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«Era la macchina di Carlo che stavi cercando alla clinica ieri?» chiese Eliane mentre andavano verso gli ascensori

«Si la macchina è la sua» Jean era pensieroso

Lei si accorse del suo umore «cosa pensi?»

Arrivarono agli ascensori «qualcosa non torna» disse lui.

Lei voleva sapere «cosa?» lo guardava speranzosa di sentire qualcosa da lui. Ma Jean restava perso nei suoi pensieri. «Va bene ho capito non vuoi dirmi nulla» cercando di intenerirlo, si imbronciò come una bambina a cui avevano appena rubato le caramelle.

Jean finalmente sembrò destarsi e guardandola sorrise «sei irresistibile se mi guardi in quel modo»

«Allora mi racconti?» si spalancò in un sorriso

«Vedremo»

«Stronzo»

«Lo so» le diede un bacio leggero mentre le porte dell'ascensore si aprivano «ci vediamo stasera a casa» avviandosi ad entrare nella cabina

«Aspetta! Il patto?»

«Quale?» fingendo stupore

«Non fare lo stronzo gli esami» si stava per innervosire mentre le porte iniziavano a chiudersi

«Te le ho già inviate sulla tua mail stamattina» sorrise «dovresti controllare più spesso la posta» muovendo le dita in segno di saluto e scomparendo dalla sua vista con la sua espressione divertita.

Le porte si chiusero.

"Era davvero uno stronzo... Però adorabile."

***

Si sistemò sulla poltrona aprendo una lattina di birra. Cominciò a pensare meticolosamente a quello che avrebbe fatto. Aveva visto il posto. Con estrema accuratezza aveva fatto il giro due volte calcolando tutte le possibili vie di fuga. Sapeva esattamente cosa fare, avrebbe portato con sé una bottiglia piena di benzina e gli avrebbe dato fuoco. Il fuoco purifica. Ora toccava al fuoco. Aveva lavato i peccati col sangue, aveva eliminato i pensieri malvagi del diavolo dalla testa e ora doveva purificare lo spirito. Solo così avrebbe eliminato quei rifiuti della società. Quella feccia lurida che sporcava la sua città. Lui era il purificatore, come aveva letto nella Bibbia, serve la punizione di Dio per liberare l'umanità dal male. Lui era quella punizione.

***

La prima cosa che aveva fatto arrivando a casa era stata controllare gli esami che Jean le aveva mandato sulla mail. Fu felice di vedere che aveva avuto ragione. Circa il 55% del glucosio e dell'ossigeno utilizzati dal cervello sono necessari per il mantenimento dell'attività elettrica. Quando vengono somministrati barbiturici in dosi tali da portare un paziente in coma indotto, si evidenzia una riduzione dell'attività elettrica del cervello che dovrebbe comportare anche una riduzione del metabolismo e della richiesta di ossigeno. Gli esami fatti riscontravano esattamente queste mancanze. L'indomani si sarebbe immediatamente recata alla clinica per iniziare la cura nel tentativo di far risvegliare il clochard. Era felice, tanto che aveva mandato immediatamente un messaggio a Jean comunicandogli la notizia. Lui aveva risposto che ne avrebbero parlato in serata perché voleva capire meglio esattamente come stavano le cose. Eliane, con il sorriso, visto ciò che aveva scoperto, iniziò a preparare la cena. Si sentiva bene, felice, poi però qualcosa scattò dentro di lei. Sentì attraverso i muri la coppia di vicini che stava litigando. Lentamente l'entusiasmo con cui era partita, andò via via scemando. Prese le ostriche che aveva acquistato al supermercato e guardandole immediatamente si rabbuiò. Ripensò all'incontro fortuito con Bernard nel negozio. E questo bastò. Inizialmente fu assalita soltanto da una rabbia feroce, poi però, continuando a sentire le urla provenire dall'altro appartamento, le sue antiche paure iniziarono ad insinuarsi nella sua mente. Il passato che saltuariamente alcune volte tornava ancora, aveva deciso di farle visita quella sera. La paura più grande era che potessero farle del male di nuovo, che il mostro ritornasse, magari travestito da un altro uomo. Era terrorizzata dal fatto che ciò che era successo e che aveva subito, potesse in qualche modo ripresentarsi alla sua porta. La rabbia l'umiliazione e il dolore non poteva cancellarle con nulla. Alcune volte si era resa conto che bastava una notizia sentita o letta di una donna che aveva subito violenza per trascinarla nel buio delle sue paure. Ma non era solo la paura del dolore fisico che aveva subito, anche se era stato atroce, quello che la devastava era il dolore psicologico. Non si guarisce mai da quello, quello te lo porti dentro per sempre, perché ritorna quando meno te lo aspetti. I ricordi che tornano, la paura che possa risuccedere, la diffidenza verso gli uomini, i sensi di colpa. Tutto questo l'aveva combattuto inizialmente uscendo in compagnia con le amiche, ricordava come per tutta la sua adolescenza non fosse mai uscita da sola, e soprattutto come avesse sempre cercato di evitare il buio. Ma tutto questo non era bastato, probabilmente il non aver mai raccontato a nessuno cosa era successo, non l'aveva aiutata, avrebbe dovuto oltrepassare quel muro enorme di vergogna e umiliazione e aprirsi con qualcuno. Ma non l'aveva mai fatto. Per tutta la sua vita era rimasta da sola in silenzio a combattere le sue paure. A cercare di eliminare il dolore. Anche la scelta di fare il medico forse, era dipeso da questo. La storia con Elisa aveva in parte attenuato quella sensazione d'angoscia, l'aveva aiutata a liberarsi, credeva di essere riuscita a uscire da quei ricordi. Ma non era così, alcune volte le capitava di ritornare in quel limbo di terrore e di sentirsi devastata. E quelle volte per diverse ore successive stava malissimo. Alcune volte le durava giorni. Maledizione! Non voleva che si presentasse adesso, non stasera che voleva stare con lui. Iniziò a tremare e corse ad accendere tutte le luci della casa e a controllare le chiusure di finestre e porte. Perché Jean non arrivava? Aveva maledettamente bisogno di non stare sola. Si accasciò contro il muro sedendosi a terra, rannicchiandosi e tremando sempre di più. Strinse le ginocchia al petto. Sentiva il suo cuore esploderle. La lite al di là del muro continuava. Ogni rumore, che si mischiava a quelle urla, ogni suono che proveniva dall'esterno la faceva sobbalzare. Iniziò a piangere.

"Jean per favore fai presto"

© Dan Ruben

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