Inferno

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2018

[Diana POV]

Pietro era a Seoul da tre settimane ormai e si comportava in modo strano. La sua presenza stava diventando soffocante, tanto che iniziò ad infastidirmi la sua vicinanza. Non riuscivo a parlare con nessuno, soprattutto con i ragazzi.

Qualche giorno dopo il mio ritorno, avevo chiamato Taehuyng per chiedergli se li avessi trovati nella sala prove. Pietro mi aveva rivolto uno sguardo accusatorio ed era evidente che non gradiva la mia confidenza con loro. Solo Tae sapeva la verità su di me e quel pomeriggio cercai di parlargli nel camerino con la scusa di sistemare la sua camicia.

- Sei sicura di voler mantenere il segreto? Soprattutto con Jimin? - mi aveva domandato senza farsi sentire.

- Si, almeno finché Pietro non torna in Italia. - bisbigliai vicino al suo orecchio.

- Come vuoi. Sappi che Jimin ne sta soffrendo molto, non ha mai smesso di incolparsi. - si premurò. Apprezzavo quanto tenesse al suo amico e gliene fui infinitamente grata.

- Lo so, ti prometto che glielo dirò. -

Poi lo ringraziai con un piccolo bacio sulla guancia. Tae rimase un attimo spiazzato perchè non era abituato a quel contatto fisico. Il suo viso prese colore e mi scompigliò teneramente i capelli corvini.

Nonostante Pietro fosse con me, avevo bisogno di affetto. Non potevo più contare su Jimin, il quale si confondeva con Naomi, per cui "ripiegavo" sui gli altri sei. Arrivai persino ad abbracciare Yoongi un giorno, per aver ammesso che in fondo ero mancata anche a lui. Ma non mi resi conto del malessere che stava crescendo dentro al mio ragazzo.

Erano quattro mesi che non mi allenavo con Jungkook ed una sera decisi di rimediare alla mia accidia. Pietro assistette all'intero allenamento, seduto a braccia conserte, senza distogliere lo sguardo nemmeno un secondo.

- Deve rimanere qui per forza? Mi sta mettendo ansia.- mi confessò Kookie nell'orecchio, mentre mi mostrava una presa.

- Ignoralo, tanto tra qualche giorno se ne va. - risposi sottovoce.

Scollegai il cervello per quell'ora e mi sentii finalmente rinata. Riuscivo a scaricare tutta la tensione accumulata durante il giorno. Per un attimo la mia vista mi ingannò, vidi Jimin al posto di Pietro che mi guardava con il suo meraviglioso sorriso. Scossi la testa per riprendermi e il mio insegnante mi bloccò con una mossa fulminea.

- Ti sei distratta.- mi rimproverò, mantenendo la stretta.

- Perdonami, Sensei.- risposi e ridemmo insieme.

Pietro attese che mi fossi lavata e cambiata, poi lo accompagnai all'hotel. Non avevo ancora passato una serata con i miei amici a causa sua, voleva tenermi tutta per sè. Avevo deciso di assecondarlo, perchè più avanti non avremmo avuto occasione di rivederci così spesso. Entrammo nella stanza e mi abbandonai sul letto con poca grazia, ero sfinita.

- Ho notato che con loro hai molta confidenza. - disse Pietro dopo aver riposto il giubbotto sull'attaccapanni.

- Si, sono come una famiglia per me. - risposi con sincerità, guardando il soffitto.

- Bè, con alcuni hai degli atteggiamenti non proprio adatti ad una famiglia. - mi guardò torvo.

- Cosa vorresti dire? - mi sollevai di scatto con la fronte corrucciata.

- Mi da fastidio che ti strusci a tutti. - Pronunciò avvicinandosi al bordo del letto, sembrò veramente irritato.

- Ti assicuro che non c'è niente di male. Se avessero voluto, mi sarebbero saltati addosso molto tempo fa. Fidati. -

- Ok. - pronunciò poco convinto.

Si chinò su di me e cominciò a baciarmi con passione. Sapevo bene che intenzioni aveva, ma in quel momento non volevo accontentarlo; quella discussione mi aveva turbata. Riposi al bacio controvoglia e quando posò le labbra sulla clavicola dolorante, mi uscii un gemito di dolore. Pietro non parve darci peso e continuò imperterrito il suo percorso sul mio collo.

- Aspetta, sono troppo stanca stasera. - lo allontanai piano con le braccia.

- Anche ieri sera seri stanca, quanto dovrei aspettare? - Vidi un qualcosa di strano nei suoi occhi che mi scombussolò.

- Sono davvero esausta. Il lavoro, gli allenamenti... -

- Esatto, potevi evitare di allenarti stasera. -

- Pietro, per favore. Non ne ho voglia, ok? Jimin mi ha persino visto il livido oggi e non sapevo cosa dirgli. - stavo perdendo la pazienza, così mi alzai per allontanarmi ancora di più.

- Perché? devi giustificarti con lui? - sbattè i palmi delle mani sul materasso.

- No, però mi hai fatto male. Potevi evitare di mordermi così forte."

- Ah, si? Vediamo, poi chi è il tuo caro amichetto? Quel Taehyung? Ti ho vista che lo baciavi l'altro giorno. - Era furioso.

- Tu mi hai spiata? - chiesi indignata, indicandomi il petto con l'indice.

- Passavo davanti al camerino, quando ho visto quella scena. -

- Ma era solo un bacio sulla guancia! - esclamai esasperata, era troppo ridicola quella litigata.

- Allora. Ti strusci a quel rapper nano, baci Taehyung, fai vedere il collo a quello che dice di essere il tuo migliore amico e poi tocchi il tuo Sensei ovunque con la scusa di allenarti. Cosa dovrei dire?!- Stava urlando in piedi di fronte a me e mi stava spaventando.

- Abbassa i toni, hai capito? Io faccio quel cazzo che mi pare della mia vita! -

Quella frase fece scoccare una scintilla nei suoi occhi. Sentii un colpo sulla guancia che mi costrinse a voltare la testa verso la finestra. La mia vista si annebbiò per qualche istante e poi la mia pelle prese fuoco nel punto dove avevo ricevuto lo schiaffo. Non reagii, perché ero troppo sorpresa ed incredula, soprattutto terrorizzata.

- Sei la mia ragazza e fai come voglio io. - spuntò con una rabbia folle, mentre mi stringeva le guance tra le dita per costringermi a guardarlo.

Il mio corpo non si muoveva, nonostante il mio cervello mandava impulsi a tutti i muscoli. Ero pietrificata dal suo sguardo di ghiaccio che non avevo mai visto. Non capii cosa lo fece impazzire, ma mi mollò un secondo schiaffo che mi portò a sbattere il bacino contro la scrivania. Mi accasciai a terra dal dolore e sentii un colpo sulla bocca dello stomaco. Mi mancò il fiato, poi percepii il tipico sapore ferroso del sangue sulla lingua. Boccheggiavo, mentre Pietro si accucciava su di me e mi afferrava i capelli.

- Hai capito o devo spiegartelo di nuovo? -

Non era la sua voce, era quella di un mostro.

Finalmente le mie braccia si mossero e lo colpii sul trapezio con la mano tesa. Si accasciò a peso morto su di me e riuscii a spostarlo per uscire da quell'inferno. Era notte fonda e l'hotel era avvolto nel sonno, il silenzio era spaventoso. Oltrepassai la hall con il fiato corto e chiamai un taxi cercando di coprirmi il voltò con il cappuccio della felpa. Non riuscivo a ragionare, la mia mente non poteva elaborare tutto ciò: sembrava un incubo. L'adrenalina mi spinse fino davanti alla porta di casa mia, ma le mani mi tremavano a tal punto da non riuscire ad azzeccare la serratura. Suonai il campanello insistentemente e stavo per telefonare a qualcuno, quando Jimin mi aprì la porta.

- Diana, che ci fai a...? - si interruppe e sgranò gli occhi pieni di sonno.


"Why there is no end and always hell?" - Whalien 52

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Buonasera!

Sono in ritardissimo, ma d'ora in poi inizierà un periodo incasinato per me (Studio e lavoro;;)

Cercherò di aggiornare comunque regolarmente, ma con qualche giorno di distanza in più...capitemi T_T

Spero che comunque vi continui ad interessare la mia storia <3

Grazie a tutti **

꧁La Città di Smeraldo꧂ p.jm. {CONCLUSA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora