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Era l'ultimo giovedì di ottobre, quasi ora di cena. Una leggera pioggerellina nebbiosa cominciò a cadere sulla città proprio mentre Eliane lasciò il corridoio dell'ospedale per entrare nella sala reception. Gli ultimi giorni si erano susseguiti frenetici e carichi di rabbia repressa per tutto ciò che le era successo, ma quel giorno stranamente si sentiva quasi bene, se solo quell'anonimo clochard si fosse risvegliato, sarebbe sì stato tutto perfetto. Magari il primo di una lunga serie di giorni perfetti, credeva di meritarli in fin dei conti. Nonostante quella pioggia mettesse tristezza, aveva capito che non si poteva fuggire davanti agli ostacoli della vita, che l'unico modo per uscirne era affrontarli. Lei aveva cercato di farlo nonostante tutto e questa piccola considerazione le era bastata per farla sentire meglio, come non si sentiva da molto tempo. Eliane passò davanti alla fila di ascensori schierati e si avvicinò alle poltroncine dove due poliziotti la stavano aspettando. I due uomini si alzarono di botto dalle loro poltrone mentre lei si fermò davanti a loro con un sorriso. Il camice bianco sbottonato in alto, lasciava intravedere un maglioncino con lo scollo a v di cotone di colore bianco, i capelli neri corti leggermente spettinati e le gambe snelle le donavano una bellezza dinoccolata, spigolosa e per certi versi un po' mascolina, pensò Jean. Gli occhi diretti e quello sguardo combattivo, furono però, ciò che lo colpirono subito.

«Dottoressa Fontaine» l'uomo più anziano dei due parlò allungando la mano per salutarla «sono l'ispettore Martinel e questo è l'agente Dubois»

Eliane strinse la mano dell'uomo «piacere» rispose mettendosi a sedere di fronte ai due poliziotti «cosa posso fare per voi?» Sedendosi il camice le si era leggermente aperto mostrando una gonna a balze a scacchi bianchi e neri che arrivava quasi al ginocchio e delle gambe decisamente magre. Mentre Martinel iniziava a fare domande sul clochard e sulla nottata precedente, Jean si perse in quello sguardo duro che denotava carattere anche nelle risposte che stava dando. Decisa, sicura di sé, ma anche fragile come se si nascondesse, come se preferisse ferire prima, per non essere ferita dopo. Doveva avere sofferto molto. Spinosa come un cactus decise alla fine il poliziotto, questo le sembrava. Poi però, continuando a guardarla, pensò a come erano belli a volte i fiori di cactus. Il rumore delle porte dell'ascensore che si aprirono nel corridoio lo riportò alla conversazione. «E 'possibile parlare con lui?» chiese Martinel riferendosi al clochard.

L'espressione sul viso della donna mutò leggermente intristendosi «purtroppo non si è ancora risvegliato» rispose dispiaciuta.

«Ha notato qualcosa di strano in quell'uomo?» continuò l'ispettore cercando qualche indizio che potesse far abbinare quel volto ad un nome

«Strano in che senso?» Eliane sembrava sinceramente stupita

«Non so qualche particolare, tipo una qualche operazione precedente, un segno o qualcosa che ci permetta di identificarlo»

Lei sembrava alquanto confusa, era decisamente strano che la polizia si interessasse così di un barbone investito di notte da un'auto pirata. Tenne però per sé quella considerazione cercando di rendersi utile «no. Non risultano interventi precedenti o malattie in corso»

«Avete già gli esiti di tutti gli esami effettuati?»

«Aspettiamo ancora alcune risposte dal laboratorio ma posso dirle con certezza che non aveva nessuna malattia in corso, è un donatore di sangue e lei sa meglio di me che tutti i donatori vengono controllati attentamente prima di poter donare»

Martinel sospirò con una leggera forma di delusione sul volto, non avrebbe saputo altro, quel clochard restava ancora anonimo al momento, visto che nemmeno le impronte digitali nel database della gendarmeria avevano dato esito positivo, ma lui non avrebbe smesso di cercare. Era un buon segugio e soprattutto sapeva di esserlo «la ringrazio per la collaborazione» disse alzandosi e allungando la mano per congedarsi.

Anche Eliane si alzò rispondendo al saluto gli strinse la mano «mi dispiace di non essere stata di grande aiuto»

«Lei ha fatto già molto salvando la vita di quell'uomo» sorrise l'ispettore «le chiedo solo di comunicarci appena si risveglia in modo da poter parlare con lui»

«Sarà fatto» rispose lei per poi girarsi verso il giovane poliziotto e stringere la mano anche a lui. Per una brevissima frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono. Jean continuò a percepire la forza della donna anche nella stretta della mano e questo accese in lui una certa forma di sfida. Rispondendo alla stretta di mano con decisione e non lasciandola subito, desiderando prolungare quel fugace contatto continuando a penetrare, perdendosi, in quello sguardo intenso e sofferto. Eliane sembrò accorgersi in quel momento dell'uomo, come a vederlo per la prima volta sentì una strana e piacevole forza provenire da quegli occhi e questo le procurò un leggero brivido alla base della nuca. Nonostante non avesse detto nemmeno una parola si convinse che quel ragazzo era decisamente pericoloso. Fortunatamente le loro strade non si sarebbero più incrociate.

***

Jean corse a casa, appena lasciato Martinel alla gendarmeria, aveva giusto il tempo di farsi una doccia veloce e prepararsi per la serata con Camille. Sicuramente sarebbe arrivato in leggero ritardo ma era convinto che la ragazza lo avrebbe aspettato davanti al "Cocoricò" anche per più di mezzora. Cominciò a spogliarsi appena entrato in casa gettando la divisa sulla poltrona della sala e correndo ad aprire l'acqua della doccia. Proprio stasera doveva aver bisogno di lui l'ispettore.

***

Arrivò davanti al locale con quasi mezzora di ritardo, ma come aveva abbondantemente previsto, Camille era ancora lì che lo aspettava. Sorrise compiaciuto. La ragazza era leggermente imbronciata ma appena lo vide lo sguardo le si illuminò.

«Scusami per il ritardo ho avuto problemi alla gendarmeria» disse lui accennando un viso contrito.

Lei cercò di tenere un tono infastidito «stavo per andarmene» rispose anche se sapeva che non era la verità, sarebbe rimasta lì ancora per un bel po' in realtà, quel ragazzo era una gioia per gli occhi e sperava non solo per quelli.

Jean la baciò sulla guancia e le sussurrò all'orecchio un «mi farò perdonare» che prometteva molto per la serata che avrebbero trascorso. Prendendola sotto braccio si avviò all'entrata del locale, il buttafuori, riconoscendolo, li fece passare saltando la fila. Una volta dentro furono accolti da musica e giochi di colore in un crescendo di confusione e corpi che si muovevano sinuosi uno accanto all'altro. Jean fece cenno all'uomo dietro al bancone che gli rispose alzando il pollice in segno d'intesa e si avviò verso in divanetto posto in angolo con, sul tavolinetto, la scritta "riservato".

«Vieni spesso qua» affermò lei urlando nel tentativo di farsi sentire oltre la musica e la confusione. Jean ne approfittò per stringerla ancor di più vicino a lui «in realtà non tanto spesso ma sono pur sempre un poliziotto e in questi ambienti è sempre meglio avere la polizia come amica» sorrise mentre si sedevano sui divano.

Camille lo guardò con intensità e una certa curiosità. Quel ragazzo era molto affascinante e sapeva di esserlo e lei si era resa conto che lui stava giocando al gatto col topo, ma fondamentalmente non le fregava nulla di fare la preda in quel momento, la bellezza e la sfrontatezza di Jean le stavano procurando un forte senso di calore nella parte bassa dello stomaco e se per averlo doveva fare la topina, l'avrebbe fatta decisamente «quindi ti stai approfittando del tuo ruolo per entrare in questo locale come vorresti approfittarti di me dopo?» chiese con uno sguardo malizioso e allusivo passandosi la lingua sulle labbra per umidificarle leggermente con un gesto sensuale che Jean notò immediatamente.

«E' uno dei pochi vantaggi della divisa» rispose passandole un braccio intorno alle spalle per stringerla a sé «e se serve per poter conoscere meglio una ragazza come te...» sorrise avvicinando le sue labbra a quelle di lei «allora si, vale sicuramente la pena di giocarsi tutte le proprie carte» e la baciò sapendo con assoluta certezza che era quello che anche lei desiderava in quel momento.

© Dan Ruben

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