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Day Six

Lunedì mattina.
Odio il lunedì mattina.

Faccio la solita routine colazione-lavarsi-vestirsi, ovviamente tutto ciò in mostruoso ritardo. Mi ricordo all'alba delle otto meno cinque che ancora devo preparare lo zaino e sul telefono ho già novantatremilaquattrocentoventidue chiamate perse di un (incazzato nero) Shawn Prezzemolo che mi aspetta sotto casa.

Quando mancano due minuti alle otto sono fuori casa: vestita male, non pettinata, senza giacca e con il telefono in bocca.
Tutta trafelata salgo sulla sua macchina ignorando completamente il suo sguardo killer, e anzi, fingendo che sia tutto normale.
"Buongiornissimo, sono pronta, possiamo andare"
Dico allacciando la cintura.
Lui sbuffa solamente, probabilmente senza nemmeno troppa voglia di discutere di prima mattina.

"Se mi segneranno ritardo per colpa tua.."
Dice, lasciando in sospeso la frase, dopo aver parcheggiato.
"Abbiamo ginnastica alla prima ora, non se ne accorgerà nemmeno"
Gli rispondo, cercando, in realtà, di autoconvincere me, più che lui.
Scendiamo velocissimi e schizziamo verso la palestra che Bolt può solo che lucidami le scarpe, e notiamo che stanno uscendo tutti dallo spogliatoio in quel momento, perciò super in fretta ci cambiamo e riusciamo a raggiungere il gruppo che si è formato in mezzo alla palestra senza essere notati.

Per una qualche strana ragione sono divisi maschi e femmine, perciò ci separiamo, e ognuno raggiunge il suo gruppo di amici.
Astrid e Andrea mi guardano parecchio male, evidentemente arrabbiate per una qualche strana ragione che chiederò più tardi, dopo che la Grant avrà finito di parlare.

"..Okay, tutto chiaro?!"
Chiede l'insegnante alla fine.
Tutti rispondono con dei "si" decisamente annoiati e sciolgono il gruppo, ma io di chiaro non ho proprio niente.
Richiamo l'attenzione delle mie due amiche per chiedere spiegazioni sia della lezione, sia per il loro comportamento, ma non faccio in tempo a dire una parola che Astrid parte in quinta.

"Hai idea di cosa io possa aver pensato sabato sera, brutta cretina? Sono morta, MORTA di paura dopo che hanno trovato Dylan sul marciapiede fuori casa sua"
Dice indicando Andrea.
"Tu sei SPARITA COMPLETAMENTE ad un certo punto della vita e nemmeno la cortezza di rispondere al telefono, ma per cosa lo usi? Come calzascarpe?! Per poi ricomparire domenica sera, scusandoti, il che va bene, ma poi sparendo di nuovo fino a cinque minuti fa.
Ma cosa ti dice il cervello?!"

Tira un sospiro di sollievo dopo questo plateale rimprovero e mi guarda in attesa di risposta che, sinceramente, non sono sicura sia una buona idea dare, meglio rimanere zitta.
Lei sbuffa e sembra essersi calmata, poi si agita di nuovo quando mi guarda in faccia con gli occhi non accecati dalla furia che era prima.
"Che hai fatto in faccia? Va tutto bene?"
Sbuffo anche io e svio il discorso come meglio posso.
"Mi sono graffiata, stanotte probabilmente."
Fingo un bel sorriso e loro annuiscono.

"Mi dispiace per essere sparita.
Due volte."
Dico io alla fine.
"D'accordo, stai bene, è questo che volevamo sapere."
Conclude il discorso Astrid.
Non sono sicura al cento per cento che mi abbia creduto, ma per il momento lascio perdere.
"Ma quindi cosa dobbiamo fare adesso?"
Chiedo grattandomi dietro la testa e sfoderando il miglior sorriso innocente che posso fare.
Le mie amiche mi guardano, poi ridono fra di loro.
"Vieni dai.."
Mi dice Andrea prendendomi per mano e trascinandomi fra altre ragazze.

Alla fine non era nulla di che, dovevamo metterci a coppie per provare i fondamentali della pallavolo, cosa su cui ci avrebbe dovuto valutare poi.
Io, Astrid e Andrea abbiamo fatto un gruppo da tre e ci siamo arrangiare così, dato che eravamo dispari, mentre di Shawn nemmeno un segno di vita da questa mattina: possibile che si sia così arrabbiato per il mio ritardo?
Mi becco una bella pallonata in faccia grazie alla mia ditrazione e, per la mia solita fortuna, mi è arrivata dritta dritta sul naso, e ora sono in piena emorragia.
Andrea, la mia salvatrice, tira fuori dalla tasca della sua felpa un pacchetto di fazzoletti e me ne porge subito uno, mentre Astrid (l'artefice della pallonata) viene verso di me buttandosi per terra e chiedendo un centinaio di volte scusa.

"Diamante, per l'amor del cielo esci dalla palestra che macchi tutto il pavimento e vai in infermeria"
Mi dice l'insegnante più preoccupata dell'orribile parquet piuttosto che di me.
"Posso andare con lei?"
Chiede Astrid.
"Ma per favore, su voi due tornate a fare quello che stavate facendo, è solo un po' di sangue dal naso, non sta morendo"
Risponde la Grant per poi allontanarle facendo segno con la mano.
Mi da una mano ad alzarmi e mi tiene per il braccio fino all'uscita della palestra.
"Ce la fai ad andare da sola?"
Mi chiede, notando che, effettivamente, un po' pallida lo ero.
"Direi di si"
Rispondo per poi incamminarmi.

Cambio un altro paio di fazzoletti prima di arrivare in infermeria, ma quanto sangue ho in corpo, cazzo.
Busso un paio di volte, ma non mi risponde nessuno, strano, allora entro da sola, e capisco troppo tardi il perché della desolazione della stanza: era allagata.
Come metto un piede all'interno scivolo e cado in avanti, ma riesco a mettere le mani davanti alla faccia prima di spiaccicarmi al suolo e spaccarmelo sul serio il naso.
Sussurro un po' di parolacce facendo uscire la mia indole italiana e faccio per rialzarmi, ma vengo preceduta da qualcuno che mi tira su come se fossi un peso piuma.

"Tutto okay?"
Mi chiede chi se non Shawn Prezzemolo.
"Beh, insomma"
Gli rispondo facendo riferimento al fazzoletto che avevo incastrato dentro alla narice destra e che penzolava ancora da li.
Davvero imbarazzante.
Lui ride e mi sorregge fino all'uscita dell'infermeria tenendo il braccio dietro la mia schiena e la mano appoggiata sul fianco.
Lui si gira a chiudere la porta, e io ne approfitto per levarmi quel maledetto fazzoletto dal naso, tanto ho smesso di dissanguarmi.

"La Grant aveva chiesto ad Astrid di venire da te quando sei uscita, ma diciamo che sono stato più veloce io a rispondere"
Mi dice ridendo, allora non è così arrabbiato.
"Pensavo ce l'avessi con me"
Gli confesso.
Lui sbuffa e distoglie lo sguardo, palesemente nervoso.
"No... forse..in realtà volevo parlarti.."
Dice alzando le spalle e mettendosi una mano dietro il collo.
"Di che cosa?"
Gli chiedo, volendo andare subito al punto. Lui mi guarda nuovamente negli occhi con un'espressione alquanto seria.
"Possiamo andare a prenderti qualcosa di dolce prima? non ti vedo proprio colorata"
Dice per poi affiancarmi nella camminata fino alle macchinette.

Mi prende una cioccolata e un twix, poi mi fa sedere sulla sedia nera girevole del custode, e lui davanti a me sulla scrivania.
"Allora?"
Lo incito a parlare dopo un paio di sorsi della pseudo cioccolata.
Lui sembra agitarsi e inizia a gesticolare non guardandomi mai negli occhi farfugliando parole a caso.
Gli metto la mano libera sul ginocchio e alzo la testa verso di lui, sorridendo e lui sembra calmarsi.
"Io volevo dirti che domani è passata una settimana"
Inizia a dire lui e io faccio per rispondere, ma non me ne dà il tempo.

"Senti, io sono stato più che bene con te. Questi giorni sono stati i meno pesanti per qualsiasi cosa, non ho pensato a cosa ho lasciato in Canada e non vedevo l'ora di venire a scuola solo per stare con te."
Fa una piccola pausa in cui si alza in piedi e mi mette una mano sulla guancia, facendomi sorridere.

"E mi dispiace non sai quanto per quello che è successo sabato, quella sera avrei dovuto fare di più e non permettere questo.."

Sussurra l'ultima frase passando il pollice li sul taglio che, a dirla tutta, aveva un aspetto peggiore prima, ora si vede che è solo un graffietto.
Provo a parlare di nuovo, ma come apro la bocca lui mi ferma.

"Quello che voglio dire è molto, molto egoista, lo so, ma io non voglio che tu ti allontana da me. Non voglio nessun'altro se non te e so anche che tutto questo avrei dovuto dirtelo domani, ma dopo sabato, quando abbiamo dormito insieme, e ieri sera quando poi ho dormito da solo, non facevo altro che rigirarmi nel letto perché mi mancavi tu."
Mi dice per poi risedersi.
Lo ringrazio mentalmente per aver tenuto gli occhi fissi nei miei, perché altrimenti, a quest'ora mi sarei persa per sempre fra le sue parole dolci, quasi da diabete, ma non glielo dico: non voglio rovinare il momento.

"Shawn io, in realtà, non ho avuto bisogno di tutto questo tempo.
Ti dirò, mi è bastato un solo giorno per capire."
Gli dico tenendo il tono di voce tranquillo, ma senza fargli capire niente, giusto per divertirmi un pochino.
"Per capire cosa?"
Mi chiede lui, spazientito dopo pochi secondi.
Mi metto a ridere leggermente e m alzo in piedi, posando la cioccolata.
"Fai l'egoista quanto vuoi Shawn Mendes, perché io non vado proprio da nessuna parte"
Gli sorrido e gli ci vuole meno di un attimo a prendermi per un braccio e tirarmi verso di sé facendo scontrare le nostre labbra un un bacio spettacolare.

"E domani?"
Gli chiedo una volta staccate le labbra, ma con ancora le mie braccia dietro al suo collo.
"Domani usciamo a cena."
Dice solamente, per poi riprendere da dove eravamo rimasti.

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