4

420 68 61
                                    

Jean aprì gli occhi. Una pallida luce che attraversava le tende alle finestre illuminava leggermente la stanza. Per un brevissimo istante cercò di mettere a fuoco la situazione spostando gli occhi per guardare ciò che lo circondava. Non era la sua casa. Si voltò a guardare il corpo della donna che ancora dormiva al suo fianco, con un sorriso di compiacimento ricordò la notte trascorsa, non era andata affatto male per essere un primo appuntamento. Erano finiti a casa di Camille dopo solo un paio d'ore di musica assordante e qualche bicchiere di vodka. Si alzò facendo attenzione a non svegliarla e senza preoccuparsi di vestirsi si avviò al bagno, tra un paio d'ore avrebbe dovuto prendere servizio alla gendarmeria.

***

Eliane uscì dall'ospedale mentre i raggi di un pallido sole iniziavano a svegliare la città. Con passo stanco si avviò verso il parcheggio, era stata una nottata pesante, era già la terza che faceva al pronto soccorso, ma fortunatamente era anche l'ultima. Ora aveva due giorni tutti per lei, due giorni per non pensare all'ospedale, ai pazienti e ai loro problemi e cercare di recuperare le forze, anche se, lo sapeva bene, non sarebbero stati purtroppo due giorni di riposo. Con un senso crescente di sconforto ricordò che doveva ancora andare a ritirare le sue cose da Bernard e questo la rattristì immediatamente, il pensiero di rivederlo le metteva addosso un'ansia e una rabbia che aveva paura potesse farla esplodere da un momento all'altro. E pensare che lo aveva amato con tutta se stessa. Salì in auto cercando di controllare il respiro, perché si era resa conto che pensare a lui ancora le faceva male. Dopo qualche secondo, che le servì a tranquillizzarsi, mise in moto e si apprestò ad uscire dal parcheggio dell'ospedale. Si sarebbe fermata dal fornaio vicino casa per prendere due croissant caldi per colazione da dividere con la sua coinquilina prima di salire a casa e affrontare questi due giorni di riposo forzato che forse una parte di lei avrebbe preferito non affrontare. Almeno quando il lavoro le occupava interamente la giornata poteva non pensare alla sua vita, invece così ... Così sarebbe stata costretta a fare i conti con i suoi fottutissimi fantasmi.

***

Si era messo un asciugamano intorno ai fianchi ed era andato in cucina per preparare due tazze di caffè mentre Camille dormiva ancora. Nell'istante che il bollitore iniziò a borbottare notò al centro del tavolo una piccola piantina di cactus ornamentale e inconsciamente nei suoi pensieri si formò l'immagine della dottoressa Fontaine. Spinosa come un cactus, sorrise ripensando a quella associazione che la sua mente aveva fatto su di lei. Versò il caffè nella tazza e ritornò nella camera da letto. Camille stava ancora dormendo sdraiata tra le lenzuola completamente nuda. Posò la tazza sul comodino accanto a lei e restò per qualche istante ad ammirare il suo corpo. Era davvero una donna molto bella. Si voltò avviandosi davanti alla finestra a guardare la città che si risvegliava al di là dei vetri sorseggiando di tanto in tanto il caffè nella tazza. Lei si svegliò con il profumo di caffè che le riempiva le narici. La prima cosa che vide aprendo gli occhi fu Jean davanti alla finestra che guardava fuori dandole le spalle. Era completamente nudo coperto solo da un asciugamano intorno ai fianchi. I capelli mossi leggermente lunghi che gli arrivavano quasi al collo, il corpo muscoloso e il riflesso del sole che entrava dalla finestra lo facevano somigliare ad uno di quei bronzi che aveva visto disegnati sui libri di storia. Sorrise ripercorrendo mentalmente la notte trascorsa, se lo era scopato alla grande. «Buongiorno» sussurrò lei stiracchiandosi tra le lenzuola.

Lui si voltò a guardarla «ben tornata tra noi» sorrise.

In quel momento con il gioco di luci del sole che entrava nella stanza, Camille notò che aveva una certa somiglianza con l'attore Banderas da giovane. Bello e ribelle come un Dio. Si tirò su poggiandosi alla spalliera del letto e il lenzuolo le scivolò scoprendo un seno pieno e prosperoso «grazie per il caffè» disse prendendo la tazza dal comodino.

Jean le si avvicinò «grazie a te per la splendida serata» rispose sedendosi sul letto. Posò la tazza sul comodino e scostò il lenzuolo che ricopriva in parte il corpo di lei per vederla completamente nuda «ho ancora un po' di tempo prima di riprendere servizio, che ne dici di fare colazione insieme?» chiese iniziando a fare scivolare la sua mano sul corpo di lei.

Camille fu percorsa da un brivido appena sentì il tocco delle sue dita «che genere di colazione avevi in mente?» sorrise maliziosa.

Lui si chinò a baciarle il collo per poi scendere verso il suo seno «io mangio te, tu mangi me» sussurrò prima di prendere il capezzolo già turgido tra le sue labbra.

***

Martinel entrò nell'ufficio con un leggero fastidio alla schiena, aveva passato una notte agitata, le continue discussioni con sua moglie gli facevano perdere spesso il lume della ragione rendendolo nervoso. Nonostante avesse preso il cuscino e la coperta e si fosse sistemato sul divano della sala, per stare lontano da lei e cercare un minimo di tranquillità, lo stesso era rimasto gran parte della notte a fissare il soffitto bianco. Un po' di colpa era anche per il divano nonostante avessero speso una notevole cifra qualche anno prima per acquistarlo, era pur sempre un divano in pelle e non certo un comodo letto come il suo, che per inciso dopo qualche ora, stava già rimpiangendo valutando l'idea di ritornare da lei. Ma sarebbe rimasto lì, non l'avrebbe data vinta a Sofie, era una questione di principio. Nonostante gli anni che si conoscevano, lei aveva ancora la capacità di riuscire a fargli salire il sangue alla testa con discussioni inutili e spesso infruttuose. Ma nonostante tutto era ancora innamorato di lei e tornando indietro avrebbe rifatto la medesima scelta. Rimanere così a fissare il soffitto però, lo costringeva spesso a pensare a tutto quello che era accaduto durante il giorno. Le immagini si accavallavano nella sua mente una sull'altra e così in un momento imprecisato della notte ripensò ad una affermazione che aveva fatto la dottoressa Fontaine: il clochard era un donatore! Quindi con la foto dell'uomo fatta in ospedale, potevano fare il giro di tutti i centri di prelievo di sangue della città per vedere se trovavano qualcuno che lo riconoscesse e sapere così con che nome si fosse registrato. Con il test del DNA avevano stabilito che aveva circa quaranta tre anni ma non erano risaliti a nessun genoma compatibile, almeno quelli registrati nel data base della scientifica, risultava però che aveva origini Arabe con una percentuale bassissima di compatibilità con un certo Chaveleir Alphons. Un avvocato che però non aveva riconosciuto l'uomo nella foto che gli avevano mostrato. Quindi erano ancora al punto di partenza. Si sedette sulla sua poltroncina imbottita sentendo subito un piacevole benessere alla schiena e dopo aver acceso il computer chiamò con l'interfono l'agente Jean Dubois per affidargli la ricerca. Era giunto il momento di affidare a quel ragazzo qualche incombenza investigativa pensò mentre sul monitor del computer scorrevano i titoli dei giornali della mattina.

***

Eliane era madida di sudore. Si alzò a sedere e guardò la sveglia. Erano passate solo due ore da quando si era sdraiata con la tazza del thè caldo che aveva messo sul comodino. Doveva essersi appisolata e un incubo l'aveva svegliata. Un incubo, niente di preoccupante, non ricordava nemmeno che cosa l'aveva spaventata al punto di svegliarla. Stava per rimettersi a dormire quando un grattino furtivo proveniente dalla finestra le procurò un tremito di antiche paure. Aveva chiuso le tapparelle nel tentativo di non far entrare la luce del giorno e poter recuperare qualche ora di sonno, ma il buio in quel momento la terrorizzò. Era sicuramente il vento che picchiava sulle tapparelle, lo sentì ancora, il vento, solo il vento, ma in quel momento si ritrovò bambina spaventata dai mostri della sua cameretta. Aveva sempre avuto paura dei mostri. Da piccola credeva che si insinuassero di soppiatto nelle camerette per trascinare i bambini nelle loro fetide tane...

Su Eliane non preoccuparti non è nulla. Non piangere ci sono qua io ora. Hai di nuovo bagnato il letto piccola mia, sta tranquilla non c'è nessun mostro. Ora vai a lavarti che io cambio le lenzuola e ti rifaccio il letto. Prometto di non dire nulla a papà. Adesso vieni qua tra le braccia della mamma...

Eliane si strinse il cuscino al petto temendo per un momento che realmente avesse fatto la pipì a letto. No grazie a Dio le lenzuola erano asciutte. Acqua, aveva bisogno di un bicchiere d'acqua. Aveva la gola secca. Gettando da parte le coperte buttò le gambe di lato. Rovistò sul comodino alla ricerca dell'interruttore della lampada, ma nel farlo urtò la tazza mezza piena di thè ormai freddo che aveva lasciato lì qualche ora prima.

"Merda" pensò. Il thè si rovesciò sul letto. Accese la luce. Che tocco ironico proprio del colore giusto. Seccata guardò le lenzuola macchiate. Il suo primo giorno di riposo iniziava davvero bene.

© Dan Ruben

IL CLOCHARD Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora