21

257 54 86
                                    

La serata era autunnale ma non eccessivamente fredda. Percorrendo la strada di casa di Eliane passarono accanto alla sua utilitaria parcheggiata a ridosso del marciapiede. Jean fermò l'auto sotto casa sua, esattamente davanti al portone. Lei sembrava come persa, pensierosa. Non aveva più detto una parola da quando aveva preso il libretto e le chiavi dal cassettino del cruscotto. Credendo che la colpa fosse delle fotografie di quei clochard morti che avevano visto, si avvicinò per rincuorarla. La reazione di Eliane lo sorprese. Si allontanò da lui in modo veemente «non toccarmi» disse

Jean non capì «che succede?» chiese preoccupato e sorpreso.

Lei, che aveva mantenuto lo sguardo fisso davanti a sé, si girò a guardarlo «conosci un'infermiera di nome Camille?»

Lui buttò fuori l'aria che aveva accumulato per la tensione con un sospiro «si» accasciandosi sul sedile

Lei lo guardò «sei un bastardo» disse rabbiosa

«Non capisco cosa c'entri Camille?»

«Cosa c'entra?» gli urlò in faccia «io ho odiato Clodette con tutta me stessa e non voglio essere la Clodette di Camille capisci?»

Jean era spiazzato «no, non capisco Eliane»

«Tu uscivi con me mentre eri con lei» era rossa in viso

«Non è così» cercava di calmarla

«Non voglio più vederti» mise la mano sulla maniglia pronta ad aprire la portiera

«Aspetta» gridò Jean «non andartene. Non scappare chiudendomi fuori dalla tua vita»

Lei lo guardava rabbiosa pronta ad uscire da quella macchina

«Non lo fare, per favore» continuò lui cercando di calmarsi e di calmarla «vuoi che sparisca dalla tua vita? Ok lo farò se è questo che vuoi, ma prima ascoltami per un minuto»

Eliane rimase con la mano sulla maniglia ma non aprì la portiera, non ancora e lui proseguì «è vero quando ti ho conosciuto mi vedevo con Camille» si girò verso di lei sistemandosi sul sedile «mi vedevo con lei come mi vedevo con molte altre, ma questo prima che tu invadessi la mia mente come un virus» nell'istante stesso in cui pronunciava quelle parole, stava prendendo coscienza di una verità che non aveva ancora voluto prendere in considerazione fino a quel momento «non sono più uscito con Camille come non sono più uscito con nessun'altra da quando sei entrata nella mia vita» era la prima volta che si sentiva così. La prima volta che provava quelle cose per una donna. La prima volta che lottava per mantenere un rapporto. Generalmente era il contrario quello che faceva, preferiva fare in modo di essere lasciato. Portava avanti una relazione fino allo sfinimento e lasciava alla lei di turno l'incombenza di chiudere. Ora però era diverso. Ora per la prima volta non voleva chiudere.

Eliane scosse la testa «no, no, non mi freghi con la storia che tra noi è diverso» lo sapeva che sarebbe finita così, lo aveva già previsto che avrebbe sofferto. Meglio ora, meglio all'inizio piuttosto che dopo anni, meglio subito, non come con Bernard

«Io non voglio farti credere nulla e non voglio venderti niente Eliane, io ti sto dicendo cosa provo» era sincero, lo era sempre stato. A modo suo non aveva mai preso in giro nessuna tantomeno lei

Lei lo guardò: era ancora piena di odio e di rabbia. Si sentiva delusa e umiliata, presa in giro da un arrogante sbruffone che si era preso gioco di lei.

Aprì la portiera

«Addio poliziotto» e uscì dalla macchina correndo al portone.

Lui restò a guardarla.

Nel momento in cui il portone si chiuse alle spalle di Eliane, Jean si sentì svuotato. Colpì con un pugno il volante della sua macchina provando un dolore nel petto come non ne aveva mai provato.

E per la prima volta nella sua vita si sentì veramente solo.

***

Il pub era immerso in una tetra penombra. Un televisore sopra il bancone trasmetteva la replica di una partita, ma il volume era stato messo al minimo. Enrich era seduto a bere birra insieme a quattro persone. Ridevano e bevevano amichevolmente cercando uno svago in quella serata noiosa e di routine. Tutti quelli seduti a quel tavolo erano stati fotografati e già segnalati alla gendarmeria nell'istante stesso che si erano seduti accanto ad Enrich. Lui viveva solo e nel momento che aveva lasciato il suo appartamento due tecnici della scientifica travestiti da operatori del gas erano entrati nella sua casa per nasconderci dei microfoni. Niente era stato lasciato al caso. Martinel aveva potuto constatare che la sorveglianza che Jean aveva predisposto su quell'uomo era fatta in modo eccellente e meticoloso. Non si sbagliava su quel ragazzo, era davvero in gamba.

***

Entrò in casa trattenendo a stento le lacrime. Era delusa e rabbiosa. Si era fidata di lui, e aveva sbagliato. Ancora... Ancora commetteva gli stessi errori. Come aveva potuto credere che Jean fosse diverso. La stanza era al buio, aveva sempre avuto paura del buio, nel buio c'erano i mostri della sua infanzia che ancora non era riuscita a sconfiggere. Spesso troppo spesso il passato tornava a terrorizzarla. Accese la lampada sul suo comodino, nella luce si sentiva al sicuro e si sedette nella penombra sulla sedia a dondolo accanto al letto, ricordando come era stata con lui, immaginando quello che avrebbe potuto essere ma non sarebbe mai stato. E pianse, dando sfogo a tutta la rabbia che aveva dentro. Come aveva potuto usarla così. Stare con lei e scoparsi Camille. Dio che figlio di puttana. Allungò una mano per prendere i fazzoletti sul comodino. Si asciugò le lacrime, si sarebbe rialzata anche stavolta. Era più forte di tutte le avversità e di tutti gli stronzi che c'erano sulla faccia della terra. Si disse per darsi forza. Ma mentre lo disse ripensò a lui, a come erano stati insieme, a quello che la sua vicinanza le faceva provare. Nonostante la sua arroganza, e le loro diversità, c'era stato un momento in cui ci aveva creduto. Aveva creduto davvero che finalmente fosse arrivata la felicità per lei, che nonostante tutto lui fosse quello giusto, quello che con il suo amore l'avrebbe aiutata a sconfiggere finalmente i mostri. Per un brevissimo momento ci aveva davvero creduto. Ma la sua vita era da sempre stata così. Come un lampo durante un temporale. Quella era la durata della sua felicità. Un lampo, e poi solo pioggia e devastazione.

© Dan Ruben

IL CLOCHARD Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora