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«Per favore mamma non spegnere la luce» disse piagnucolando «ci sono i mostri nel buio»

«Non aver paura Eliane i mostri non esistono»

«Mamma per favore lascia la luce accesa» era spaventata

«Sei grande ormai, devi imparare a dormire con la luce spenta» chiuse la porta della stanzetta e spense la luce. Era il giorno del suo decimo compleanno, lo ricordava ancora. Si tirò su le coperte infilando anche la testa sotto, come a cercare di ripararsi da quell'oscurità che l'opprimeva e la terrorizzava. Credeva che nascondendosi il mostro non la vedesse, che in qualche modo la lasciasse stare. Sentiva ogni piccolo rumore in modo amplificato e il cuore martellarle nel petto per la paura. Non sapeva dire quanto tempo rimase lì rannicchiata e tremante, le sembrava fosse trascorso un secolo, quando terrorizzata lo sentì. Il cigolio della porta che si apriva. Non aveva il coraggio di mettere la testa fuori dalle coperte. Forse se stava ferma e in silenzio il mostro non l'avrebbe vista. Ma lui sembrava sapere esattamente dove era nascosta. Lo sentì sedersi sulla sponda del letto e la sua mano insinuarsi sotto le coperte e accarezzare il suo fragile corpo. Iniziò a piangere sommessamente mentre come colta da spasmi sentì la vescica che iniziava a lasciarsi andare.

«Shhh piccola Eliane, non vorrai svegliare la mamma?»...

Aprì gli occhi.

Buio.

Terrorizzata provò a muoversi. Si rese conto di essere legata e imbavagliata su una sedia. Non vedeva nulla e iniziò a tremare in modo violento. Era ritornata indietro nel tempo, il mostro era tornato. Cercò di fare forza nel tentativo di liberarsi. I polsi legati tra loro, si striavano di rosso ad ogni suo tentativo. La corda stretta la segnava e più cercava di fare forza più la corda le tagliava la carne facendole uscire sangue. Ma non poteva restare lì. Il buio la terrorizzava e nel buio, da sempre, c'era lui. Non riuscendo a liberare le mani provò ad alzarsi spingendo con forza sulle gambe. Nulla, per quanto si sforzasse tutto sembrava inutile. Era legata a quella sedia impossibilitata a muoversi. Impossibilitata a urlare o semplicemente a parlare, riusciva a respirare malamente, e sentiva un senso di soffocamento. Doveva essere in una specie di sgabuzzino senza finestre, aveva la percezione di uno spazio angusto e piccolo immerso nell'oscurità. Non poteva liberarsi e agitarsi non era decisamente la cosa migliore da fare. La parte razionale della sua mente stava cercando di farla calmare, doveva recuperare le forze per scappare alla prima occasione utile. Cercò di regolare il respiro, doveva rimanere lì e aspettare, solo aspettare. Lì immersa nel buio angoscioso delle sue paure.

***

Quando le auto della polizia entrarono nel giardino della clinica era già quasi sera. La pallida luce di un giorno autunnale si stava scurendo sempre di più. Jean scese dalla macchina e si avviò ad entrare.

«Dobbiamo aspettare il mandato» disse l'agente al suo fianco

Lui lo guardò. Sapeva che aveva ragione ma il pensiero che Eliane potesse essere in pericolo gli annebbiò la mente.

«Io entro a chiedere voi aspettate qua»

«Jean non fare cazzate» continuò l'agente «se entri senza mandato rischi grosso»

«Cazzo faccio solo qualche domanda» rispose irritato. Guardò il collega che sapeva stava soltanto cercando di proteggerlo

«Vado solo a chiedere se la dottoressa è stata qua» disse con tono decisamente più calmo

Varcò la porta a vetri che si aprì automaticamente avvicinandosi alla reception.

L'uomo sorrise cordialmente «buona sera»

«Buona sera. Vorrei sapere se la dottoressa Fontaine è stata qua oggi?»

L'uomo prese un'agenda e finse di controllare «si, è stata qua circa due ore fa» rispose mostrando la firma di Eliane

Jean sentì un tonfo al cuore «può dirmi in che stanza si trova?»

L'uomo sorrise «ho detto che è stata qua ma è anche già andata via» lo guardò «circa un'ora fa» chiuse l'agenda.

Jean percepì una strana sensazione «è sicuro che è andata via?»

«Certamente»

Jean si girò per uscire. Quell'uomo stava mentendo ne era certo. Gli aveva fatto vedere la firma in ingresso ma non gli aveva mostrato la firma in uscita nonostante lui avesse dubitato. Tornò in giardino dove c'erano gli altri agenti «dice che la dottoressa è andata via» disse rivolto al poliziotto «ma io non ci credo»

«Perché?»

«Perché non mi convince ho la sensazione che stia mentendo»

«Purtroppo, dobbiamo andare via»

Jean lo guardò «che succede?»

«Ha chiamato l'ispettore, il prefetto non firma nessun mandato con così pochi elementi» disse con viso costernato

«Cazzo, c'è la confessione di Bacol» affermò irritato

«Non so cosa dirti, Martinel dice di tornare» aveva il cellulare in mano

«Passamelo» allungando la mano

L'agente gli passò il cellulare

«Ispettore la dottoressa Fontaine è in questa clinica» disse Jean

«Jean purtroppo senza un mandato non possiamo perlustrare l'interno» rispose Mathys anche lui contrariato

Jean alzò gli occhi al cielo, le nuvole si stavano addensando «non me ne vado senza Eliane» disse

«Non hai la sicurezza che sia davvero lì» Martinel camminava avanti e indietro nel suo ufficio.

Jean guardò le auto della polizia con cui erano arrivati e come colto da improvvisa folgorazione corse seguendo la strada fin dietro la clinica dove c'era il parcheggio. Arrivò leggermente affaticato accanto all'utilitaria di Eliane. C'erano altre tre macchine parcheggiate e lui immediatamente fotografò le targhe mentre continuava a parlare con l'ispettore

«E' qua cazzo sono accanto alla sua automobile ferma nel parcheggio» urlò a Martinel

Ci fu qualche attimo di silenzio, poi l'ispettore si accasciò sulla sua poltroncina

«Entrate» ordinò.

Jean corse di nuovo davanti all'ingresso facendo segno ai suoi uomini di entrare.

Mathys Martinel accasciato sulla poltroncina del suo ufficio sapeva che, avendo dato quell'ordine, se non avessero trovato la dottoressa all'interno della clinica molto probabilmente avrebbe perso il lavoro.

"Jean Dubois spero davvero che il tuo istinto abbia ragione" pensò passandosi una mano tra i pochi capelli grigi che gli erano rimasti. Poi però il suo intuito di poliziotto gli insinuò un pensiero nella mente "perché nonostante la confessione di un indagato il prefetto non aveva acconsentito a firmare il mandato?"

© Dan Ruben

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