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Aveva lasciato la macchina nel cortile della gendarmeria ed era corso al primo piano. Si era accorto immediatamente dallo sguardo dei colleghi che l'aria che si respirava in caserma era decisamente pesante.

Quando Jean entrò nell'ufficio dell'ispettore, Martinel era su tutte le furie. Un altro clochard era stato rapito. Un altro rifiuto della società che si aggiungeva alla lista. Questa volta però, avevano un testimone che aveva visto quello che era successo, anche se non era stato molto utile per quel poveraccio. Nemmeno la targa del furgone aveva preso.

«Questo non ci voleva» era alterato mentre si girava verso Jean che era appena entrato «altri due uomini oltre quella specie di nazista da strapazzo di Enrich»

Jean rimase in silenzio, non aveva mai visto Martinel così infuriato

«Chi cazzo sono questi due e da dove sono usciti?»

Non sapeva cosa rispondere e visto il gonfiore livido di rabbia del collo dell'ispettore preferì restare in silenzio

«Appena un'ora fa il prefetto mi ha dato l'ok per far partire la sorveglianza su quello psicopatico che spuntano altri due individui?» lentamente si stava calmando. Jean approfittò per avvicinarsi alla scrivania dell'ispettore

«Probabilmente fanno tutti parte di una specie di banda» disse l'agente «seguendo Enrich troveremo tutti quelli che ne fanno parte»

Martinel lo guardò «voglio che ti occupi tu di organizzare la sorveglianza di quel figlio di puttana» disse usando questa volta un tono decisamente più tranquillo

Jean fu sorpreso, era un compito di grossa responsabilità e lui era solo un agente scelto alle prime armi, stava ancora studiando per diventare detective «ispettore sono onorato, ma credo che in squadra ci siano elementi più preparati di me per dirigere questa delicatissima operazione»

Martinel lo guardò in modo profondo «cosa credi? Che ti stia regalando qualcosa?» chiese «questo caso può mandarci tutti in malora e se decido di affidarlo a te so benissimo cosa sto facendo» si alzò dalla sua poltroncina e girando intorno alla scrivania si avvicinò a Jean «tu ragazzo mio sei un cane da caccia notevole, non ti sfugge nulla, riesci a notare anche i più piccoli particolari e sai entrare nella mente delle persone»

Jean lo guardava stupito e un po' spaventato

L'ispettore si fermò davanti a lui «cosa credi? Di essere capitato nella mia squadra per caso?» sorrise «ti ho scelto io ragazzo mio, ti seguivo fin dall'accademia, so le capacita che hai e so che non mi deluderai»

Jean era senza parole perplesso e stupito dall'affermazione di stima verso di lui che Martinel aveva fatto. L'ispettore gli dette una pacca sulle spalle in segno d'incoraggiamento «ho già comunicato al resto della squadra che dovranno rispondere a te»

***

Eliane aveva finito il giro di controllo nelle stanze del reparto chirurgia. Si avviò agli ascensori per salire al piano superiore. Mancava meno di mezz'ora alla fine del turno, meno di mezz'ora per rivedere Jean. Sorrise. Uscì dall'ascensore avviandosi alla stanza ventuno, voleva sapere come stava quel clochard. Fu felice di vedere la stanza vuota, significava che quel povero barbone si era ripreso. Tornò sui suoi passi fino al locale infermeria dove trovò una ragazza seduta dietro un monitor

«Ciao, scusa il paziente della ventuno, in che stanza è stato portato?»

La donna alzò gli occhi dal monitor «non te lo saprei dire ho preso servizio da poco» sorrise

«Puoi controllare per favore?» chiese Eliane

L'infermiera digitò qualcosa sulla tastiera «è stato trasferito in un'altra struttura» disse dopo un po'

Eliane si incupì «come trasferito?»

«Mi dispiace non so dirti altro»

Eliane si girò contrariata avviandosi con passo deciso verso lo studio di Corelli, non riusciva a capire cosa fosse successo.

Bussò.

«Avanti»

Lei entrò «ciao Carlo volevo chiederti se sapevi qualcosa del clochard della stanza ventuno»

Corelli gli fece cenno di accomodarsi «si Eliane, purtroppo abbiamo dovuto trasferirlo»

«Perché?» era sempre più stupita

«Decisioni superiori, troppo costoso tenerlo in questo ospedale. Era ancora in coma e per giunta senza assicurazione sanitaria»

Lei lo guardò sgranando gli occhi con rabbia «stai scherzando?»

«Purtroppo, no» ammise lui «non ho potuto fare nulla»

«Ma come stava?» chiese speranzosa lei

«Te l'ho detto, ancora in coma. Purtroppo, in modo irreversibile»

Eliane non voleva crederci «come è possibile? Sembrava rispondere bene?»

«Non lo so Eliane, qualcosa non ha funzionato a quanto sembra, ma sinceramente non saprei dirti cosa»

«E quindi lo avete abbandonato?»

Corelli sembrò risentirsi «purtroppo non è dipeso da me. Io non lo avrei mai trasferito»

«Non è giusto cazzo»

«Lo so, ma sono riuscito a trovargli un posto in uno dei centri più attrezzati del paese utilizzando qualche mia conoscenza»

«Dove?»

«Clinica "il risveglio" a cinquanta chilometri da Parigi» la guardò con un senso di dispiacere «mi dispiace Eliane, di più non ho potuto fare»

Lei era così piena di rabbia che avrebbe voluto spaccare tutto. Si girò nervosamente e uscì dalla stanza imprecando nella mente contro un sistema disumano che considerava le persone solo per il denaro che possedevano. Che schifo. E questa la chiamano società civile, cosa cazzo avrà di civile una società che abbandona i più deboli e bisognosi?

Decisamente incazzata si avviò verso gli spogliatoi, il suo turno di lavoro era finito per fortuna. Meno male che fuori avrebbe rivisto Jean. Almeno lui era onesto nelle sue imperfezioni. Pensare a lui le riportò lentamente un po' di calma. Quel poliziotto era terapeutico a quanto sembrava. E soprattutto era bello come un Dio. Sorrise leggermente. Sperava, questa volta almeno di avere più fortuna. Normalmente i suoi momenti di felicità avevano la durata di un lampo durante un temporale. Poi subentrava sempre solo la tempesta.

© Dan Ruben

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