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Il suono costante e acuto della sirena dell'ambulanza gli trapassava le tempie. Era seduto accanto a lei sdraiata sulla lettiga mentre l'ambulanza viaggiava a velocità elevata tra le vie deserte della città. Gli sembrava di vivere un incubo. Solo pochi minuti prima erano sdraiati insieme nel letto. Si sentiva frastornato e colpevole per ciò che era successo. Era sporco del suo sangue, del sangue della donna che amava. Appena si fu reso conto che aveva colpito Eliane, immediatamente corse da lei, posando la pistola a terra, con le dita cercò di fermare la fuoriuscita del sangue. Usò le dita come fossero i becchi di una pinza, facendo quanta più pressione riusciva cercò di chiudere la vena che spruzzava sangue come una fontana, schiacciandola. Lei aveva perso i sensi nell'istante in cui era caduta a terra. Non avrebbe dovuto portarla con sé, ma soprattutto si chiedeva come avesse fatto a non accorgersi che lei era dietro di lui. L'immagine di lei a terra con tutto quel sangue, era stato come essere squarciato da una scimitarra affilata, un dolore indescrivibile, inumano. Cercava a forza di trattenere le lacrime. Maledizione non voleva perderla, non ora che l'aveva trovata, ora che era arrivata così vicina al suo cuore come nessuna mai. Si era subito sentito attratto da lei dal primo istante che l'aveva vista, ma quello che più lo aveva colpito, era quella strana forza mista a dolore che vedeva nei suoi occhi, e che la rendevano così vera e diversa da tutte le altre. Mentre ora, nell'ambulanza, era il medico che cercava di fermare l'emorragia lui le prese la mano stringendola. Aveva capito di amarla, ma ora che si stava rendendo conto che rischiava di perderla, era terrorizzato. Quella piantina di cactus meritava di essere felice e lui voleva renderla felice.

"Resta con me Eliane. Resta con me"

***

L'odore acre di carne bruciata in quel sottopasso era disgustoso. Il fumo ancora oscurava la debole luce gialla che pendeva dal soffitto. Il medico legale con la mascherina sul viso, era chinato vicino al cadavere pronto a fare rilievi, ma dal corpo carbonizzato anche se spento usciva ancora del fumo nero che gli impediva di poterlo analizzare. Si rialzò avviandosi verso Martinel fermo, insieme ad alcuni uomini, davanti all'ingresso del sottopasso.

«Non posso fare tutti i rilievi del caso in queste condizioni» disse all'ispettore «ci vorranno ore prima di poterlo visitare»

Mathys asserì «va bene, transenniamo la zona e impediamo l'accesso finché non finisci il tuo lavoro e riusciamo a portare via il corpo» ci sarebbe voluto parecchio pensò. Poi girandosi verso Lafitte.

«Fammi sapere se arrivano notizie da Jean dall'ospedale»

«Tranquillo Mathys ti avviso appena so qualcosa» rispose il vice ispettore ancora vestito come un clochard

Martinel si avviò verso la sua auto. Quel maledetto incidente con la dottoressa Fontaine non ci voleva. Sperava con tutto il cuore che quella donna riuscisse a salvarsi. Che cazzo ci faceva un civile in un'operazione di polizia? Maledizione!

***

Carlo Corelli stava finendo il turno al pronto soccorso quando gli arrivò la notizia che Eliane era stata colpita da un proiettile e stava per arrivare in ospedale. Immediatamente fece preparare la sala operatoria. Il medico dell'ambulanza aveva comunicato che era stata colpita all'aorta e aveva perso molto sangue, quindi Carlo dette subito l'ordine di prelevare delle sacche di sangue compatibili con il gruppo di Eliane per la trasfusione. Sapeva che ripristinare il sangue perso nell'organismo era vitale, appena fatto l'intervento per estrarre il proiettile e ricucire l'aorta sperando che non ci fossero anche altri organi lesionati. Eliane era un ottimo medico oltre che una cara amica, avrebbe eseguito lui stesso l'intervento. Non avrebbe permesso a nessuno di farlo al posto suo.

***

Quando l'ambulanza si fermò davanti all'ingresso del pronto soccorso, ci fu un'attività frenetica di infermieri e medici che velocemente portarono la donna verso la sala operatoria attraverso un lungo corridoio. Jean frastornato e preoccupato, seguì il corteo del personale medico che scortava la barella con sopra Eliane. Incrociò lo sguardo da lontano con Corelli che li attendeva davanti alla porta della sala operatoria. Il corteo entrò e le porte si chiusero lasciandolo fuori. Si appoggiò alla porta esausto e avvilito. Avrebbe voluto fare qualcosa per lei, rendersi utile in qualche modo, ma soprattutto non voleva lasciarla. Un infermiere passando lo guardò e lui si sentì ancora più fuori luogo. Avrebbe voluto spaccare il mondo in quel momento. Si allontanò dalla porta sedendosi su una sedia al lato del corridoio. Era sporco di sangue, spossato e preoccupato, si passò le mani sulla faccia come a cercare di risvegliarsi da un brutto incubo. Ma quello non era un incubo, la donna che aveva scoperto di amare stava lottando tra la vita e la morte e lui, che in quel momento era uno spettatore inutile, era la causa di tutto quello che stava succedendo.

«Ciao Jean» la voce di Camille lo fece trasalire. Non l'aveva nemmeno vista arrivare

«Ciao Camille» sussurrò svuotando i polmoni.

Lei si sedette accanto a lui e gli prese la mano «mi dispiace» disse con sguardo triste e dispiaciuto

Jean non sapeva cosa dire, non aveva voglia di parlare, non aveva voglia di nulla, voleva solo Eliane.

Camille sembrò intuire quello che gli passava per la mente «ti porto un caffè» disse lasciando la sua mano e alzandosi «l'intervento durerà parecchio» cercò di sorridergli «conviene che ti prepari all'idea di restare qua diverse ore»

Jean sembrò rendersi conto che lei voleva solo essere d'aiuto «grazie» sorrise leggermente.

Lei si girò «vado a prenderti quel caffè»allontanandosi e lasciandolo da solo nella sua angoscia

© Dan Ruben

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