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Appena sveglio la prima cosa che vide fu il led che si illuminava ad intermittenza del suo cellulare. Martinel aprì la schermata e lesse il messaggio di Jean dall'ospedale. Sorrise. Quel ragazzo era un ottimo investigatore, lo sapeva, ne era convinto da sempre. Ora non doveva fare altro che collegare quel Philippe Levian o comunque si chiamasse a Delacroix o a quell'avvocato, e poi a quel macabro mercato di organi umani. Chi era capace di una simile porcheria non meritava di vivere, Lafitte aveva ragione ma lui preferiva arrestarli e mandarli in galera per tutta la vita se poteva. Andò in cucina per prepararsi un abbondante caffè, la giornata sarebbe stata lunga ed estenuante, prima di prepararsi per andare alla gendarmeria. Appena arrivato in ufficio si sarebbe subito messo all'opera, anche se era domenica, quel caso aveva la priorità su tutto. Sofie avrebbe capito, d'altronde ormai dopo tutti quegli anni aveva imparato a conoscerlo, niente riusciva a distrarlo quando fiutava una preda. Prima di andare versò il caffè in una tazza e lo portò in camera da letto sul comodino vicino a sua moglie.

Almeno si sarebbe svegliata con il profumo del caffè.

***

Eliane aprì gli occhi. Questa volta con meno fatica delle altre volte. La luce del giorno filtrava dalle tende della stanza. Anche se la giornata era piovosa, la luce che entrava le dava sollievo, almeno non c'era il buio. Sentiva dolori per tutto il corpo, l'effetto dell'antidolorifico probabilmente stava attenuandosi pensò, d'altronde lei sapeva bene come funzionavano quelle cose. Girò lo sguardo verso l'uomo al suo fianco. Jean stava dormendo. Era rannicchiato sulla sedia accanto al suo letto, in una posizione che probabilmente nemmeno un contorsionista avrebbe potuto assumere. Però era lì, lì al suo fianco. Non l'aveva mai lasciata. Sorrise di gratitudine e con un senso di amore profondo, ora lo sapeva con assoluta certezza, quel poliziotto arrogante e un po' sbruffone, aveva completamente catturato il suo cuore. Un leggero colpo di tosse lo fece svegliare immediatamente. La prima cosa che fece appena aprì gli occhi fu cercare lei con lo sguardo. Eliane sorrise.

«Come stai?» chiese alzandosi con fatica dalla sedia

«Bene a parte i dolori ma sono normali» rispose lei decisamente più sveglia cercando di rassicurarlo

«Dio come sono felice»

«Come hai fatto a dormire su quella sedia?»

Jean si girò a guardarla, era decisamente piccola e scomoda «sinceramente non lo so» rispose sorridendo

«Perché non sei andato a casa?»

«Perché tu avevi bisogno di me» le si avvicinò chinandosi leggermente «non ti avrei mai lasciata da sola, non dopo che mi hai raccontato del tuo passato» le accarezzò il viso «volevo che lo sapessi, che anche se chiudevi gli occhi io sarei rimasto qua ad aspettare che ti svegliassi. Non sei sola Eliane, non lo sei più» sentiva gli occhi inumidirsi mentre le diceva quelle parole

«Grazie» sussurrò lei leggermente commossa. Non era facile per lei fidarsi di un uomo, non dopo tutto quello che aveva subito e cosa ancora più anomala, fidarsi di uno come lui. Jean probabilmente, come tipo di uomo, era agli antipodi del modello che lei aveva in mente, ma nonostante questo era arrivato così vicino al suo cuore che, aveva la sensazione, poteva toccarlo e stringerlo con una mano se solo lo avesse voluto.

Lo guardò per un tempo interminabile perdendosi nei suoi occhi, quello che aveva da dirgli le aumentava i battiti cardiaci fino a stordirla «credo di essermi innamorata di te poliziotto» sussurrò con decisione

Gli occhi di Jean si illuminarono «è l'effetto dell'anestesia» disse sornione

Lei si incupì leggermente «ma come? Ti dico che credo di essermi innamorata di te e tu dai la colpa all'anestesia?» sembrava leggermente contrariata

Il volto di Jean si aprì in un sorriso meraviglioso «dicevo che è colpa dell'anestesia se dici solo credo e non che sei perdutamente innamorata di me»

Lei si rasserenò «idiota» accennando però un sorriso «dicevo sul serio»

«Io invece, che non sono sotto effetto di farmaci, dico che sono sicuramente innamorato di te piccolo fiore di cactus. Di te e di tutte le spine imprevedibili che hai messo intorno a te per difenderti»

«Non hai paura di pungerti a contatto con le mie spine?» era timorosa

«No, non credo e comunque se dovessero ferirmi troppo, posso sempre spararti un'altra volta» rise di gusto

Eliane non riuscì a trattenere la risata che uscì insieme ad un colpo di tosse «scemo»

Lui si chinò per baciarla

«Non so se ti conviene ho l'alito di una morta» disse consapevole di come stava dopo l'anestesia e tutti i farmaci che aveva in corpo

«È una delle mie fantasie erotiche... la necrofilia» sorrise baciandola.

***

Dopo qualche ora di ricerche seduto sulla poltroncina del suo ufficio Martinel aveva ricostruito il quadro della situazione. Si alzò con un gesto di misurata soddisfazione, i conti sembravano tornare finalmente. Riguardò nuovamente le carte che aveva sul tavolo e gli appunti che aveva scritto su un foglio, la nebbia che avvolgeva quel caso si stava lentamente diradandosi davanti ai suoi occhi. Immediatamente convocò tramite messaggio sia Lafitte che Jean nel suo ufficio per metterli al corrente di quello che aveva scoperto. Si avvicinò alla finestra, era una domenica piovosa e cupa, ma per lui in quel momento era carica di felicità e di sole, probabilmente ora, aveva in mano la carta per far incriminare Delacroix. Ritornò alla sua scrivania prendendo in mano il foglio con gli appunti e la cronologia che aveva scritto. L'avvocato della "Finco" Maurice Marinon, aveva un fratello che si chiamava Gerard morto esattamente lo stesso giorno in cui era morto il tizio all'ospedale che aveva scoperto Jean, quel Philippe Levian risultato poi un nome inventato. Coincidenza? Forse, ma non era solo quella. Entrambi erano stati cremati nello stesso impianto, e entrambi si erano avvalsi della medesima agenzia di pompe funebri. Coincidenza? No, se si aggiungeva che quella agenzia era di proprietà, come la clinica "il risveglio" e l'impianto di cremazione, della stessa società "Finco" che ne era socia di maggioranza. Era sicuro che i corpi cremati non fossero due, ma uno solo, quello del fratello dell'avvocato Marinon. Come aveva scoperto Jean probabilmente quell'infezione improvvisa aveva impedito la possibilità di effettuare il trapianto, ma il clochard era idoneo e buono per altri pazienti e per questo era stato spedito in quella clinica. Perché quel povero cristo poteva fruttare molti quattrini con i suoi organi. Tutta questa sporca organizzazione, faceva capo a quella società: "la finco". La stessa società di cui una delle socie era Marguerite Ullan moglie di Paul Ullan direttore ospedaliero dell'ospedale superiore di Parigi e sorella del prefetto Delacroix. Come per magia, il cerchio si era definitivamente chiuso.

Ora, dovevano solo riuscire a trovare il modo per incastrarli.

***

Il messaggio arrivò nell'istante che le loro labbra si staccarono. Jean prese il cellulare e lo lesse mentalmente «devo andare in gendarmeria sembra urgente»

«Va bene» Eliane era tranquilla, si sentiva bene nonostante tutto in quel momento

«Non sono convinto di lasciarti» lui la guardava con timore

«Sto bene Jean e poi è giorno la stanza è illuminata e soprattutto so che tu ci sei e questo è importante per me» sorrise

Lui asserì con la testa «torno presto» le promise

© Dan Ruben

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