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Il cellulare suonò che era circa metà mattina, mentre era alla ricerca, sotto il letto, di una scarpa che dava ormai per dispersa imprecando come uno scaricatore di porto ubriaco. Si tirò su sbuffando rabbiosa prendendo il telefono. "Jean".

Il cuore le si gelò, probabilmente aveva anche perso qualche battito. Non sapeva se rispondere o meno. Si sentiva così stupida in quel momento, così dannatamente vulnerabile.

"Codarda smettila di scappare"

Toccò sul display la cornetta verde

«Pronto»

Dall'altra parte rumori e suoni, probabilmente era in macchina pensò Eliane

«Buon giorno dottoressa» la sua voce era così sicura e profonda che lo stava odiando in quel momento. Mentre lei sembrava un'oca starnazzante e per giunta rabbiosa

«Dimmi»

«Ancora incazzata?»

«Io? No, per nulla. Perché dovrei?» cercava di non mostrare che invece in quel momento se avesse morso qualcuno gli avrebbero dovuto fare l'antirabica.

«Meglio così» disse lui «volevo chiarire con te alcune cose»

«Non c'è nulla da chiarire tranquillo» lo interruppe

«Ok allora non chiariamo e non parliamo, ma vorrei vederti stasera»

Eliane sentì il cuore salirle in gola, anche se aveva una gran voglia di mandarlo a quel paese

«Perché dovrei uscire con te?»

«Perché non dovresti?»

«Sono un cactus pieno di spine ricordi?»

«Vero, ma si da il caso che a me i fiori di cactus piacciono molto»

Lei restò senza parole e lui continuò «vengo a prenderti stasera verso le ventuno» disse Jean

Lei sembrò destarsi «aspetta io..»

«Scusa non ti sento la linea è disturbata. A stasera»

«No ascolta ...»

«Ciao dottoressa»

Click.

Dio, Dio, Dio come l'odiava.

***

Carlo Corelli entrò nell'ufficio del direttore ospedaliero.

«Mi cercavi Paul» affacciandosi sulla porta.

L'uomo seduto dietro la scrivania alzò lo sguardo verso di lui «entra Carlo»

Entrò e chiuse la porta accomodandosi sulla sedia di fronte alla scrivania del direttore. Era un ambiente elegante e arredato con stile. La scrivania in mogano e una grossa vetrata alle spalle che faceva entrare una luce intensa che illuminava l'intera stanza.

«Abbiamo un problema Carlo» l'uomo parlò mettendo le mani giunte sotto il mento

Corelli si incupì leggermente «che problema?»

«Il clochard che hai operato tre giorni fa è ancora in coma?»

«Si, al momento non dà segni di ripresa»

«E questo è un problema per noi. Quell'uomo non ha tessere sanitarie, non ha identità, non ha soldi e questo ospedale non può permettersi di accollarsi altre spese ancora per molto»

Corelli non capì «cosa vuoi dire?»

«Voglio dire che dobbiamo trasferirlo in una struttura idonea e che delle sue spese se ne occupi il servizio sanitario pubblico»

«Ma non possiamo aspettare ancora qualche giorno?»

«Se entro domani non dà segni di ripresa dobbiamo trasferirlo in un'altra struttura»

***

Come accadeva nella maggior parte dei casi, anche l'obitorio di Parigi era situato nei sotterranei. Era un locale ampio dal soffitto alto ben illuminato e con le pareti bianche. Il pavimento era di cemento, rivestito di un composto vinilico anti sdrucciolo grigio. Sul pavimento c'erano anche dei grossi canali di scolo dall'orlo cromato disposti sotto ognuno dei sette tavoli autoptici fissi. Due pareti erano occupate da scomparti d'acciaio che salivano fino al soffitto, mentre nella parete più vicina alla porta c'erano armadietti e cellette frigorifere. L'ultima parete, dalla parte opposta, era di vetro e serviva per esporre i corpi alla vista dei parenti. Gli scomparti dove venivano conservati i corpi erano mantenuti a una temperatura costante, mentre il resto della mourge era a temperatura ambiente. Alcune unità deodoranti controllate elettronicamente, erano state istallate sotto le bocchette di areazione del soffitto e la stanza odorava vagamente di pino. Jean ricordò la prima volta che aveva sentito quel profumo artificiale e aveva avuto subito una fortissima sensazione di nausea. Non gli era mai piaciuto scendere lì sotto. Nelle ultime ore aveva passato in rassegna gli schedari generali, cercando e acquisendo quelle poche informazioni che credeva potessero servirgli, relativi a casi di clochard scomparsi sull'intero territorio nazionale. Erano più di venti, almeno quelli denunciati, Jean si chiese quanti di quei relitti della società scomparivano ogni giorno senza che nessuno se ne accorgesse? Vide il patologo che dandogli le spalle stava lavorando sul corpo disteso. Era meticoloso e lento, sembrava dedito a evitare ulteriore dolore a quel povero corpo.

«Buon giorno dottore» aveva parlato come fosse in chiesa, con voce sommessa e rispettosa

Il medico si girò leggermente per vedere di chi fosse quella voce «ciao Jean. Cosa posso fare per te?»

«L'ispettore Martinel vorrebbe i risultati dell'autopsia»

Il medico si rigirò per finire ciò che stava facendo «sono lì sul tavolo vicino alla porta» disse

«Grazie dottore» Jean si avviò a prendere quei fogli, voleva andare via di lì il prima possibile.

«E 'morto nel sonno Jean, non si è nemmeno accorto di cosa stava succedendo» disse il patologo «un colpo dato con una forza bestiale alla testa gli ha spappolato il cranio»

Jean sentì i brividi lungo la spina dorsale, e non erano di freddo.

© Dan Ruben

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