Martinel inviò un messaggio a Sofie scrivendo che avrebbe fatto tardi anche quella sera. Ormai non ricordava quasi più cosa volesse dire rientrare a casa ad un orario decente. Dopo aver messo via il cellulare prese alcuni documenti che Jean e la sua squadra avevano salvato dalla clinica. Non sapeva esattamente cosa cercare, ma avevano bisogno di recepire quante più informazioni possibili. Non voleva nemmeno lontanamente prendere in considerazione la possibilità che non riuscissero ad inchiodare al muro il prefetto. Sapeva che Lafitte in parte aveva ragione esternando le sue perplessità, ma non potevano sostituirsi alla giustizia anche se la rabbia a la frustrazione quando non riuscivano a chiudere un caso erano davvero notevoli. L'unica cosa che poteva fare se non fossero riusciti a raccogliere abbastanza elementi per incriminare Delacroix, era dare quella registrazione in mano alla stampa. Il polverone che avrebbero sollevato avrebbe di fatto chiuso definitivamente la carriera del prefetto, ma probabilmente avrebbe anche dato la possibilità ai suoi complici di farla franca e sparire prima di essere coinvolti. E lui, invece, di quel caso voleva prendere tutti, dal primo all'ultimo. Chi utilizzava la vita di poveri disagiati per arricchirsi non meritava pietà.
La clinica non aveva un dirigente sanitario al suo vertice, ma era gestita da una società finanziaria che ne aveva acquistato le quote di maggioranza circa un paio di anni prima. La società era la "Finca" una delle più grandi a livello internazionale con sede in Lussemburgo. L'avvocato che gestiva i contatti con la clinica per conto della società era un certo Maurice Marinon. Era lui che gestiva tutto. Doveva indagare su quell'uomo.
***
Il cellulare vibrò facendolo trasalire. Immediatamente, con un gesto istintivo, si alzò dalla sedia e si recò in bagno per non disturbare Eliane. Sapeva benissimo che non sarebbe bastata una suoneria a svegliarla, almeno non ancora, ma lo stesso per una strana forma di rispetto non voleva darle fastidio.
Lo prese dalla tasca, era il patologo
«Pronto» con voce bassa leggermente soffocata
«Ciao Jean, ascolta, dal tuo messaggio non ho ben capito cosa vuoi sapere» la voce leggermente metallica sembrava arrivare dall'oltretomba pensò Jean, in effetti se stava chiamando dall'obitorio non era poi così lontano
Sentì i brividi lungo la schiena pensando a quel luogo «ho bisogno di sapere che caratteristiche di idoneità devono esserci per poter trapiantare un cuore»
Il medico sembrò riflettere qualche istante
«Oltre il gruppo sanguigno la caratteristica principale è la dimensione del cuore che deve essere quanto più identica possibile»
«Ci sono altri elementi?»
«Per il trapianto no, ma il donatore deve essere sano e non avere malattie in corso»
«Quindi se il donatore ha qualche malattia il trapianto non si può fare?» "forse il clochard era malato"
Il patologo sospirò «non è esattamente così lo puoi fare lo stesso se il sangue e le dimensioni del cuore sono identici, solo hai maggiori rischi di un'infezione e di rigetto una volta effettuato il trapianto»
Jean sembrò riflettere «Grazie dottore» disse dopo un po'
«Figurati, spero di esserti stato utile» riagganciando.
Prese nuovamente la cartella contenente gli esami del clochard, per controllare il suo stato di salute, poi però pensò che quegli esami erano stati manomessi già una volta quindi non era certo che fossero attendibili. Prese nuovamente il cellulare e richiamò il medico
«Jean cazzo sto per eseguire un intervento» era alterato
«Scusa mi sono dimenticato di chiederti la cosa più importante»
Il patologo sbuffò «cosa?»
«Il clochard senza nome poteva essere un donatore?»
«Mi stai chiedendo se poteva donare il cuore una volta morto?»
«Si»
Sospirò «è sano come un pesce Jean a parte la milza e il colpo in testa»
«Quindi poteva donare il suo cuore?»
«Si, se fosse morto sicuramente il suo cuore sarebbe stato buono»
«Grazie»
«Spero di non sentirti più ora» sorrise prima di riagganciare
Quindi il clochard non era malato, allora perché non avevano approfittato della situazione? Forse si stava sbagliando, forse la sua era solo una teoria campata in aria. Ritornò nella stanza con un senso di scoraggiamento. Si risedette sulla sedia guardando Eliane. Lei avrebbe saputo come tirarlo su. "Quella piantina di cactus riusciva sempre a farlo sorridere" pensò. "Se solo si riusciva ad andare oltre quelle sue spine, si trovava una donna forte e sensibile che poteva amarti come nessuno avrebbe mai potuto". Sorrise ripensando a quello che la sua mente aveva appena messo insieme... Cazzo stava decisamente perdendo la testa per quella piantina di cactus. Se solo non l'avesse portata con lui tutto questo non sarebbe successo, vederla sdraiata su quel letto d'ospedale, anche se si stava riprendendo gli faceva male. Se solo avesse potuto tornare indietro o prendere il suo posto in quel letto... "Prendere il suo posto?" E se stesse sbagliando tutto? Se non era il clochard malato ma il paziente? Riprese la cartelletta con i pazienti in attesa di trapianto. Tornò in bagno e con il cellulare chiamò Camille
«Ciao scusa se ti disturbo ancora»
«Dimmi» la voce sembrava un sussurro, Jean intuì che probabilmente non poteva parlare, forse non era sola
«Appena puoi vieni da Eliane. Ho bisogno di chiederti una cosa»
«Va bene» riagganciò
Si era concentrato sull'idea che per colpa di qualche malattia del clochard non era stato possibile effettuare l'operazione, ma se invece non fosse stata possibile farla perché era il ricevente che aveva avuto qualche problema? Questo spiegava perché avessero mantenuto in coma il clochard e poi spedito alla clinica. Lì in ospedale non serviva, ma alla clinica avrebbero potuto usare i suoi organi per altri richiedenti che pagavano migliaia di euro.
© Dan Ruben

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IL CLOCHARD
Mystère / ThrillerParigi, una serie di morti misteriose si susseguono per le vie della città. Perché uccidere dei poveri emarginati? Delle persone che la società preferisce non vedere? Chi c'è dietro questi delitti?