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Io e Astrid siamo rimaste li a parlare saltando la seconda ora e decidendo di riapparire alla terza, inevitabile, abbiamo entrambe tedesco.

Alla fine non abbiamo concluso niente. Non che mi aspettassi che i consigli volessero, però, anche se ancora nessuna delle due sapesse cosa fare, è stata una conversazione liberatoria, per entrambe.

Camminiamo prima al suo armadietto dove lei ripone la tuta e prende il materiale per tedesco, poi andiamo verso il mio di armadietto, rimanendo a testa bassa e controllando che da nessun angolo spuntassero fuori Shawn o Cameron e ce l'abbiamo fatta.

Quando arriviamo in classe ci sediamo vicine e in seconda fila, sperando che la poca distanza dall'insegnante riesca a farci capire meglio.
Povere illuse.

La lezione inizia con la correzione dei compiti che mi sono dimenticata di fare, ma che per fortuna Astrid ha fatto, e perciò li copio infrettissima sperando che siano giusti.

Me la cavo con la correzione e l'ora passa più in fretta del solito perché, ovviamente, quando ti fa comodo perché vuoi evitare di incontrare una certa persona, le ore passano come niente.

Appena suona la campanella io e la mia amica ci guardiamo: nessuna delle due ha ancora voglia di giocare a nascondino nei corridoi, ma ci tocca.

E così facciamo per tutto il resto della giornata, fino a mezzogiorno quando, finalmente, suona la campanella che ci avvisa che anche questa faticosa giornata è finita.

Grazie al cielo oggi, oltre a ginnastica,  non ho avuto altre ore in comune con prezzemolo Mendes, al contrario Astrid che, invece, ha dovuto fare informatica con Cameron, ma mi ha detto di aver evitato anche solo di guardarlo.

Prima di uscire dal portone mi metto sciarpa e cappello, mi tiro su la cerniera della giacca fino al mento e alzo il cappuccio, cercando di essere il più invisibile possibile.
Come se non avessi lo zaino più riconoscibile della città.

Esco e me la cavo bene fino al parcheggio, quando vedo la macchina di Leo, ma ad essere venuto a prendermi non è lui, ma il mio bellissimo cugino, che è appoggiato alla portiera del passeggero con il fondo schiena e con le braccia conserte.

Quando mi vede alza la mano per salutarmi da lontano e si abbassa gli occhiali da sole mentre mi sorride.

Comincio a camminare discretamente veloce nella sua direzione ma poi, quando sono abbastanza vicina, mi accorgo di Shawn che sta mettendo lo zaino nei sedili posteriori della sua macchina parcheggiata, ovviamente, dietro quella di Leo.

Abbasso la testa cercando di non farmi vedere, ma lo zaino arancione fosforescente mi tradisce.

"Erica?"
Mi chiama Shawn prezzemolo che, ancora una volta, si è dimostrato degno di questo nome.

Mi fermo con una gamba a mezz'aria e per poco non cado.
Lui chiude la portiera e fa il giro della macchina per poi fermarsi in piedi davanti ad essa.

Federico, che nel mentre si era già seduto in macchina, tira giù il finestrino e da dentro mi dice di sbrigarmi.

"Amore mio, però muoviti"

Sospiro, cammino verso mio cugino e apro lo sportello.

"Possiamo parlare?"
Mi chiede Shawn.

"Vai pure a casa Fede, ci vediamo li, io torno a piedi un po' più tardi"

Lui mi guarda, abbassandosi di nuovo gli occhiali da sole.

"Okay"
Dice solo, ma so che mi farà il terzo grado questo pomeriggio.

Chiudo la portiera e prima di partire lo vedo guardare Shawn dallo specchietto.

Rido, poi sospiro di nuovo, preparandomi psicologicamente per la conversazione che dovrò avere con il prezzemolo.

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