prima del previsto.

Le due ragazze, lanciarono un'occhiata all'orologio e si stranirono, ma rimasero un po' più perplesse quando notarono che la loro coinquilina teneva in mano una rosa rossa come quelle che Ania aveva ricevuto negli ultimi giorni.

- È per te. Il fattorino mi ha chiesto se io fossi Ania. - disse Sara porgendogliela.

- Come mai sei tornata così presto? - le domandò Marta.

- Oggi abbiamo chiuso prima. - la riccia fece spallucce, poi sorrise e si allontanò verso il bagno.

- Non mi piace. - sussurrò Ania all'amica. - Credo che nasconda qualcosa.

- Allora te ne sei accorta anche tu! - rispose la bionda bisbigliando.

- Marta, se ne deve andare!

- Come faccio a mandarla via? Non ha ancora trovato casa...

- Beh, non m'interessa, sono passate due settimane, deve sloggiare! - la interruppe Ania decisa, mentre tirava fuori il biglietto incastrato nella confezione della rosa.

"Stasera alle nove sotto casa tua" lesse a mente.

- Allora, chi è? - chiese l'amica riprendendo a parlare a un volume di voce normale.

- Luca. Chi vuoi che sia?! - sbuffò passandole il biglietto.

- Beh, è inquietante! - esclamò la bionda leggendolo. - Ci andrai?

- Sì. Questa storia deve finire, gli dirò chiaro e tondo di lasciarmi in pace una volta per tutte. - disse Ania alzandosi e lanciando la rosa sul tavolo.

Era davvero stanca di Luca, era arrivato il momento che accettasse la fine del loro rapporto e che capisse che le sue stupide rose non sarebbero servite a riparare le cose, perché ormai non c'era più niente da riparare.

Le dispiaceva molto per il periodo difficile che lui stava attraversando, ma si trattava comunque di scelte sue, nessuno gli aveva imposto di prendere certe strade, era perfettamente responsabile di se stesso. Nonostante il bene che gli volesse, quelli erano fatti che non la riguardavano e non avrebbe evitato di urlargli in faccia che era finita solo perché gli faceva pena.

Quella sera, quindi, si infilò un paio di jeans a caso, una vecchia felpa grigia e scese sotto casa, in attesa che Luca si presentasse all'appuntamento misterioso che le aveva dato in quel modo bizzarro.

Si guardò intorno per un po' e non vide l'ombra di nessuno, allora cominciò a chiedersi se non fosse uno scherzo o qualcosa di simile. Dopo qualche minuto, decise di ritornare in casa, non avrebbe perso altro tempo dietro uno che le dava appuntamento per poi non palesarsi.

Così, in procinto di tornare su, lanciò un'ultima occhiata al parcheggio e qualcosa attirò la sua attenzione: una macchina nera, diversi metri più in là, le sembrò decisamente familiare. La osservò per qualche istante, scrutandola in cerca di un qualche segnale che le confermasse la propria teoria, ma ben presto si rese conto che l'atmosfera intorno a sé non sembrava per niente rassicurante.

C'era troppo silenzio, più buio del solito e inoltre cominciò a sentirsi osservata, come se qualcuno stesse spiando ogni suo movimento. Nonostante tutto, però, quell'auto ferma a pochi passi da lei, continuò ad attrarla come una calamita.

Senza un Graffio e Senza PaureDove le storie prendono vita. Scoprilo ora