41

243 58 35
                                    

Quando Camille entrò nella stanza era già sera. Gli infermieri e i dottori del reparto avevano provato a mandarlo via appena si accorsero della presenza di Jean nella stanza di Eliane, ma lui non si spostò di un millimetro, rimase lì senza nemmeno mangiare. Entrando lo trovò vicino al capezzale di Eliane chinato su di lei che gli sussurrava frasi che però lei non riusciva a capire. Ma quella visione la intenerì notevolmente, l'uomo che aveva conosciuto qualche settimana prima, sembrava essere cambiato profondamente. Lui tirò su la testa appena percepì il rumore della porta che si apriva, pronto all'ennesima discussione con qualcuno che voleva mandarlo fuori da quella stanza. Ma appena riconobbe Camille si rilassò con un accenno di sorriso.

«Ciao» disse lei

«Ciao Camille» si alzò andandole incontro

«Novità?» chiese lei indicando Eliane

«Si sveglia per pochissimi istanti, sembra riconoscermi e poi si riaddormenta» rispose spostando lo sguardo su di lei

«È l'effetto dell'anestesia, ci vorrà del tempo per espellerla dall'organismo» poi guardandolo «anche tu dovresti dormire un po'» sentenziò la donna

Jean sorrise «quando starà bene recupererò» asserì «prometto»

«Davvero Jean, in questo momento non serve che tu rimanga» cercò di convincerlo

«Guardala» disse rivolto a Eliane «guarda il suo volto. È rilassato, è in pace, e io so che resterà così finché io sarò al suo fianco, finché aprendo gli occhi mi vedrà» si stirò la schiena, era rimasto troppo tempo seduto nella stessa posizione «non me ne vado» era deciso

Lei sospirò «fai come vuoi» disse allungando verso di lui una cartelletta «dentro ci sono tutte le informazioni che mi hai chiesto» sussurrò come a non farsi sentire

«Grazie Camille ti sono debitore»

Lei scosse la testa «debitore di cosa? Io non ti ho dato nulla» sorrise allusiva

Lui rispose al sorriso «grazie della tua amicizia»

Lei lo scrutò attentamente «hai mangiato?»

«No»

«Vado al bar a prenderti un panino» poi minacciandolo col dito «mi raccomando non ti muovere da qui» gli disse ironicamente prendendolo in giro.

***

«Tutte queste informazioni non ci servono a un cazzo senza un ordine del prefetto. Le intercettazioni, i collegamenti trovati, non possiamo portarli in nessun tribunale per essere acquisite come prove» Lafitte era alterato

«Lo so Adrien, ma nessun prefetto ci darà l'autorizzazione ad indagare su Delacroix se non raccogliamo abbastanza elementi contro di lui»

«Quindi dobbiamo continuare a indagare nel buio sperando di raggiungere elementi sufficienti per poterlo portare in tribunale?» sembrava scettico

«Hai altre idee?»

«Hai visto quei poveri corpi in quella clinica? Erano considerati come carne da macello» il viso era disgustato «per come sono fatto io non lo porterei in tribunale, ma davanti alla canna della mia pistola»

Martinel lo guardò con un accenno di rabbia negli occhi «non siamo giustizieri, siamo poliziotti e non possiamo sostituirci alla giustizia»

«E se non riuscissimo a trovare altri indizi? D'altronde senza autorizzazione non possiamo nemmeno controllare i suoi movimenti in banca per collegarlo a quella clinica» alzò le mani per dare ancora più forza alle sue parole «cosa facciamo dimmi? Nulla?»

Martinel lo guardò, una parte di lui sapeva che il suo vice aveva ragione, il rischio di non riuscire ad avere abbastanza elementi per incastrarlo in maniera legale era decisamente elevato.

Sospirò con un misto di rassegnazione e rabbia «non lo so cosa faremo, l'unica cosa che so è che noi dobbiamo fare il nostro lavoro e quindi per il momento continuiamo a scavare nell'ombra»

***

Visto l'appropinquare della sera, aveva acceso la luce del bagno e socchiuso la porta in modo che entrasse un po' di luce nella stanza di Eliane per non lasciarla al buio. Aveva preso la sedia e si era spostato vicino alla porta per poter leggere i documenti che gli aveva portato Camille, approfittando del cono di luce che entrava nella stanza e riuscendo allo stesso tempo a continuare a non perdere il contatto visivo con lei. I sensi di colpa per quello che era successo ancora c'erano, anche se si stavano attenuando, ma quello che provava verso di lei non era dovuto a quello. No, decisamente Eliane gli era entrata dentro come nessun'altra. Sorrise guardandola, ormai non riusciva ad immaginare le sue giornate senza di lei. Dopo alcuni istanti in cui non riuscì a staccare gli occhi da lei, riportò lo sguardo sulla cartelletta che aveva in mano aprendola. C'era un elenco di almeno sei persone ricoverate in quella settimana che attendevano un trapianto, senza contare quelle che erano in lista d'attesa a casa propria. Tre erano in attesa di reni, uno di fegato e due di cuore. Non era un medico ma sapeva che la prima cosa che doveva coincidere tra ricevente e donatore era il gruppo sanguigno. Scrisse su un foglio il gruppo sanguigno dei sei ricoverati in attesa di trapianto, per poi controllarlo con il gruppo sanguigno del clochard. Tre erano uguali, il fegato e due cuori. La sua teoria si basava sul particolare non irrilevante che chi era implicato in questa faccenda, conoscesse già il gruppo sanguigno del clochard. La signora al centro donazioni gli aveva riferito di un uomo distinto che lo aveva accompagnato e fatto registrare la prima volta. Quell'uomo era a conoscenza del suo gruppo sanguigno, e visto come stavano procedendo le indagini, quell'uomo era sicuramente un medico. Se il clochard non era stato portato alla clinica ma, creando appositamente un incidente, in ospedale, significava che il ricevente era ricoverato lì in quel momento ed era urgente fare quel trapianto. Ricordò improvvisamente cosa gli aveva detto Eliane una volta: "nonostante la vita che conduceva quel clochard aveva un cuore forte "

Cuore...

Riguardò i nomi dei due uomini nella lista in attesa del trapianto di cuore. Il clochard arrivato in ospedale, probabilmente sarebbe dovuto morire per complicanze post operatorie, e quindi rendere il suo organo disponibile, ma qualcosa doveva essere andata storta, e i piani erano cambiati. Perché? Perché all'ultimo momento avevano cambiato i piani decidendo di portarlo alla clinica?

Rimase per qualche secondo a pensare a diverse ipotesi, ma, per riuscire ad andare avanti con la sua teoria, aveva assolutamente bisogno di parlare con un medico altrimenti non avrebbe mai avuto le risposte che cercava. Eliane sicuramente avrebbe saputo chiarirgli le idee, ma purtroppo era ancora incosciente. Forse avrebbe potuto chiedere a Corelli, anche se ancora non era convinto del tutto della sua estraneità. Prese il foglio con gli orari delle timbrature di entrata e uscita del medico il giorno dell'incendio alla clinica. Dalla relazione dei vigili del fuoco risultava che l'incendio era stato appiccato alle diciotto circa, Corelli aveva timbrato l'uscita dall'ospedale alle diciassette per poi rientrare alle diciassette e trentacinque e rimanere lì fino alle ventuno e dieci. Se le timbrature erano corrette non poteva essere stato lui ad appiccare l'incendio e questo riportava Baron come indiziato principale. Non aveva la certezza che le timbrature le avesse fatte lui e non magari un complice in sua assenza, ma aveva da sempre quella capacità di capire le persone e Corelli gli sembrava realmente pulito se dava credito a quella sua sensazione. D'altronde aveva bisogno di un parere di un esperto in quel momento, e per quanto Carlo Corelli avesse conquistato la sua fiducia, decise, scrivendo un messaggio sulla tastiera del cellulare, di non rischiare, chiedendo delucidazioni al patologo legale della gendarmeria.

© Dan Ruben

IL CLOCHARD Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora