Capitolo 33

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Sabato mi rifiuto di restarmene in attesa di un messaggio che potrebbe anche non arrivare, così mando un messaggio a Beth, che mi propone di organizzare una pizza fuori con i nostri amici, inviando un messaggio sul gruppo WhatsApp della compagnia e ben presto iniziano ad arrivare le conferme dei nostri amici. Non riusciamo ad organizzare spesso serate di questo tipo, perché tra chi lavora in trasferta, chi ha figli eccetera, restiamo sempre i solito quattro o cinque disponibili. Eppure stavolta sembra che riusciremo a fare un'uscita numerosa.

Isaac d'altro canto, non si è fatto sentire e ormai sono arrabbiata. Abbastanza da prendere di nuovo in mano il telefono e inviargli un Mi stai evitando?

Metto le cuffie nelle orecchie, uscendo di casa e andando a correre. Ho bisogno di farmi il fiato e non riesco a correre quanto dovrei, ma ho bisogno di spegnere il cervello e quest'attività ci riesce piuttosto bene.
La notifica di un messaggio rimbomba nelle mie orecchie, bloccando la canzone che stava suonando a tutto volume.
Continuo a camminare, mentre apro l'app di messaggistica. E' Isaac. Non ti sto evitando. Dovevo fare delle cose e non ho avuto tempo.
Strano, di solito per me lo trova, il tempo. Quali cose? 
Vediamo se mi risponde.
Burocrazia risponde vago e credo che tutto il rilassamento dato dal paesaggio bucolico della campagna in cui mi trovo sia scomparso.
Passaporto? Valigia? scrivo allora, facendo dietro front e incamminandomi verso casa. 

Non ricevo risposta e quando arrivo a casa getto il telefono e le cuffie sul divano, proseguendo fino al bagno dove mi faccio una doccia bollente, fregando con più vigore del solito la mia pelle, arrossandola.
Quando esco non ci sono nuovi messaggi da Isaac, stupida io a controllare per prima cosa quello. Eppure un dolore nel petto, sordo e spiacevole come l'angoscia mi resta addosso, all'idea che lui non si fidi, che non mi consideri tanto quanto faccio io, mescolato alla paura di arrendermi a un'evidenza che continuo a negare, per paura di soffrire ancora e più di quanto non abbia fatto per Mir.

Salgo a vestirmi e metto un paio di pantaloni della tuta larghi e un maglioncino stretto. E' un po' corto, motivo per cui è relegato tra l'abbigliamento da casa, ma non volevo buttarlo, è il mio maglione di conforto, diciamo.

Scendo, proprio mentre la porta di casa si spalanca ed Isaac entra. Avevo dimenticato di mettere il chiavistello. Meno male non è entrato qualcun altro mentre facevo la doccia, penso con un lampo di consapevolezza.

Arrivo di sotto, mentre lo osservo. I capelli sono scompigliati e lui è in tuta. "Di nuovo scappato di casa?" chiedo indicando il suo abbigliamento, felice che non mi tremi la voce.

Mi viene incontro, e noto che sembra pallido. "Tu come lo sai?"
"Allora è vero" dico invece di rispondere, piegando appena la testa di lato.

"Forse. Ma tu come lo sai?"
"Non certo per merito tuo. Ma vedi, la gente in azienda chiacchiera. Avrei preferito che me lo avessi detto tu, pensavo di contare qualcosa visto che mi hai presentato tua madre."

"Tu conti, Olivia. Non pensare che non sia così."
"Isaac, l'altra sera hai piantato un casino solo perché ho dimenticato di raccontarti di un innocuo pranzo di cui non devi assolutamente preoccuparti, ma tu non ti prendi nemmeno la briga di dirmi che te ne vai via per chissà quanto tempo. Cos'era, pensavi di rendermi pan per focaccia? Non abbiamo dodici anni."

Stringe le labbra in una linea dritta, ma sono troppo arrabbiata per curarmene. "Non stava a te decidere se devo andare oppure no." Non ha negato di non averlo detto per farmi un dispetto, però.

"No, certo. E non vedo perché dovrei limitare la tua libertà, Isaac, ma cosa ti aspettavi che succedesse? Un giorno ti avrei chiamato per uscire a pranzo e mi avresti risposto che eri a Mosca? Come ti aspetti che reagisca?"

Love/Hate Isaac Morris (Amo Odiarti)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora