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L'agente di polizia percorse tutto il corridoio prima di fermarsi e bussare alla porta dell'ispettore Martinel.

«Avanti»

L'uomo in divisa entrò «Ispettore il prefetto chiede di lei, sta provando a cercarla al telefono ma dice che la linea risulta sempre occupata»

Martinel sospirò "forse perché non mi va di rispondergli" pensò ma invece disse «probabilmente perché sono occupato» poi guardò l'agente «riferisci al prefetto che appena mi libero vado da lui

«Va bene» rispose uscendo dalla stanza.

Martinel restò a fissare le schede che gli aveva fatto avere Jean relativi ad altre presunte scomparse di clochard avvenute nell'ultimo anno. Erano denunce di senza tetto scomparsi, erano sparse sulla sua scrivania. Era davvero impressionante quanti poveracci senza nome risultavano introvabili. Ma perché? A chi serviva tutto questo? Se l'uccisione di un barbone poteva avere un senso logico nella mente malata di un killer, magari per punirlo per qualcosa, far sparire i loro corpi a cosa serviva? Era questo che non aveva senso. Jean aveva ragione sembrava che non ci fosse razionalità in quello che questo presunto omicida faceva. A meno che, gli episodi in questione fossero non collegati tra loro. Immaginando che i killer fossero due, con due modus operandi differenti questo spiegava almeno alcune stranezze. Sulla sua scrivania c'erano ventuno schede relative a ventuno scomparse. All'obitorio c'erano tre corpi e un altro era in coma all'ospedale, ne mancavano diciassette. Che fine avevano fatto diciassette uomini? Possibile che nemmeno i corpi si ritrovassero? Senza contare quelli non denunciati. Quanto era profondo quel pozzo? Quello che lo faceva incazzare maggiormente era che erano dovuti arrivare fino a quel punto prima di accorgersi di quelle scomparse, dopo ventuno uomini, dopo ventuno emarginati, fantasmi che la società che si definisce civile preferiva non vedere. Se non si fosse trattato di clochard sicuramente quelle scomparse sarebbero venute a galla prima e magari indagando subito non si sarebbe arrivati fino a quel numero. Ventuno poveri disgraziati spariti nel nulla. Ventuno.

***

Aveva sistemato la sua stanza, messo a posto i vestiti che aveva tirato fuori la sera prima e si era perfino dedicata qualche minuto nel tentativo di distrarsi leggendo un romanzo. Inesorabilmente però la sua mente la riportava a Jean. Si era resa conto di continuare a rileggere le stesse righe senza afferrarne il concetto. Lo aveva detto dalla prima volta che l'aveva visto, quando ancora non si conoscevano: quel ragazzo era pericoloso. Continuava a pensare a lui, certo era bello come un Dio, ma era anche arrogante come non ne aveva mai conosciuti, sicuro di se, e con atteggiamenti detestabili. Allora perché ci usciva? Perché continuava a pensarci? Sbuffò chiudendo il libro e posandolo sul comodino. Non aveva nessuna intenzione di ricominciare a stare male per un uomo. Non era pronta a intraprendere nuove relazioni, qualunque esse fossero. Avrebbe approfittato di quella uscita per chiarire definitivamente con lui le sue intenzioni. Si, avrebbe fatto quello e poi basta, non lo avrebbe più rivisto, avrebbe chiuso in modo definitivo. Non voleva più soffrire per nessuno, soprattutto per un odioso arrogante poliziotto, che per giunta la considerava un'insicura e al pari di una pianta grassa.

***

Jean entrò nell'ufficio di Martinel. Era metà pomeriggio di una giornata che era stata pesante e faticosa per tutti quelli della squadra di Martinel, ma in modo decisamente maggiore per lui che era alla sua prima vera indagine e l'inesperienza spesso lo aveva portato in quelle ore a seguire piste che poi si rivelavano inutili. Però caparbiamente non aveva desistito cercando qualcosa che potesse sbloccare l'impasse che c'era.

«Ispettore c'è una cosa che forse potrebbe essere interessante» disse

Mathyas alzò lo sguardo sul suo agente «dimmi»

«Nei fascicoli di clochard scomparsi ho trovato uno che si faceva chiamare colonnello Martin, almeno a detta degli altri clochard che lo conoscevano»

Martinel lo guardò attendendo che proseguisse

«Questo colonnello risulta essere scomparso circa un mese fa, la denuncia era stata presentata da alcuni volontari che bazzicavano spesso la zona dove abitualmente dormiva. Ho pensato che forse il nome con cui si faceva chiamare era autentico, così ho provato a cercare negli archivi militari e sembrerebbe che in colonnello Martin Joseph sia realmente esistito. Per avere un ulteriore conferma ho preso la foto dagli archivi militari e sono andato a mostrarla ai sui amici clochard e al volontario che ha denunciato la scomparsa»

«Quindi?» chiese Martinel

«Quindi sappiamo che quel nome è reale perché anche se la foto era di qualche anno prima gli altri che dormivano con lui e il volontario lo hanno riconosciuto» sorrise. Lo sapeva non era molto ma almeno avevano identificato con certezza uno degli scomparsi.

L'ispettore si alzò avvicinandosi a Jean «fammi vedere la foto»

Jean aprì il fascicolo che aveva preso dagli archivi militari e mostrò la foto di un soldato in divisa con il berretto in testa della legione straniera.

«Era un legionario?» chiese Martinel

«Si, faceva parte dei corpi speciali e aveva diverse missioni a suo carico»

L'ispettore sospirò continuando a guardare l'uomo della foto "doveva avere quasi cinquant'anni se la data sul fascicolo era esatta" pensò «come si è ridotto a fare il clochard?»

«Postumi da stress post guerriglia, almeno a detta dei medici militari che lo avevano in cura» si passò una mano sul volto stanco «molti hanno un crollo quando ritornano a casa, magari la famiglia non c'è più, la donna che amavano non li ha aspettati e gli amici di un tempo non lo riconoscono. Questo messo insieme a quello che hanno passato in combattimento li fa crollare»

Martinel asserì «è un'ipotesi valida» poi spostò lo sguardo sul suo giovane agente «ottimo lavoro, prova a vedere se riesci a dare un nome anche a qualche altro facendo gli stessi controlli incrociati che hai fatto ora» gli posò una mano sulla spalla «io intanto vado a prendermi le sclerate dal prefetto» sorrise con una smorfia tirata sul volto «è tutto il giorno che lo rimbalzo, ma purtroppo ora mi tocca»

Jean non lo invidiava in quel momento, questo era la parte negativa del comando, le pressioni che ricadevano sulle spalle. Si scansò lasciandolo passare e lo seguì con lo sguardo mentre mestamente usciva dalla porta del suo ufficio.

***

Eliane aprì l'armadio che solo poche ore prima aveva risistemato. Qualche minuto dopo la telefonata aveva ricevuto da Jean un messaggio: "Non cenare andiamo in una pizzeria poco fuori Parigi dove il pizzaiolo italiano fa una pizza deliziosa" e poi più in basso aveva aggiunto "e soprattutto molto economica" con una faccina sorridente. Stronzo. Aveva valutato l'idea di rispondergli che non sarebbe uscita con lui né quella sera né mai, ma aveva deciso di affrontare la questione a quattrocchi. Quindi si trattenne dal rispondergli. Ora era giunto il momento di cominciare a pensare a cosa mettersi. Questa volta non le fregava nulla di dare una buona impressione. Visto che lasciarlo a bocca aperta non era servito a piegare quella sua arroganza tanto valeva che si mettesse qualcosa di decisamente più comodo. Un jeans e una camicetta casual potevano andare bene, con delle comode scarpe da ginnastica. In fin dei conti non le fregava nulla di quel poliziotto presuntuoso. Proprio nulla.

© Dan Ruben

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