Pioggia

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2018

[Diana POV]

Guardai fuori dalla finestra, seduta sulla poltroncina scura del salotto, mentre buttavo giù del tè caldo a mo' di medicina per cercare di riscaldarmi. Era tutto come ogni domenica mattina da quando abitavo a Seoul, c'era solo una "piccola" differenza: Jimin non era in camera sua.

Scossi leggermente il cellulare per controllare l'ora sul blocca schermo, ma non dovevo svegliare nessuno quella mattina. Jimin si era rifiutato di tornare a casa la sera prima, Tae mi aveva mandato un messaggio per avvisarmi: Ho provato a convincerlo, ma dice di volere rimanere qui stanotte.Lanciai il telefono sul divano, avevo continuato a fissare lo schermo per tutto il tempo, con la speranza di leggere il nome di Jimin in una notifica.

Niente.

Avevo provato a chiamarlo un milione di volte, ma la linea era staccata; avevo iniziato ad odiare persino la voce robotica che mi ripeteva sempre la solita frase.

Perchè devo rovinare sempre tutto?

La suoneria del mio cellulare partì all'improvviso, così mi tuffai sul divano, ma il mio entusiasmo svanì subito.

- Jungkook, dimmi. - risposi con poca voglia.

- Allora è davvero grave. - disse senza salutarmi.

Ero solita chiamarlo Sensei, anche quando rispondevo alle sue chiamate, ma quel giorno non ero in vena di scherzare.

- Abbiamo litigato. - dissi e cercai di stabilizzare la mia voce.

- Oh.. - fece una piccola pausa - Ieri sera quando mi hai chiesto se Jimin fosse da me, non pensavo che aveste discusso. Vuoi salire un momento da me? -

Dopo essermi resa almeno presentabile, mi recai all'appartamento di Jungkook. Non suonai nemmeno il campanello, perchè conoscevo a memoria il codice per sbloccare il portone d'ingresso. Mi salutò con un piccolo abbraccio e poi mi chiese se avessi gradito una tazza di caffè; un espresso mi avrebbe tirato un po' su, forse. Ci sedemmo l'uno accanto all'altro sul divano chiaro del salotto e fissai la mia bevanda, non sapevo da dove cominciare.

- Ho recuperato la memoria. - esordii.

- Ma è fantastico! Jimin ne sarà contento. - disse entusiasta e quasi fece cadere il caffè americano sul soffice tappeto sotto di noi.

- Sì. Sarebbe stato contento se glielo avessi detto subito. - non riuscivo a guardare negli occhi nemmeno Jungkook.

- In che senso? -

Gli raccontai del giorno in cui avevo ascoltato The Truth Untold per la prima volta, della mia decisione di fingermi smemorata e della scoperta di Taehyung. Rimase un po' in silenzio, forse stava scegliendo le parole giusto per dire quanto fossi stata meschina ed egoista.

- Speriamo che Jimin non se la prenda con Tae. - commentò solamente.

- Non voglio che litighino per un mio errore. Era talmente arrabbiato...ha ragione. - una lacrima finì nella tazza vuota che rigiravo nervosamente tra le mani.

- Ehi, vedrai che ti ascolterà. Sei troppo importante per lui. Aspetta solo che si sia calmato un po'. - mi confessò sollevandomi il mento con le sue dita lunghe.

Strinsi il labbro tra i denti per non cedere al pianto, ma il mio sforzo fallì quando Jungkook mi racchiuse tra le sue braccia forti. Non mi ero mai sfogata con nessun altro oltre Jimin, era sempre stato il mio unico supporto, ma mi lasciai andare completamente. Jungkook mi sostenne mentre affondavo il viso sul suo petto caldo e mi accarezzò la testa con dolcezza, sussurrandomi che tutto si sarebbe risolto. Si allontanò un momento per tornare con una scatola di fazzoletti e mi tamponò le lacrime sulle guance arrossate.

- Sai, posso capire Jimin. Il giorno dell'incidente io e Hobi siamo accorsi subito, eravamo tremendamente preoccupati per te, ma Jimin era spaventoso. Non ti ha lasciato un secondo prima che arrivassero i soccorsi e dopo tremava come una foglia. Piangeva senza sosta ripetendo che era tutta colpa sua. -

Le mie lacrime si fermarono di botto ascoltando il suo racconto, nessuno mi aveva mai parlato dell'incidente.

- Non hai abbandonato l'ospedale mentre eri ricoverata e quando ha scoperto dell'amnesia è sprofondato. Continuavamo a ripetergli che eri sempre tu, ma non servì a molto. Si è buttato in quelle relazioni malsane solo per affogare i suoi sensi di colpa e per annullare la tua mancanza. Ma non hai mai smesso di incolparsi e ne ha sofferto molto. - concluse con un sorriso mesto.

Quel discorso non aveva affatto migliorato il mio umore già basso, era precipitato al centro della Terra. Sapevo di averlo deluso, tradito, ferito, ma non potevo tornare indietro e ricominciare daccapo.

- Volevo solo che non soffrisse più...- dissi a fatica.

- Aspetta. - mi intimò Jk.

Prese il cellulare e digitò velocemente un numero. Non capii con chi stava parlando, ma chiese dove fosse andato qualcuno prima di riagganciare.

-J imin sta tornando a casa di Tae. Se ti sbrighi, puoi parlarci. - mi disse felice.

Lo baciai sulla guancia per ringraziarlo e corsi fuori dal condominio per aspettare Jimin. Ero sul marciapiede che aveva assistito al nostro litigio e poi al mio incidente, dove tutto era cominciato. Attesi sotto un terrazzino per ripararmi dalla pioggia battente, era talmente forte che sembrava quasi grandine. Avvistai un ombrello rosa pallido avvicinarsi piano verso l'entrata del palazzo e riconobbi subito il proprietario. I suoi capelli scuri si confondevano con il grigiore circostante e i suoi occhi profondi si bloccarono quando incontrarono i miei. Jimin fece per voltarsi, ma mi tuffai tra le gocce di pioggia e lo abbracciai con uno slancio in avanti. L'ombrello cadde sul selciato fradicio lasciandoci sotto quella cascata piovana. Le sue braccia rimasero abbandonate lungo i fianchi, inermi, per la prima volta non stava rispondendo alla mia stretta.

- Ascoltami. - lo supplicai senza lasciarlo.

- Tu mi hai ascoltato il giorno dell'incidente? -

Mollai la presa, come se improvvisamente la pioggia fosse diventata fuoco ardente e lo guardai incredula. Un rivolo di vapore uscì dalla mia bocca quando lo implorai di nuovo; non sentivo il freddo pungente. Le mie lacrime si mescolarono all'acqua che mi stava bagnando completamente, ma lui non cedette alla mia supplica. Raccolse l'ombrello in silenzio e si coprì la testa bagnata mentre mi guardava senza espressione.

- Per favore.- gracchiai piano, stavo quasi per inginocchiami davanti a lui.

Volevo solo rimediare a tutti gli errori, a tutta la sua sofferenza, perché meritava di essere felice.

- Non voglio ascoltarti. - disse, come risposi io prima di gettarmi in mezzo alla strada. - Hai avuto fin troppe occasioni per parlarmi, ma non mi hai mai detto la verità. -

- Lo so, non ho scusanti. Però... -

I suoi occhi scuri, nei quali avevo sempre trovato riparo, in quel momento mi terrorizzarono come un pozzo senza fondo. Avrei voluto confessargli tutte le mie paure e dubbi che mi avevano spinta a tacere per così tanto tempo, invece allungai una mano per stringere la sua in un gesto disperato; ma lui si lasciò nemmeno sfiorare, quasi infastidito dalla mia presenza.

Si voltò facendo ondeggiare le sue ciocche umide e si allontanò da me senza esitazione. Ed io rimasi li, immobile, tra i singhiozzi e sotto la pioggia gelata.


"I'm standing here alone." - Let Me Know

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Poco palese il mio riferimento all'Highlight Reel, vero?

Quella scena mi è sempre piaciuta da morire e, strano ma vero, adoro la pioggia nelle situazioni tristi. 

Spero vi piaccia anche questo capitolo! 

Grazie mille a tutti <3

꧁La Città di Smeraldo꧂ p.jm. {CONCLUSA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora