2018
[Jimin POV]
Il campanello mi svegliò di soprassalto ed impiegai qualche secondo per connettere il cervello. Ipotizzai che fossero le due di notte; le due e mezza secondo la mia sveglia sul comodino. Preferii non abbagliarmi con le luci, così mi diressi verso il portone come uno zombie, brancolando nel buio. Il suono del campanello mi martellava le orecchie; chiunque mi fossi ritrovato di fronte, l'avrei ucciso. Feci scattare il chiavistello controvoglia e riconobbi subito la mia migliore amica.- Diana, che ci fai a...? - il mio tono alquanto irritato si spense, non appena notai che qualcosa non andava.
Aprii gli occhi di colpo, quando vidi un rivolo di sangue uscire dalla sua bocca per finire sullo scollo della maglia.
- Jimin... - sussurrò in una supplica.
Si teneva un braccio con una mano, come se volesse nascondersi per la vergogna e tremava vistosamente. La presi per le spalle per guardarla meglio sotto la luce gialla dell'ingresso: il labbro inferiore era gonfio, la guancia leggermente violacea ed i capelli arruffati. Si afflosciò su di me, come un fiore appassito, così la trascinai in casa, prima di poterle chiedere cosa fosse successo. Non riusciva a reggersi sulle gambe, allora la issai tra le braccia e poi la adagiai sul divano con delicatezza. Era continuamente scossa da tremori e stringeva gli occhi in una smorfia di dolore.
- Ma cosa cazzo è successo? - riuscii a chiedere, cercando di mantenere la calma.
Spalancò gli occhi, come se avessi risvegliato qualcosa in lei ed iniziò a respirare affannosamente. Mi sentii in colpa per averle fatto quella domanda, ma sapevo come comportarmi. Decisi di prendere del ghiaccio dal congelatore, perchè la bocca iniziava a scurirsi. Non parlava e non piangeva, forse questo mi preoccupò più di tutto. Avvolsi il ghiaccio in un panno e, dopo aver ripulito la macchia di sangue, lo posai sul labbro ferito. Diana sussultò appena e le lacrime uscirono come una cascata.
- Jimin, io... - provò a dire tra i singhiozzi.
- Non importa. Stai tranquilla. - le afferrai la mano tremante per calmarla, ma si stava agitando sempre di più.
Sentii le viscere contrarsi in una morsa dolorosa, non l'avevo mai vista così.Tolsi il ghiaccio dal suo viso per asciugarle le lacrime con un fazzoletto, ma non bastava. Mi avvicinai per sussurrarle che andava tutto bene e lei mi accarezzò il viso con le dita agitate. Gemeva sotto quel pianto così disperato e respirava a fatica. Cercavo di tranquillizzarla con delle piccole carezze sul volto e con le mie parole. Nonostante il ghiaccio, la guancia stava diventando scura e gonfia, così ipotizzai che avesse ricevuto un pugno.
- Sono qui, piccola. - ripetevo senza sosta, mentre mi cresceva la rabbia.
All'improvviso vidi un attimo di lucidità nei suoi occhi, poi si tappò la bocca con una mano.
- Mi viene da vomitare. - mormorò dietro le dita.
Decisi di non costringerla ad alzarsi, così le porsi il cestino della cucina. Era poco elegante, ma non vedevo altre soluzioni. Raccolsi i suoi meravigliosi capelli corvini, rovinati in quel groviglio di nodi, e sentii gli spasmi della sua gola.
Cosa l'ha ridotta così? Mi chiedevo di continuo.
- Diana, ascoltami. Devi dirmi cosa è successo, altrimenti non so cosa fare. - la intimai, mentre le tamponavo la bocca con un tovagliolo. Ritraendo il braccio, colpii accidentalmente la sua anca con il gomito e lei urlò di dolore. Senza chiedere il permesso, alzai la maglia per controllare il punto colpito e mi abbandonai sulle ginocchia: dei grossi lividi rossastri percorrevano il suo ventre dal bacino fino all'inizio dello stomaco.
- Devo portarti in ospedale. - dissi con un tono inespressivo.
Diana si dimenò all'improvviso e mi ripeteva implorante: " No, no."
- Potresti avere delle ferite interne! - esclamai esasperato.
Con tutto me stesso speravo che non fosse nulla di grave. Non mi ascoltava e ricominciò a piangere rumorosamente. Perché non voleva farsi visitare? Cosa doveva nascondere?
- Allora chiamo il nostro medico. -
Nonostante le sua proteste, il medico arrivò una decina di minuti dopo. Durante la visita cercava di captare più informazioni possibili circa l'accaduto, ma Diana non collaborava. Alla fine l'uomo si arrese e ci lasciò una pomata e degli antidolorifici. Quando lo accompagnai alla porta, feci per ringraziarlo, ma lui mi fermò.
- Non sono ferite gravi e per fortuna non ha lesioni interne. Posso dirti con certezza che ha ricevuto dei colpi. Domani falle qualche domanda. Se sa chi è stato, lo deve denunciare. - mi spiegò sottovoce.
Se ne andò con uno sguardo dispiaciuto sotto gli occhiali piccoli, tipici dei dottori. Tornai verso il divano e mi inginocchiai vicino a Diana che rantolava. Era avvolta da una coperta leggera, ma non poteva rimare in intimo per tutta la notte. L'elastico dei pantaloni probabilmente le avrebbe fatto male sulla pancia, così scelsi una mia felpa molto lunga. Si lasciò aiutare per indossarla e bevve l'antidolorifico in un solo sorso. Preferii non tempestarla di domande, adesso che si era finalmente calmata. Sistemai un cuscino sotto la sua testa e rimboccai la coperta con cura.
- Risposati un po', ok? - la invitai dopo averle baciato la fronte.
Una lacrima solitaria scese sulla sua tempia, bagnandole la vecchia ferita. Mi sfiorò una guancia con le nocche, quello stesso gesto che avevo compiuto nella mia stanza a Tokyo, quando mi stava consolando. Un sospetto si formulò nella mia mente in quel preciso istante: l'utima volta che avevo visto Diana era insieme a Pietro.
No, non poteva essere vero.
Forse era successo qualcosa mentre stava tornando a casa, anche se mi aveva detto che sarebbe rimasta con lui quella notte. Non dovevo arrivare a conclusioni affrettate, ma il sospetto si insidiò in me come veleno. Per fortuna Diana interruppe quei pensieri tormentati, perché si sollevò appena per abbracciarmi. Sentire nuovo il suo corpo contro la mia pelle, mi diede il capogiro: erano mesi che non provavo più quella sensazione a cui mi ero abituato per anni. Ispirai il suo profumo dolce mischiato ad un'altra aroma sgradevole, quello di un uomo.
- Non andare via - mi pregò con un filo di voce.
- Tranquilla, sto qui con te. - la rassicurai lisciandole i capelli sulla nuca.
Questa volta pianse in silenzio. La cullai tra le braccia per farle capire che non l'avrei lasciata sola, mai. Avrei voluto dormire accanto a lei, ma temevo di farle male. Così intrecciai le mie dita alle sue, seduto per terra, e lei mi guardò con gli occhi gonfi per qualche secondo.
- Ti voglio bene. - sussurrò infine.
- Anch'io ti voglio bene. - risposi prima di vederla chiudere gli occhi e scivolare nel mondo dei sogni.
"Forever with you." - For you
.
.
.
Salveeee
Eccomi di nuovo qua con questo capitolo un po' diverso dal solito!
Fatemi sapere cosa ne pensate 🙏🏻🙏🏻
Grazie a tutti i lettori ❤️❤️❤️
STAI LEGGENDO
꧁La Città di Smeraldo꧂ p.jm. {CONCLUSA}
FanfictionDiana è una ragazza dalle origini italiane che ha vissuto a Busan, il suo migliore amico si chiamava Jimin e la abbandonò all'età di 15 anni per inseguire il suo sogno a Seoul. Tra varie peripezie, i due non hanno più notizie e si rincontreranno 6 a...