I bambini portano gioia, allegria, sono in grado di tirare su il morale quando più ne si sente il bisogno.
E Jimin in quel momento la sentiva quella necessità.
I suoi genitori anche.
Si udiva facilmente il tacco portato al piede destro dalla madre che toccava il pavimento con agitazione, quasi come se vi dovesse creare una sorta di fossa.
L'uomo invece si limitava a battere con cautela le dita della mano destra sulla propria coscia, mentre di tanto intanto spostava lo sguardo dal figlio - occupato a guardarsi i piedi - al volto evidentemente preoccupato della moglie.
Per questo quei bambini, vestiti dal bianco dell'ambiente, mentre correvano per i corridoi cercando di divertirsi insieme e non pensare a ciò che li portava a sopravvivere dentro a quelle mura, facevano sorridere talvolta chi stava attendendo.
Erano ormai giorni che la famiglia vagava per cliniche ospedaliere dopo esser venuti a conoscenza delle difficoltà fisiche del giovane.
Jimin era sempre stato un atleta in qualche modo; da piccolo non stava fermo neanche per miracolo, in palestra era quello che si agitava di più ed a sette anni aveva iniziato la danza moderna e l'hip hop principalmente per un piacere della mamma ma crescendo quello sport era diventato la sua passione.
Ed ultimamente aveva notato quanto trovasse difficile effettuare certi movimenti, con le braccia e con le gambe soprattutto.
Rigidità muscolari, rare volte tremori delle mani.
Il medico di famiglia aveva subito prescritto una visita da un fisioterapista, ma quest'ultimo non aveva potuto dare molto aiuto al giovane ragazzo, perciò aveva consigliato una risonanza magnetica.-Sicuramente non sarà niente di grave, ma è sempre meglio fare tutti gli accertamenti possibili- aveva detto il terapista per rassicurare in particolare la donna che aveva ringraziato quasi calorosamente.
Adesso però i dottori ci stavano mettendo troppo a rilasciare i risultati della risonanza a cui Jimin era stato sottoposto.
Erano preoccupati perché la visita non era stata fatta a caso, c'era quindi un motivo per cui come obiettivo avevano preso il cervello.
Quando una porta bianca si aprì davanti ai sei occhi, tutti si soffermarono su di essa, poi si affacciò il naso di un uomo sulla quarantina, e Jimin era quasi sicuro fosse il neurologo.
La donna osservò prima il figlio, gli mostrò un sorriso quando anche lui la guardò e dopodiché si alzarono.
Non ci fu bisogno di sentir chiamare "Park Jimin", poiché il dottore era rimasto con lo sguardo puntato sulla famiglia per tutto il tempo in cui era uscito.
Era ovvio che si stesse rivolgendo a loro anche senza aver parlato e d'altronde si ricordava del ragazzo, poiché lo aveva visto solo un'ora prima.
In poco tempo si ritrovarono dentro all'ambulatorio del dottor Lee, il quale fece un grande sorriso ai tre volti piuttosto preoccupati.
La donna, dopo essersi accomodata su una delle due sedie difronte alla scrivania, riprese insistentemente a battere il tacco a terra, come se fosse un metodo efficace per riuscire a gestire l'ansia ed il nervosismo, questa volta però anche Jimin imitò la madre.
Il dottor Lee espose la lastra sulla lavagnetta bianca e dopo averla accesa afferrò una penna.
Indicò un punto indefinito del giovane cervello, poi si rivolse ai due genitori ma soprattutto al diretto interessato.
Park Jimin era un giovane ragazzo di ventitré anni, adulto a tutti gli effetti e non solo giuridicamente, perciò il dottore inizialmente gli aveva domandato se avesse potuto parlare senza problemi anche con i genitori e, sapendo che in un modo o nell'altro, notizia bella o brutta, i due adulti sarebbero venuti a sapere del risultato di quella risonanza, aveva semplicemente acconsentito, quindi per questo adesso si ritrovavano tutti presenti all'interno di quel piccolo studio.-Qui vediamo una piccola anomalia cerebrale che va tenuta sott'occhio.-
Quasi il cuore di Jimin non si fermò.
Sicuramente il sangue si gelò all'interno delle sue vene e gli occhi cominciarono a fissare un punto indefinito nella stanza, come se ormai il mondo gli fosse appena crollato addosso.
"Una piccola anomalia cerebrale", che stava a significare?
Niente, era solo un modo orribile che usavano i medici per cercare di confortare i pazienti.
Le anomalie cerebrali non sono mai "piccole", non sono mai "di lieve entità" e sono sempre dei grossi problemi.
Era ovvio che c'era di più e quel dottore non aveva il coraggio di parlare, ma nessuno dei tre era laureato in medicina e dicerto non potevano giocare all'indovino.
Avevano bisogno di sapere e più osservavano il medico in difficoltà, più la preoccupazione e l'agitazione crescevano in proporzione.-Dovremmo preoccuparci, dottore?- dunque si fece forza l'uomo.
Jimin non aveva il coraggio di parlare; era ovvio che la risposta fosse positiva, infatti guardò il padre con uno sguardo come per chiedirgli se stesse facendo sul serio.
Ancora però non era detta l'ultima parola, perciò alla fine sarebbe stato meglio aspettare quello che aveva da dire l'uomo davanti ai loro occhi che sicuramente se ne intendeva più di loro tre combinati insieme.
Il dottore non rispose alla domanda, bensì espose tutto ciò che aveva da dire riguardo quella "piccola anomalia cerebrale".-Le difficoltà nel fare certi movimenti, i piccoli spasmi e talvolta i tremolii alle mani possono essere nella maggior parte dei casi reazioni muscolari dovute a certi sforzi. Dicevi che balli, no?-
Jimin annuì a quella domanda, quasi come se avesse sentito solo quell'ultima frase da quando aveva iniziato a parlare.
Poi continuò.-Penso che nel tuo di caso non sia dovuto niente agli sforzi ma bensì a questa malformazione che si nota qui, in questo punto- indicò nuovamente con la penna la zona interessata raffigurata nella lastra.
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di aria; aveva improvvisamente cominciato ad avere la vista offuscata, il battito cardiaco accelerato e soprattutto l'ossigeno assentarsi nei polmoni.
E non solo lui era in quello stato ma anche la donna seduta accanto alla sua figura minuta, mentre sembrava che quello più dotato di calma in quella famiglia fosse il padre.
Neanche lui comunque aveva il coraggio di fare domande perciò il neurologo continuò a parlare come se niente fosse; sembrava aver trovato le parole giuste.-Ancora una diagnosi precisa non sono in grado di confermarla- guardò prima i due genitori, poi il ragazzo con aria seria ma allo stesso tempo afflitta, i cui occhi non facevano trasparire alcun segno di positività.
Jimin non era stupido e lo aveva capito fin dal primo momento in cui il dottore se n'era uscito con "piccola anomalia cerebrale".-Si tratta di una malattia degenerativa, il che è molto raro nei giovani ma non impossibile.-
"Bella merda", fu la prima e l'unica cosa che Jimin pensò nella sua mente.
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Little world || jikook
Fanfictionjimin è un ragazzo semplice: ama danzare, l'arte ed essere libero. tutto sembra cambiare negativamente da un giorno all'altro e non sarà facile per lui accettarlo ma qualcuno gli farà capire che la vita vale la pena di viverla. *** AAA: questa non...