Un tuffo al cuore

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POV EMMA
Fu una settimana davvero molto impegnativa, Gennaio era terminato e come da programma la mia piccola Chloe fece il suo rientro a scuola. Il suo primo giorno del suo secondo anno d'asilo fu un po' come il suo primo giorno in assoluto, una vera e propria tragedia. Conosceva tutti, maestra e compagni ma nonostante questo non voleva comunque andare, voleva restare con me. Rimasi impassibile, o almeno esternamente provai ad esserlo,e ferma sulle mie idee, nonostante si mise a piangere reclamando la mia attenzione, le baciai una guancia, le sussurrai un ti voglio bene e senza guardarmi indietro andai via. Mi segui con la magia ma io prontamente la riportai a scuola, sia quella volta che tutte le altre che in quel giorno provò a farlo. Si calmò solamente due giorni dopo e sapere perché? Perchè prima di accompagnarla in classe mi fermai in un altro edificio e affidai Liam a deglle ragazze. E' si, dopo aver fatto esperienza con due figlie ho capito che forse è meglio iniziarli ad abituare al distacco fin da subito in modo da non aver problemi nell'inserimento alla scuola materna in un futuro. Liam aveva un anno ormai, era ancora piccolino è vero ma fargli frequentare il nido sarebbe stata un'ottima soluzione sia per lui che per noi. Avevo ripreso il lavoro a tutti gli effetti, ero nuovamente lo sceriffo della città e non volevo, come già successo per Leila e Chloe, stressare i miei genitori o Regina per aiutarmi con la gestione del piccolo. Anche loro avevano la loro vita da vivere: Regina stava organizzando il suo matrimonio e i miei... beh loro avevano un gran da fare con Neal che ultimamente li stava facendo uscire matti.
- mamma perché hai legalato Liam a quelle singnole? - mi chiese con voce fin troppo speranzosa
- Non ho regalato tuo fratello Chloe... l'ho solo mandato a scuola come te e Leila.
- Ma no è piccolo? Plendono anche i nani a quella scuola mamy?
- E' una scuola creata appositamente per bimbi piccoli come lui. - le spiegai.
- Quindi lui no a casa co te! Mi piace quetta cosa. - ci avrei scommesso. - piangelà di siculo quel nano! E' un fifone.
- Ma da quale pulpito viene la predica... tu non hai fatto lo stesso fino a ieri?
- Io no piango più! I bambini nani come Liam piangono. Io no! - la guardai non proprio convinta di quella sua ultima affermazione, lei lo capì e mi sfidò. - buoi bedere? Pottami all'asilo.
- stiamo andando proprio lì principessa!
Cosa dire... sarà stata la sfida o semplicemente il fatto di sentirsi più sicura che suo fratello non stesse da solo con me mentre lei era via, ma vinse la scommessa: non pianse minimamente, anzi a detta degli insegnanti si scatenò come non mai giocando e chiacchierando con i suoi amici. Bene un problema era risolto, ora bisognava solamente mettere fine al dubbio esistenziale venuto a crearsi circa un mese fa! Ricordate l'incidente di capodanno? Beh... io e Killian nonostante fossimo a conoscenza delle probabilità di una possibile gravidanza, cercammo di vivere la nostra vita il più normale possibile senza cercare di farci influenzare dalla cosa. Eravamo d'accordo che ne avremmo riparlato solamente se io avessi avuto nel giro di un mesetto qualche sintomo rilevante. Beh... un paio di sintomi ci sono stati: uno è stato il malessere improvviso avuto a Disneyland sparito misteriosamente e un'altro, di cui non ho avuto ancora modo... o meglio "coraggio", di parlarne con mio marito. Una cosa è certa, un piccolo campanello d'allarme mi è scattato così senza ripensamenti decisi di ordinare, tramite internet onde evitare inutili chiacchiere, un test di gravidanza. Avrei voluto farlo senza che Killian fosse presente, volevo avere i miei tempi di elaborazione nel caso fosse stato positivo, ma poi ci ripensai... sapevo che avrebbe voluto essere presente in ogni caso, quindi nascosi il test e attesi il momento giusto. Fu così che passò un'altra settimana, era venerdì sera e l'indomani sarei partita per Boston insieme alla mia dolce Leila per la sua giornata speciale. Eravamo a cena, e mentre i miei tre figli e mio marito chiacchieravano tranquillamente, io con la scusa di riordinare la cucina me ne stavo in disparte a fissare il vuoto pensierosa.
- mamy! Mi rippondi? Che fai dommi in piedi? - fu la voce di mia figlia e gli sguardi puntati addosso di Leila e Killian a farmi destare dai miei pensieri.
- Cosa??? Scusami amore la mamma stava solo pensando. Cosa volevi dirmi?
- No voglio veldule! No mi piacciono! - disse porgendomi il piatto in modo che glielo togliessi da davanti.
- Mi dispiace signorina ma dovrai mangiarle. Le verdure fanno bene e ti aiutano a crescere.
- Mah...
- Niente ma! Da brava mangia! - mise il broncio e con una lentezza inaudita riprese a mangiare... non avrebbe finito neanche per l'indomani.
- Amore tutto ok? C'è qualcosa che non va per caso? - questa volta fu Killian a parlarmi.
- No amore tranquillo, è tutto ok! - risposi consapevole di stargli mentendo. Non era da me mentirgli e infatti neanche due minuti dopo, in colpa per averlo fatto, mi avvicinai al tavolo e sussurrandogli nell'orecchio gli dissi quello che avrei dovuto dirgli già da una settimana. Non potevo attendere un giorno di più, dovevo sapere. - sto andando di sopra a fare.... il test! - lo vidi sbarrare gli occhi.
- Co...cosa? Perché? pensi...
- Shhhhh..... - gli feci notare i bambini. - vieni su con me? - chiesi
- Non devi neanche chiedermelo!
Raggiungemmo il piano di sopra e prima di fare qualsiasi cosa ecco che l'interrogatorio di mio marito ebbe inizio. " perché improvvisamente hai deciso di farlo? C'è qualcosa che dovrei sapere? Quando hai comprato quel test? Da quando sospetti che...? Avevamo detto di riparlarne solo in caso di sintomi inerenti al caso:cosa non mi hai ancora detto?" Era un fiume di parole, non era arrabbiato, era solamente sorpreso, non si aspettava che gli dicessi una cosa simile. Gli spiegai il tutto, gli dissi che il malessere di Disneyland si era ripresentato ancora una volta e che avevo un ritardo ormai di 10 giorni. Si è vero sono sempre stata regolare da questo punto di vista ma da quando è nato Liam sto ancora cercando di regolarizzare il tutto. Potrebbe essere quindi una cosa del tutto normale, già capitata nei mesi addietro, ma essendoci già un fatto di rischio meglio togliersi ogni dubbio. Ascoltò attentamente tutto quello che avevo da dirgli dopodiché rispose in un modo che mai mi sarei aspettata.
- Perché hai necessità di farlo adesso? Hai aspettato tanto da quel che ho capito, perché proprio di sera e non aspettare che ne so, che passi il weekend?
- Hai paura che ti rovini il fine settimana? - ero quasi alterata a quella sua sciocca domanda, come sempre però avevo tirato conclusioni affrettate.
- Avere un altro figlio da te mi renderebbe l'uomo più felice del mondo tesoro, non ne ho mai fatto mistero, sei te quella che non è d'accordo mi sembra, non girare la frittata per affliggermi qualche colpa che non ho. La mia era solo una domanda e gradirei che mi rispondessi.
- Perché non posso continuare a fingere che tutto vada bene e avere tutto questo caos di emozioni all'interno. Sto diventando matta Killian...
- Ti capisco, ma ragiona un secondo: nell'eventualità che fosse positivo, come ti sentiresti? Sii sincera.
- Sono sicura che piano piano lo accetterei, ma inizialmente starei male. Non avevo in programma un altro figlio, ne abbiamo già 4, di cui uno di solo un anno, non sono pronta ad averne un altro. Mi dispiace se ci resti male ma purtroppo è quello che penso.
- Non ci rimangono male perché so come sei fatta e so, come hai detto poco fa, che lo accetteresti di sicuro con il tempo. Quello che mi preoccupa di più è il presente, non il futuro. Il test potrebbe risultare negativo e quindi è vero, ti toglieresti ogni pensiero dalla testa, ma potrebbe essere positivo e di conseguenza staresti male... perché rovinare la giornata di domani di tua figlia quando puoi benissimo stare con lei senza pensare a nulla e prendere atto della verità solamente dopo essere tornare a casa? Pensaci... lei non merita di passare una giornata con sua mamma assente per via di tutti questi problemi. Vuole passare del tempo di qualità con te e credo se lo meriti. - aveva pienamente ragione, non sarei di sicuro riuscita a concentrarmi su di lei se si fosse verificato quello che sospettavo quindi sarebbe di sicuro stato meglio ignorare i fatti e fare come se nulla fosse ancora per un giorno. L'indomani, una volta di ritorno,avrei affrontato la cosa di petto e scoperto la verità. Ringraziai Killian per il suo sostegno morale e tornai di sotto dai bambini per controllare che avessero mangiato e per prepararli per andare a letto.
La mattina seguente mi alzai molto presto e dopo aver preparato la colazione andai a svegliare Leila, ci attendeva una giornata molto impegnativa. Facemmo colazione insieme, come non facevamo da tanto ormai, solo noi due e dopo esserci lavate e vestite salutammo gli altri, che nel mentre si erano svegliati e uscimmo. Chloe fece come al suo solito qualche capriccio ma la lasciai alle cure di suo padre, si sarebbe lamentata un po' ma poi si sarebbe di sicuro calmata. Prendemmo il mio maggiolino e oltrepassammo il confine di Storybrooke, Leila sembrava felicissima ed entusiasta della giornata che avremmo trascorso, lo vedevo da come guardava entusiasta il finestrino e da come sorrideva. Avrei dovuto essere felice anche io felice come lei e invece non lo ero poi tanto. Ero felicissima di poter passare del tempo con mia figlia questo è vero ma avevo di sicuro meno entusiasmo di lei riguardo al posto dove saremmo andate. Inizialmente aveva pensato di visitare una delle case famiglia in cui ero stata ma poi cambiò improvvisamente idea e mi chiese di poter vedere il posto in cui sono cresciuta quando avevo bene o male la sua età. Per i primi dieci anni della mia vita ho vissuto all'interno di un orfanotrofio, certo passavo da una casa famiglia all'altra, ma poi sempre lì tornavo. Quello è di sicuro il posto dove sono stata più a lungo prima di iniziare a fuggire come una fuorilegge. Non ho più messo piede li dentro  dal compimento dei miei dieci anni e tornarci adesso a distanza di molti anni non ha di certo cambiato la mia idea su quel posto. Avevo giurato di non rimetterci più piede ma ancora una volta eccomi qui a fare l'esatto contrario.
- Mammaaaa, è questo il posto? Vivevi qui? In questa casa enorme? - chiese Leila non appena parcheggiai l'auto. - è bellissima.
- Leila amore mio vorrei dirti una cosa prima di entrare... non tutto quello che sembra bello poi in realtà lo è. Entrando potresti rimanere delusa quindi... non farti aspettative ok? - annuì - Bene. Andiamo ora. - scendemmo dall'auto e prendemmo dal portabagagli tutto ciò che mia figlia aveva preparato per quei bambini. Aveva fatto una cernita di vecchi giochi e vestiti e li aveva tutti rigorosamente impacchettati per rendere quei bambini bisognosi più felici. L'aiutai a portare quelle buste davanti il portone principale dopodiché suonai il campanello. Ci aprì una signora sulla quarantina e guardando prima me e poi mia figlia disse:
- E'venuta a riportarla indietro? Cos'ha combinato?
- Cosa??? No, certo che no! Lei è mia figlia e siamo qui per la visita dell'edificio.
- Visita? Ah si giusto dimenticavo! La direttrice me né aveva parlato, prego accomodatevi pure, vi faccio strada! - disse facendoci accomodare in quella che ricordavo essere la sala principale. Incredibile, quel posto non era cambiato per niente... avevo la pelle d'oca al solo ricordo. - La direttrice vi stava aspettando, vado a chiamarla. - aspettammo lì per qualche minuto poi la donna fece il suo ingresso, era invecchiata parecchio ma avrei potuto riconoscerla ovunque... uno sguardo del genere difficilmente si dimentica. Era una delle mie vecchie tutrici.
- Salve e benvenute nel nostro rinnomato istituto. Piacere di conoscervi, io sono la signora Williams.
- Salve io sono lo sceriffo di una piccola cittadina sperduta nel Maine e lei...
- Sei lo sceriffo che ci manda gli assegni ogni sei mesi? - la vidi sorridere. Strano, pensavo non ne fosse capace.
- Si sono io, e lei è la mia bambina, è stata una sua idea passare a trovarvi. - non appena i suoi occhi scrutarono attentamente Leila la donna sobbalzò.
- O mio diooo! Sei identica ad una bambina che anni fa frequentava questo istituto. Spero davvero per la tua mamma che  tu non le somigli anche di carattere. Sarebbe tremendo!
- Come si chiamava? Per caso il suo nome... - naturalmente quella piccola furbacchiona aveva già intuito di chi parlasse quella donna, in fondo le ho sempre raccontato che ci somigliavamo e che ero un tantino ribelle. Non aveva mai avuto modo di vedere una mia foto da bambina, non ne avevo, ma questo non le impedì di intuire che parlassero di me.
- La scusi, è super curiosa questa signorina. Leila non è carino fare domande su persone che non sono qui. - le dissi per poi tornare a guardare la donna di fronte a me. - Comunque per quanto mi riguarda sono qui per vedere come vengono investiti i miei soldi e quelli della mia cittadina in questo istituto, mentre lei ha voluto accompagnarmi perché le piacerebbe giocare, se è possibile, con i bambini e raccontare loro qualche favola.
- Ho portato per loro anche dei giocattoli! - specificò.
- Ma che brava bambina che sei! Forse non somigli più di tanto a quella teppista che viveva qui. - vidi mia figlia guardarla in modo brutto, ma fu solo una frazione di secondo perché ben presto iniziò il nostro tour. Ci diedero il permesso di fare da sole il giro turistico per tutto l'orfanotrofio, forse perché ero uno sceriffo dopotutto. i bambini erano stati riuniti al piano di sotto e i tutori erano con loro. Bene, questo significava che avevo del tempo per raccontare qualcosa a mia figlia senza che nessuno scoprisse chi fossi in realtà. Non volevo che sapessero. La prima cosa che constatai fu che quel posto era esattamente uguale a quando lo avevo lasciato: stessa carta da parati, stesse tende, stessa suddivisione di stanze... tutto era invariato. Dove accidenti finivano tutti i soldi che spedivo regolarmente in quel tugurio? Il mio intento, pur essendo un donatore anonimo, era quello di dare a quel posto delle migliorie e invece? Nulla era cambiato.
- Mamma mamma! - la voce di mia figlia mi destò dai miei pensieri. - mammina guarda! Qui c'è scritto Emma Swan! - indicò una scritta incisa nel muro. - l'hai fatta tu?
- si amore, questa era la mia stanza e questo era il mio lettino... coperte comprese.
- Sembra una stanza da grandi, non c'è nulla di colorato qui! Non ci sono neanche i giocattoli, se è una stanza per delle bambine perchè non ci sono i giocattoli? - chiese come se fosse la cosa più strana di questo mondo.
- Qui non si potevano portare i giocattoli e a quanto pare non si può neanche adesso. I giochi si trovavano e si trovano tuttora nella stanza comune credo, quella dove adesso ci stanno aspettando gli altri bambini.
- E anche i tuoi giochi quindi erano lì?Se erano i tuoi perché non potevi tenerli in camera con te? Qualcuno avrebbe potuto rubarteli.
- Non ho mai avuto giochi tutti miei tesoro, qui i giocattoli sono di tutti... o meglio: sono dell'istituto, si possono utilizzare solo nella pausa ricreativa. - credo di averla sconvolta con quell'affermazione.
- E' molto triste questo posto mamma! Come possono i bambini essere felici in un posto così?
- Non lo so amore mio, ma spero davvero che lo siano.
- Tu eri felice? - caspita non mi aspettavo questa domanda.
- Emh... no, ad essere sincera no, non lo sono mai stata qui dentro. - so che queste parole avrebbero potuto rattristarla, ma stavamo facendo questo viaggio perché voleva conoscere meglio la mia storia che a differenza di tutti gli altri nostri familiari non era scritta sul magico libro di suo fratello. Non volevo di conseguenza mentirle.
- Eri tu quella bambina che mi somiglia tanto di cui parlava quella donna vero? - annuii - Non mi piace che quella donna ti dica cose cattive mamma, eri solo una bambina e sono sicura che non eri così cattiva come dice.
- Non preoccuparti tesoro mio, l'ho superato! Ora sono una donna felice che ama ed è circondata da tante persone che la amano. Se tutta la sofferenza vissuta è servita ad arrivare dove sono ora... beh.. rivivrei quell'esperienza altre centomila volte. - sorrise nel sentirmi dire quelle cose - Ora che ne dici, ti va di raccontare una bella storia ai bambini che sono al piano di sotto?
- si mamma! So anche che storia raccontare!
- Molto bene, andiamo allora.
Raggiungemmo la sala comune e come sospettavo erano già tutti li, seduti e in completo silenzio. Non avevano l'aria di essere dei bambini allegri, tutti avevano lo stesso sguardo. Lo sguardo che anni fa avevo anche io... uno sguardo che indica tristezza, paura... il classico sguardo di chi smette di avere speranza. Sussultai nel guardarli, fu come tornare indietro di venti anni. Fortunatamente non ebbi molto tempo per continuare a far camminare il mio cervello in quei cattivo pensieri che la direttrice ci annunciò. I ragazzi ci salutarono alzandosi in piedi dopodiché tornarono a sedersi in maniera composta. Ci avvicinammo a loro e dopo esserci presentare, io con il nominativo di sceriffo naturalmente, Leila prese la parola.
- Ciao a tutti, io mi chiamo Leila, sono una bambina di otto anni e frequento la terza elementare.
- Sei una nostra nuova compagna? - chiese uno di loro.
- Ma che domande fai! Non lo vedi che è una riccona? Quella non è una come noi. Non verrà mai a stare in un posto così! - rispose un altro. - Riccona perché sei qui? - mia figlia ci rimase male per quel nomignolo, si sentì improvvisamente non accettata dai suoi stessi coetanei e per un attimo pensò di rinunciare alla sua idea e andare via. La presi in disparte per qualche minuto e la consolai spiegandole che quei bambini non erano cattivi, il loro era solo un modo per difendersi, per non sentirsi inferiori. Non fu semplice convincerla ma alla fine, con me al suo fianco, continuò il suo discorso.
- Sono venuta qui oggi per due motivi: il primo è perché volevo conoscere meglio come è stata la vita di una persona a cui voglio tanto bene, la seconda è perché volevo raccontarvi una storia. Vi... vi va di ascoltarla? - i più grandi, quelli che avevano all'incirca 13 14 anni, dissero di no e le fecero anche qualche verso,  mentre i suoi coetanei e quelli più piccini dissero un bel si in coro facendole tornare in parte il sorriso.

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