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«Ciao Eliane, buona serata» la donna sorridendo entrò nell'ospedale mentre lei ne usciva

«Ciao Mary, buona serata anche a te»

Mary sorrise girandosi a guardare l'amica.

Eliane uscì dalla porta a vetri dell'ospedale e lo vide. Era in piedi con le braccia conserte appoggiato alla sua macchina. Illuminato dalla luce fioca di un lampione bello da sembrare irreale. Era lì. Era lì per lei. La rabbia che aveva provato fino a pochi attimi prima evaporò come per incanto e una sensazione di felicità le pervase il corpo. Mentre si avvicinava a lui vedeva alcune sue colleghe e le persone che passavano in quel momento per strada che lo guardavano immaginando e probabilmente invidiando la fortunata che quell'uomo stava aspettando. Quella fortunata era lei. Dio che sensazione meravigliosa. Si fermò difronte a lui. Jean le sorrise, disincrociò le braccia e la prese stringendola a sé.

«Giornata pesante?» chiese lui

«Decisamente» sentendo la forza delle sue braccia e poggiandosi al suo petto muscoloso. Riusciva a sentire i battiti del suo cuore.

Lui le sollevò il mento per guardare i suoi occhi

«Ho un sistema infallibile per far passare la stanchezza» accarezzandole il viso dolcemente

Eliane si sentì attraversare da brividi come scosse elettriche «non vedo l'ora di provarlo» rispose ammiccando maliziosamente

Jean la baciò. Nonostante le ore di lavoro, le sue labbra morbide sapevano di buono. La baciò con passione per diversi minuti incurante di tutti e trascinandola in un vortice di desiderio. Quando si staccarono lei si sentì come svuotata, come se gli avesse risucchiato l'anima, confusa, persa, insaziabile.

Lui le aprì la portiera e lei vacillando leggermente entrò in auto. Se fosse arrivata la fine del modo in quel momento, probabilmente non se ne sarebbe nemmeno accorta.

Mary apprensiva e leggermente preoccupata per quello che aveva visto, si allontanò dalla vetrata per andare verso gli ascensori. Doveva prendere servizio, ma quello che aveva visto le stava mettendo addosso ansia e preoccupazione. Forse era il caso di fare qualcosa.

***

L'uomo in camice bianco entrò nella stanza. Si sentiva solo il ronzio meccanico della macchina che pompava ossigeno. La stanza era buia, ma tanto al paziente sdraiato nel letto la luce non serviva. A nessuno dei loro pazienti serviva. In quel momento in stanza c'erano altre due persone inermi come l'uomo arrivato in mattinata. Guardò per un breve momento i valori che la macchina accanto al letto stava segnando. Poi prese la fiala di "propofol" e la siringa. Guardò di nuovo l'uomo nel letto valutandone il peso "circa settanta chili" pensò. Prese la siringa e la infilò nella fiala. Due milligrammi per chilo quindi centoquaranta milligrammi potevano bastare. Iniettò il contenuto della siringa direttamente nella vena del braccio dell'uomo sdraiato. Lo guardò ancora per un brevissimo momento poi si girò uscendo dalla stanza. Doveva dare la "medicina" anche ad altri ospiti. Sorrise, in fin dei conti era un lavoro tranquillo il suo, si guardò intorno: lettini con pazienti silenziosi. Si, decisamente un lavoro tranquillo.

***

Jean guidava gettando, di tanto in tanto, lo sguardo verso Eliane al suo fianco. Era strano come si sentisse quando stava con lei. Guidava nel traffico della sera quando incrociarono un'ambulanza a sirene spiegate che andava, in senso opposto, verso l'ospedale. Jean la vide passare e immediatamente si incupì. Quasi inconsciamente rallentò accostando a bordo strada. Lei si girò preoccupata

«Che succede?» chiese Eliane guardandolo con apprensione «non stai bene?»

Jean sembrò destarsi «no, no tranquilla tutto a posto» ma la sua mente continuava a pensare

«Allora perché hai quella faccia?»

«Perché mi sono appena reso conto di essere un perfetto idiota» rispose convinto

«Jean mi stai facendo paura» Eliane era sempre più preoccupata

Si girò verso di lei «vedi abbiamo sempre pensato alla casualità» disse accennando un leggero sorriso

Lei continuava a non capire e a guardarlo preoccupata

«Abbiamo dato per scontato che l'ambulanza si trovasse lì per caso»

«Lì dove?» chiese lei che non stava capendo nulla

«Quando hanno caricato il clochard investito» rispose lui

A quel punto lei cominciò a capire incuriosendosi «invece?»

«Invece erano già lì perché sapevano»

«Come fai a dirlo?»

Jean si rese conto che Eliane non era a conoscenza degli altri casi e che la sua era solo un'ipotesi dettata più dall'intuito che da prove al momento «perché c'è stato un altro caso dove l'ambulanza era stata chiamata da una telefonata anonima»

«Un altro clochard?» chiese lei

«Si, ma l'ambulanza sbagliò strada e l'uomo morì dissanguato»

Eliane si incupì rattristendosi «mi dispiace» sussurrò

Lui sembrava non averla sentita «questa volta invece volevano essere sicuri di arrivare in tempo» continuò. Poi dopo un attimo si girò a guardarla negli occhi «dobbiamo passare un momento in gendarmeria» aggiunse con decisione

«Va bene» era strano per Eliane vedere Jean così concentrato. Era un lato di lui che non aveva ancora conosciuto. Sembrava davvero preso dal suo lavoro in un modo completamente diverso da come se lo sarebbe immaginato.

Lui fece inversione in modo deciso avviandosi verso il commissariato. Eliane non smetteva di guardarlo

«Oggi ho saputo che quel clochard non è più ricoverato da noi» disse lei

«E dov'è?»

In una clinica che si occupa di persone in stato vegetativo: "la clinica il risveglio"

Lui si girò a guardarla notando il velo di tristezza sul suo volto «mi dispiace»

Eliane accennò un leggero sorriso «domani ho il turno di mattina, ma appena finisco vorrei andare a trovarlo» disse in modo perentorio. Era una decisione che aveva preso in quel momento, trascinata dall'onda di quello che aveva sentito. Quel pover'uomo non sarebbe rimasto solo. Non finché ci fosse stata lei.

© Dan Ruben

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