La vita di Jimin si era fermata nel momento in cui il dottore gli aveva diagnosticato la sla.
Si era chiuso con la famiglia e non aveva trovato alcuna voglia di parlare con loro, solo di abbandonare tutto, compresa la sua passione per il ballo e la musica.
All'interno della sua casa si era immaginato una vita che non avrebbe mai potuto avere, una famiglia con una moglie e due bambini, maschio e femmina.
Lui che faceva come lavoro il coreografo di ballo e lei che invece si occupava della famiglia, più o meno.
Jimin non aveva potuto avere quel tipo di vita, no, ma gli era capitato qualcosa di molto più che bello, qualcosa di migliore.
Jeon Jeongguk.
Lo guardava dal fondo della stanza che avevano addobbato apposta per il loro matrimonio.
Jeongguk stava in piedi davanti a quello che avrebbe dovuto imitare un altare, con le braccia indietro tenute ferme dalle mani che si intrecciavano e si tenevano strette, mentre il suo corpo era fasciato da uno smoking nero, la cui giacca in collaborazione con la cravatta coprivano gran parte della camicia bianca.
I suoi capelli erano tirati indietro da un po' di lacca, mentre le sue labbra erano piegate in un sorriso ed i suoi occhi rivolti verso di lui.
In realtà tutti gli invitati stavano guardando verso Jimin che non poteva fare a meno di provare un certo imbarazzo ma per quel giorno decise di metterlo da parte poiché era proprio il suo momento e quello di Jeongguk.
C'erano pochi invitati: si trattavano dei genitori di Jimin, la mamma di Jeongguk e i loro amici.
In più la signora Park aveva contattato una cugina del figlio per chiederle se avesse voluto assistere - poiché viveva proprio nelle vicinanze di New York -, dunque lei aveva accettato ed insieme al suo ragazzo avevano raggiunto tutto il gruppo.
Jeongguk aveva notato quella coppia sconosciuta tra il pubblico, dunque si chiese di chi si trattasse. Pensò subito al coinquilino di Hoseok con la sua ragazza poiché lui non li aveva mai visti ma pensava fossero troppo grandi per essere semplici studenti dell'università; non che l'università fosse frequentata solamente da ragazzi, ma Hoseok aveva detto che erano coetanei.
Comunque Jimin si sarebbe sentito ancora più in imbarazzo se ci fossero stati anche i suoi parenti, infatti per questo aveva chiesto gentilmente di non spargere la voce in famiglia.
Quando dal fondo della stanza si iniziarono ad udire le note dolci e profonde di una melodia tranquilla ed inerente a quel tipo di atmosfera, Jimin abbozzò un piccolo sorriso e chiuse gli occhi per qualche istante, beandosi di quel momento che sarebbe capitato una volta sola nella vita.
Voleva godersi a pieno il suo matrimonio con Jeongguk poiché si trattava di uno dei tanti momenti felici in compagnia di quel ragazzo che piano piano gli aveva strappato il cuore, prendendolo sotto la sua proprietà.
Cominciò a sentirsi spingere dai manici della sedia a rotelle e solo a quel punto si rese conto che suo padre lo stava portando verso il ragazzo che aspettava impaziente davanti al signore che avrebbe celebrato il loro matrimonio di lì a poco; quest'ultimo a sua volta osservava sia Jeongguk in piedi davanti a lui, sia Jimin intento ad avvicinarsi a loro.
Una volta che il più grande fu sistemato accanto a Jeongguk, quest'ultimo si mise davanti a lui per farsi vedere e mostrargli un sorriso rassicurante, poi si posizionò dietro in modo da sistemarlo meglio ed una volta fatto, tornò affianco del ragazzo.
Gli appoggiò una mano sulla spalla per rassicurarlo e Jimin lo guardò, nonostante non riuscisse più a sentire neanche il tatto. La paralizzazione solitamente portava anche all'insensibilità del corpo; questo il dottore non lo aveva specificato ma era scontato.
I genitori di Jimin lo sapevano e anche Jimin stesso.
Quando il signore cominciò a parlare, Jeongguk automaticamente gli prese la mano sinistra, stringendola nella sua e carezzando con la massima delicatezza il dorso di essa, toccando anche l'anello, il quale sarebbe stato presto raggiunto da un altro.-Siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di Jeon Jeongguk e Park Jimin- disse, leggendo i nomi con un po' di accento strano. Era stato difficile per loro trovare qualche cittadino americano addetto alla celebrazione dei matrimoni che sapesse il coreano, per questo infatti avevano usato Hoseok come interprete, che avrebbe fatto da traduttore.
In realtà Hoseok era anche il testimone di Jimin, mentre invece Jeongguk aveva scelto Namjoon per questo ruolo.
Il più piccolo spostò la sedia di Jimin per farlo mettere girato verso di lui, così da ritrovarsi faccia a faccia ed una volta che entrambi si ritrovarono a guardarsi si sorrisero. Jimin sentì il cuore tremargli al pensiero che quel ragazzo sarebbe diventato presto suo marito.
Aveva preso una decisione fin troppo coraggiosa per scegliere di sposare un ragazzo senza sapere quando se ne sarebbe andato o nella maggior parte si sarebbe ridotto ad uno stato vegetativo. Ma Jimin aveva imparato a non opporsi più alle scelte di Jeongguk, come invece aveva fatto inizialmente quando gli aveva confessato i suoi sentimenti, usando la scusa del "sono malato".
La malattia non aveva impedito a nessuno dei due di amarsi l'un l'altro, di provare sensazioni nuovi attraverso i baci, le carezze e soprattutto di diventare un corpo solo, quando avevano fatto l'amore per la prima volta e poi dopo tutte le altre, fino a quando la malattia del più grande non si era aggravata.
La cerimonia continuò nel miglior dei modi, mentre il signore parlava i due non capivano molto bene - o almeno Jimin che non sapeva quasi niente di inglese nonostante lo avesse studiato al liceo. Non ascoltarono però neanche la voce di Hoseok che ripeteva traducendo ciò che diceva in inglese.
Erano troppo intenti a guardarsi negli occhi ed a parlare in modo quasi telepatico fra di loro; Jeongguk attraverso gli occhi di Jimin leggeva tranquillità, quiete e soprattutto ci leggeva con chiara evidenza la parola "amore" e non per pura casualità era la cosa che Jimin leggeva a sua volta negli occhi del minore.
Semplicemente perché si amavano troppo, forse davvero il loro amore era più forte di quello di chiunque altro.
Si guardarono per qualche altro istante mentre Jimin muoveva le labbra - anche se con fatica - in un mimo per dirgli "ti amo" e Jeongguk fece lo stesso, rispondendo a quelle dolci parole.
Quest'ultimo osservò attentamente il suo futuro marito in tutta la perfezione che emanava. Certo, non era davvero perfetto ma per lui sì, lo era eccome.
Quello smoking rosso che davvero riusciva a dargli un colorito più vivo, che lo rendeva bellissimo, anche se per Jeongguk lo era in ogni modo possibile immaginabile.
Inoltre alle orecchie portava due orecchini lunghi che gli cadevano quasi sulle spalle, e sulle palpebre il più piccolo poteva notare dell'ombretto tra il rosa e l'arancione. Era chiaro ma riusciva a dare a Jimin un aspetto leggermente diverso.
Jeongguk non aveva mai visto il più grande truccato poiché durante tutto quel tempo probabilmente si era fatto passare la voglia, ma vederlo in quel momento si rese conto che assomigliava ancora più ad un angelo.
Jimin aveva sempre chiamato Jeongguk "angelo custode" ma in realtà era proprio lui stesso un angelo, che aveva salvato il più piccolo dalla monotonia di vivere una vita come tutte le altre, fatta di studio, festicciole e sesso occasionale.
Jimin gli aveva dato un qualcosa per cui porsi un obiettivo finale, qualcosa per cui non mollare, proprio come anche Jeongguk aveva fatto con lui.
In realtà entrambi erano gli angeli l'uno dell'altro e viceversa poiché si erano aiutati a vicenda.
Furono risvegliati dalla voce di Hoseok che ripeteva i loro nomi in modo da richiamarli sulla terra, così Jeongguk si voltò e Jimin si limitò a spostare lo sguardo per riuscire a vedere l'amico, anche se non lo inquadrò nella propria visuale.
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Little world || jikook
Fanfictionjimin è un ragazzo semplice: ama danzare, l'arte ed essere libero. tutto sembra cambiare negativamente da un giorno all'altro e non sarà facile per lui accettarlo ma qualcuno gli farà capire che la vita vale la pena di viverla. *** AAA: questa non...