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Eliane finì il turno e per l'ennesima volta guardò il cellulare con la speranza di trovarci la risposta di Jean. Ma per l'ennesima volta lo sconforto e la delusione, non trovando nulla, l'assalirono. Uscì dalla porta a vetri dell'ospedale e lo sguardo si posò nel punto dove, la sera precedente, lui la stava spettando. Quella sensazione di felicità che aveva provato in quel momento vedendolo appoggiato alla sua auto che la guardava le aveva fatto esplodere il cuore. Aveva rovinato tutto. Non sapeva che fare, se non gli rispondeva voleva dire che non voleva più sapere nulla di lei. Quindi era inutile andare a cercarlo a casa sua o in caserma. Salì in auto e uscì dal parcheggio. Impostò il navigatore del cellulare con l'indirizzo della clinica "il risveglio" e seguendo le istruzioni si avviò ad uscire da Parigi

***

Jean si riaccomodò di fronte all'uomo che era sempre più sudato e preoccupato. Riaprì la cartelletta e tirò fuori un foglio che posizionò davanti a Bacol. L'uomo guardò il tabulato del suo conto corrente

«Parlami di queste somme» chiese Jean indicando i vari versamenti di cinquecento euro a suo favore. Aveva già dato mandato all'ufficio informatico di verificare da quale conto arrivassero quelle somme.

«Mi pagavano per dei lavori che svolgevo» rispose strofinandosi le mani nel tentativo di asciugare il sudore. Sentiva sempre più caldo.

«Chi ti pagava?»

«Non lo so, non li ho mai visti»

«Come ti davano gli ordini?»

«Tramite lettera»

«Posta?»

«No, non veniva spedita. Mi veniva recapitata a mano nella casella delle lettere»

«Da chi?»

«Te l'ho detto non lo so»

«Andiamo, non prendermi per il culo. Qualcuno ti riempie di soldi per fare dei lavori e tu non sei mai stato curioso?» Jean si stava alterando

«Non mi interessava nulla, l'importante era che mi pagavano»

Jean prese dal fascicolo le foto di Enrich e dei suoi amici «qualcuno di loro è mai venuto a consegnarti gli ordini?»

«Non ho mai visto nessuno consegnare la posta» rispose Adam senza guardare le foto

«Guarda queste foto e dimmi se hai mai visto qualcuno di loro?» urlò

Adam sempre più sudato abbassò lo sguardo sulle foto sparse sul tavolo «no, non li conosco»

Jean si sistemò sulla sedia leggermente infastidito, quell'uomo non stava mentendo «cosa facevi quando ricevevi un ordine?»

Adam sospirò «nella lettera c'era la fotografia della persona e il luogo dove recuperarla e soprattutto il giorno esatto nel quale operare»

«Quindi ti venivano consegnati la data, il posto e la persona?»

«Si» abbassò lo sguardo con un senso di vergogna

«E tu eseguivi?»

«Si, due giorni prima della data scritta mi veniva recapitata la somma in modo che io potessi controllare che fosse tutto a posto e quindi procedere al prelevamento»

Jean si incupì «solo che non erano pacchi quelli che prelevavi, ma uomini» disse in modo nervoso e teso

«Loro mi hanno sempre detto che non gli avrebbero fatto del male che li avrebbero fatti stare bene» cercò di difendersi

***

Eliane parcheggiò l'auto nel piazzale situato dietro la clinica "il risveglio". Era in una zona semi deserta in mezzo ad un parco e si respirava davvero un'aria di pace in quel posto. Scese dall'auto notando che c'erano solo due macchine parcheggiate oltre la sua e si avviò all'ingresso. Le porte a vetri automatiche si aprirono al suo passaggio, e lei si trovò immersa in un elegante ingresso con il pavimento in marmo piante ornamentali e alcuni divanetti sulla destra probabilmente per l'attesa dei parenti. In quel momento non sembrava esserci nessuno tranne l'uomo alla reception che la guardava sorridendo mentre lei si avvicinava.

«Buon pomeriggio come posso esserle utile» disse l'uomo con un sorriso di circostanza stampato sul volto

«Buon pomeriggio a lei sono la dottoressa Fontaine e vorrei far visita ad un paziente che è stato trasferito da voi ieri mattina»

«Mi può dare il nome per favore?» chiese pronto a digitare sulla tastiera del computer

Eliane accennò un sorriso «purtroppo non so il nome. E' un clochard arrivato dall'ospedale maggiore di Parigi»

L'uomo sorrise «non si preoccupi, ho capito di chi sta parlando. E' al secondo piano, stanza trentasei» indicando gli ascensori in fondo al corridoio «è arrivato ieri mattina. Le chiedo cortesemente, prima di salire, di firmare il foglio delle visite e di spegnere il cellulare, sa per via dei macchinari che utilizziamo per i pazienti»

Eliane rispose al sorriso, firmò accanto all'ora d'ingresso poi prese il cellulare dalla borsa e controllato che non aveva nessuna risposta da Jean lo spense con un senso di delusione prima di avviarsi agli ascensori «grazie»

C'era qualcosa di strano in quel posto pensò, ma forse si stava facendo suggestionare dal fatto che, sapeva che i pazienti in quella clinica erano tutti in stato vegetativo. Certo anche l'uomo all'ingresso nonostante i sorrisi non la metteva a suo agio. Entrò nella cabina e schiacciò il pulsante del secondo piano, probabilmente era solo suggestione. Le porte si chiusero e la cabina partì mentre la sua mente tornava a Jean e alla sua assenza.

***

«Stare bene?» sorrise Jean «li facevano stare bene? E come?» era rabbioso e ironico non era possibile essere così ingenui come Adam sembrava essere.

«Parlami dei clochard morti» ordinò duro

«Non volevo è stato un'incidente» era sul punto di piangere

"E' stato un'incidente... uno, parla di uno, non parla degli altri morti" Jean in quel momento intuì ciò che era successo. Lo guadò cercando di capire cosa provasse. Dispiacere, angoscia e tristezza, era quello che vedeva nei suoi occhi «hai fatto tu la telefonata per chiamare l'ambulanza?» chiese con un tono più accondiscendente. Aveva capito che Adam si stava riferendo all'uomo morto dissanguato.

Adam alzò gli occhi su di lui, erano umidi «si, li ho chiamati io. Ma è stato un'incidente, dovevo prendere quel poveraccio e portarlo da loro. Ma lui improvvisamente ha tirato fuori una pistola» si passò una mano sul volto sempre più sudato «mi sono solo difeso» affermò esausto

Nella mente di Jean iniziava a comporsi il puzzle di ciò che era avvenuto

«Non volevo succedesse quello. Io volevo salvarlo» aggiunse Adam convinto

«Salvarlo come?»

«Non lo so come, io so solo che dovevo portarli da loro» rispose cercando di difendersi

«Portarli dove?»

«Alla clinica, dove li avrebbero curati» disse con convinzione «li avrebbero fatti guarire»

Jean lo guardò attentamente, quell'uomo sembrava davvero credere che la sua fosse un'opera di bene, che non ci fosse nessun reato in quello che aveva fatto

«Quale clinica?» chiese

«La clinica "il risveglio"» rispose Adam

Appena pronunciato il nome della clinica Jean si incupì e una fortissima sensazione di ansia lo assalì

Pensò subito ad Eliane. Guardò l'ora. Eliane aveva finito il turno e lui sapeva che stava andando in quella clinica.

... «In una clinica che si prende cura delle persone che giacciono in stato d'incoscienza. La clinica "il risveglio"»

© Dan Ruben

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