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Il cellulare si illuminò prima con la vibrazione poi iniziando il motivetto della suoneria preimpostata. Jean era ancora sprofondato nel sonno. Continuò a suonare finché non si svegliò afferrandolo. Era Martinel. Spostando lo sguardo in alto sullo schermo guardò l'ora, mancavano dieci minuti alle cinque.

"Accidenti"

«Pronto» biascicò mentre volgeva lo sguardo verso la donna al suo fianco. Camille aprì un occhio per guardarlo, poi si tirò su le coperte girandosi dall'altro lato.

«Jean» la voce era tesa «un altro clochard»

Il sangue gli si gelò nelle vene «dove?»

«Dietro il Louvre. Io sto già andando lì»

Scese dal letto «la raggiungo immediatamente».

***

Il posto era pieno di poliziotti oltre ad alcuni curiosi già in piedi a quell'ora del mattino. Mostrando il distintivo Jean passò il cordone che era stato messo per delimitare la zona avvicinandosi al corpo steso a terra chiuso dentro a un telo nero e all'ispettore fermo lì vicino.

«Questo almeno ha un nome» disse Martinel appena lo vide mostrando un documento d'identità «si chiamava Jerard Califfe di origini Algerine»

«Come è morto?»

«Gli hanno spappolato il cranio»

Jean rabbrividì

«Un colpo alla testa» continuò Martinel «presumibilmente mentre stava dormendo» aggiunse poi «un unico colpo sembrerebbe una mazza o qualcosa del genere»

Jean non sapeva che dire «non è stata trovata l'arma?»

«Al momento no» era pensieroso

Jean si spostò per lasciare passare il coroner «chi l'ha trovato?»

«Una pattuglia della stradale di passaggio»

«Nessuna telefonata anonima?» chiese ripensando al fascicolo che aveva letto la mattina precedente

«No. Nessuna» si incamminò per tornare alla sua auto con Jean al suo fianco

«La stampa ci massacrerà» affermò Martinel già preoccupato dalle ripercussioni che a breve sarebbero ricadute su di lui «dobbiamo dare qualche risposta al prefetto altrimenti finiremo sulla graticola»

«E' stato trovato qualcosa? Un indizio che ci possa far procedere?» chiese speranzoso Jean

«Al momento nulla» sospirò l'ispettore «speriamo che l'autopsia ci dia qualche elemento in più» Poi spostando lo sguardo notò in fondo alla via una telecamera di sorveglianza posta in alto. Forse poteva aver ripreso qualcosa. Si girò verso un agente «vai a recuperare il video di quella telecamera» ordinò. Si rigirò verso Jean «magari non servirà a nulla ma non lasciamo niente di intentato»

Il giovane agente sembrava dubbioso

«Può essere che questi omicidi non siano collegati?» chiese improvvisamente

«Non lo so Jean, non abbiamo elementi per elaborare nessuna ipotesi» Poi però si fermò girandosi di nuovo incuriosito verso di lui «cosa ti fa pensare che non siano collegati?» chiese Martinel

Jean si passò una mano sul volto era un'ipotesi un po' azzardata, ma era quella che gli era venuta in mente leggendo il fascicolo la mattina precedente «non ho prove, è solo una sensazione»

L'ispettore restò a guardarlo aspettando che continuasse

«Il modo in cui sono stati uccisi non mi convince» si decise alla fine a confidare i suoi dubbi

«In che senso?»

«Un clochard è vivo in ospedale, un altro sarebbe probabilmente sopravvissuto se l'ambulanza fosse arrivata in tempo. Questo invece no. Questo Jerard Califfe è stato ammazzato brutalmente sul posto. Sembra quasi che chi ha commesso gli omicidi ammesso che sia la stessa persona scelga chi sopprimere e chi invece solo punire con una lunga degenza ospedaliera»

Martinel restò a guardare il suo agente come a valutare ciò che aveva detto. In effetti aveva un senso. «Gli altri due clochard scomparsi?»

«Nessuno sa niente, ho inserito le informazioni nel database della centrale ma al momento nessuna risposta. Ho provato anche a controllare se gli altri due clochard uccisi fossero donatori, ma non risultano negli archivi di nessun centro»

Martinel sospirò «cazzo» poi si fermò di fronte a Jean «segui il tuo istinto» gli disse «spesso ci aiuta più delle prove raccolte» continuò prima di entrare in auto per avviarsi alla centrale. Sarebbe stata una lunga giornata ne era certo.

***

Non aveva praticamente chiuso occhio. Le parole di Jean le giravano nella testa come un vortice. Il fatto era che, analizzando a mente fredda quello che aveva detto si era resa conto che lui aveva ragione. Questo le aveva fatto ripensare alla sua vita, agli episodi che più l'avevano ferita e umiliata, e che una senza palle come lei, come lui l'aveva definita, aveva dovuto ingoiare. Aveva messo lo studio davanti a ogni cosa, si era trincerata dietro quello sacrificando anche parte della sua vita, e questo sì, per riuscire a realizzare il suo sogno di diventare medico, ma tutto questo aveva avuto un costo. Aveva rinunciato a tante cose, ma poteva affermare con sicurezza che tutto quello che aveva ottenuto lei lo aveva ottenuto con sudore e merito. E' vero non si era divertita nella vita, aveva fatto molte scelte sbagliate compresa Bernard. Aveva sempre dato tanto agli altri ottenendo in cambio pochissimo. Questo a lungo andare l'aveva fatta chiudere in se stessa rendendola dura e intollerante verso il prossimo. Spigolosa aveva detto Jean. Probabilmente era vero. Ma cazzo sfidava chiunque a rimanere sorridente e gentile dopo quello che aveva dovuto subire. Cosa conosceva lui di lei? Nulla. Non aveva mai camminato con le sue scarpe, non aveva mai dovuto sudare nulla probabilmente, come invece aveva fatto lei. A lui, a tutti quelli come lui, bastava un sorriso per ottenere ciò che volevano ed erano pronti a passare su tutti pur di ottenerlo. Lei non sarebbe mai diventata così.

Si alzò dal letto infilandosi le ciabatte. Aveva ancora tutti i vestiti sparsi per la stanza. Non capiva perché se la stesse prendendo tanto. In fondo quel poliziotto non faceva parte della sua vita, e poi era stata lei a chiedergli di essere onesto e dirle ciò che pensava. Perché ora era così incazzata? Perché aveva reagito così uscendo dalla sua auto? Si avviò verso il bagno fermandosi però sulla porta con le mani sui fianchi. Perché? Perché lui aveva ragione, era piena di paure, insicura e intollerante. Si immaginò tra qualche anno sola e circondata da gatti randagi che avrebbe accolto in casa per compagnia. Che stupida era stata, invece di uscire dalla sua auto avrebbe dovuto rispondergli per le rime. Si odiava per questo. Era uscita con lui per dargli una lezione ed era tornata con le ossa rotte, possibile che nonostante gli anni che aveva, fosse ancora così ingenua? Possibile che non imparava mai?

***

Guardò il cellulare.

La notifica lampeggiava in alto sullo schermo. Era la banca che gli comunicava la spesa della sera precedente al ristorante: centottantaquattro euro "cazzo, Eliane gli aveva fatto davvero uno scherzo coi fiocchi". "Eliane ..." Ripensò a lei. Il suo viso triste mentre scendeva dalla sua auto. Forse aveva esagerato a dirle quelle cose. In fondo chi era lui per giudicarla? Nessuno. Non capiva però perché si sentisse dentro quella sensazione come di colpa. Non era riuscito nemmeno a stare bene durante la notte con Camille. Era avvolto tra quelle lenzuola, ma era come se al letto con lei non ci fosse lui. Che cazzo gli stava succedendo? Non gli era mai fregato nulla del giudizio delle donne con cui usciva, o delle lacrime che versavano per lui quando finiva una storia. Perché invece ora quella piantina di cactus spigolosa e dura gli faceva così male?

© Dan Ruben

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