Quando Martinel uscì dalla gendarmeria, l'ora di cena era passata da un pezzo. Aveva inviato un messaggio a sua moglie comunicandole che avrebbe fatto tardi nonostante avessero discusso la sera prima, ormai la conosceva e sapeva che la rabbia le era già sbollita come era sbollita a lui. La vita coniugale non è sempre rose e fiori, ma spesso le spine di una quotidianità fatta di monotonia e routine continuavano a pungere. Lui aveva la fortuna di fare un lavoro che gli piaceva, e che spesso alternava giornate calme e noiose a movimentate indagini che lo assorbivano completamente. Ma capiva Sofie, capiva la solitudine che, come una nebbia l'avvolgeva. I figli ormai grandi vivevano le loro vite lontano e si vedevano raramente e a lei non restava che un misero gruppo di pseudo amiche con il quale passare le giornate. Mathys sapeva che essere la moglie di un poliziotto non era semplice, vedere tuo marito uscire di casa la mattina e passare la giornata a sperare di vederlo ritornare a casa sano e salvo la sera, era decisamente snervante. Per questo negli ultimi anni appena riusciva ad accumulare qualche giorno di ferie, chiudevano la porta di casa e andavano a fare qualche viaggio. Il mese scorso avevano fatto una crociera spettacolare tra i fiordi Norvegesi. Sofie ne era rimasta estasiata e lui sapeva che l'aveva resa felice ed era stato bene anche lui. Per cinque giorni aveva staccato da tutto e visto posti incantevoli con dei colori che non credeva esistessero in natura.
Sull'altro lato della strada vide il chiosco del fioraio all'angolo ancora aperto. Attraversò con un'idea che gli girava in testa e ci entrò facendo tintinnare la campanella sulla porta. Sarebbe tornato a casa con un'orchidea, sapeva che Sofie amava quel fiore, per un certo periodo ne aveva coltivati diversi nel piccolo giardino dietro casa. Ne scelse una dai colori violacei a strisce davvero spettacolare. Sorrise. Chissà magari stasera riusciva a ritornare a dormire nel suo letto finalmente.
***
Nonostante quello che gli sarebbe costato, doveva ammettere che avevano mangiato bene ma soprattutto avevano entrambi goduto della rispettiva piacevole compagnia. Infatti, dopo i primi momenti di scherno e piccole provocazioni, anche grazie al vino, la serata si era sciolta e avevano iniziato a parlare molto raccontandosi ma soprattutto confidandosi i rispettivi sogni. Si erano accorti che il lavoro era importante per entrambi anche se in modo diverso. Per Eliane era realizzare il proprio desiderio di aiutare gli altri, che era quasi come una missione per lei, oltre che una valvola di sfogo contro una vita che spesso le metteva i bastoni tra le ruote nel tentativo di farla inciampare. Jean invece aveva sempre sognato di fare il poliziotto, anzi l'investigatore per essere esatti fin da quando era piccolo. Mentre lui raccontava lei provò ad immaginarselo piccolo e indifeso un po' anche per esorcizzare la paura che aveva di lui. Jean possedeva un magnetismo davvero unico che abbinava ad un aspetto eccezionale tanto che avrebbe fatto perdere la testa persino a una santa pensò lei. Quando il cameriere portò il conto che consegnò rigorosamente a lui, Eliane lo vide sbiancarsi in volto e cambiare l'espressione del viso tanto che in quel momento si pentì di aver portato così avanti quel gioco, avrebbe potuto prendere pietanze più economiche.
«E' alto?» chiese a bassa voce cercando di catturare il suo sguardo
«Decisamente»
Eliane si sentì in colpa «mi dispiace non pensavo, davvero» non sapeva come scusarsi «facciamo alla romana?»
Improvvisamente però la faccia scura di Jean si trasformò in un sorriso divertito «dottoressa dovrai fare molto di più che pagare la tua parte per farti perdonare» rispose allusivo col suo sguardo magnetico puntato in quello di lei. Eliane si sentì come spogliata da quegli occhi e questo l'imbarazzò moltissimo facendole salire una sensazione di disagio
«Ma tu pensi solo a quello?» disse a bruciapelo infastidita più che da lui, da come si sentiva lei in quel momento, dalla reazione che il suo corpo aveva avuto al solo pensiero di finire a letto con lui.
«Sto scherzando Eliane» rispose Jean «anche se credo che stare in sintonia a letto sia importante in una relazione»
«Che c'entra, tra noi non c'è nessuna relazione e poi anche io penso che la complicità in una coppia sia essenziale, ma non penso solo al sesso»
"Forse per questo Bernard ha preferito un'altra" stava per rispondere ma si trattenne diventando serio e continuando a guardarla. Eleine percepì subito quel cambio di umore
«Cosa volevi dire?»
«Nulla» taglio corto lui «andiamo?» chiese cercando di cambiare argomento
«Non trattarmi come una stupida» si stava innervosendo
«Non voglio trattarti in nessun modo, e non voglio farti incazzare. Hai ragione ho sbagliato io. Non dovevo buttarla sul sesso, scusami. Ho passato una magnifica serata in tua compagnia e stavo rovinando tutto col mio modo di fare» si alzò porgendo la mano alla donna «andiamo?»
Lei si alzò scura in volto «come vuoi» e senza prendere la sua mano si avviò verso l'uscita.
"Spinosa come un cactus" pensò lui seguendola fuori. Però doveva ammettere che era una meraviglia vederla muoversi davanti a lui.
Nel tragitto di ritorno verso casa nessuno dei due parlò, rimanendo chiusi in un mutismo pensieroso, solo dopo che Jean fermò l'auto sotto il portone di Eliane lei si girò verso di lui «lo ammetto» iniziò con un sospiro «sono uscita questa sera con l'intento di farti abbassare un po' le ali» si sistemò il vestito che sedendo era salito leggermente al di sopra delle ginocchia «non mi piace la tua arroganza e non mi piace la tua presunta sicurezza, ero convinta di non passare una serata piacevole visto il tuo atteggiamento spocchioso» si fermò un momento come a voler riflettere bene su cosa dire «invece devo dirti sinceramente che sono stata bena, sei più interessante dei tuoi atteggiamenti fastidiosi. Almeno fino a quando non hai deciso di chiudermi fuori» si fermò voltando lo sguardo davanti a lei e fissando la strada vuota illuminata dai lampioni.
«Mi dispiace Eliane, non so che dire. Anche io sono stato molto bene questa sera»
«Allora prova ad essere onesto»
«Lo sono»
«No, se non mi dici cosa ti è passato per la testa, se ti ostini a non parlarmi»
«Eliane davvero non ho nulla da dire»
«Non continuare a mentire, dimmi cosa hai pensato»
A quel punto Jean sospirò "perché era tutto così difficile" «ok vuoi che ti dica cosa penso?»
«Si»
«Va bene. Penso che tu parli della mia arroganza e della mia sicurezza come fossero cose di cui vergognarsi, in realtà credo che ti diano fastidio solo perché tu sei insicura e spigolosa»
Lei continuò a guardarlo in attesa che continuasse.
«Io ti infastidisco perché in un angolo del tuo essere tu vorresti assomigliarmi e invece vivi perennemente piena di paure. Quello che ti fa così tanta rabbia quando mi vedi è che sai che è anche per queste tue paure che Bernard ti ha lasciata per una ragazzina. Se fossi stata come me, lo avresti lasciato tu, anzi probabilmente non ti saresti mai adattata ad un tipo simile, te lo saresti scopato e gettato in un angolo come meritava, ma sostanzialmente non hai le palle per farlo. Per questo ce l'hai con me, perché non riesci ad essere uguale a me» aveva svuotato il sacco. Sperava di non averla ferita troppo e questo era in parte in contrasto con quella sua presunta sicurezza di cui aveva parlato prima. Ma francamente stava cominciando a non capire più quegli strani contrasti che gli riempivano la mente da quando aveva iniziato a conoscerla.
Eliane rimase per qualche istante colpita, come a riflettere su quelle parole, con il volto serio e nervoso, e una smorfia sempre più tirata. Poi nel momento in cui senti una piccola lacrima iniziare a forzare la palpebra aprì la portiera dell'auto «va a farti fottere poliziotto» gli urlò sbattendo la porta e correndo verso il portone. Jean la vide entrare e scomparire all'interno del palazzo, ma non se ne andò. Rimase lì, con una strana sensazione di malessere che gli cresceva nel petto, fermo in auto ancora per diversi minuti, continuando a rivedere, come un fermo immagine, il suo viso ferito e quella lacrima che, con violenza, stava per uscire sul suo volto.
© Dan Ruben
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IL CLOCHARD
Mystery / ThrillerParigi, una serie di morti misteriose si susseguono per le vie della città. Perché uccidere dei poveri emarginati? Delle persone che la società preferisce non vedere? Chi c'è dietro questi delitti?