2018
[Jimin POV]
Perché Tae doveva sempre metterci lo zampino?
Avevo fatto quella simpatica scoperta non appena avevo aperto la valigia. La scatolina scura emergeva dai miei vestiti come uno scoglio in mezzo al mare, ero riuscito a nasconderla senza che Diana se ne accorgesse. Purtroppo mi ero dimenticato di spostarla e non mi ricordavo che accanto c'era il mio carica batteria. Il mio piano mal studiato andò in frantumi e non sapevo cosa dire perché non volevo che Diana si facesse una strana idea su di me. Non volevo forzarla in qualcosa che dovrebbe essere spontaneo e voluto da entrambi, anche se non vedevo l'ora. Diana non sembrava offesa, ma nemmeno divertita: era impassibile e si comportò come se non avesse visto niente. Rimase comunque quell'alone di leggero imbarazzo che ci avvolse, quando giunse il momento di prepararci per andare a dormire; in tacito accordo avevamo stabilito che ci saremmo cambiati in bagno a turno. Ad un certo punto vidi Diana lanciare i suoi vestiti sul letto uno dopo altro finché non raggiunse il fondo della valigia. Disse qualcosa in italiano che risultò non troppo carino alle mie orecchie, anche se non capii il significato.
- Ho dimenticato pure il pigiama. - esclamò affondando il sedere sul materasso.
- Ti presto qualcosa. -
Rovistai di nuovo tra le mie cose, ma non pescai nulla di adatto, eccetto una camicia abbondante.
- Quella andrà benissimo. Domani prendo un pigiama a casa mia. -
Poco dopo uscì dal bagni e mi ricordò subito la sera del mio compleanno. La studiai dalla testa ai piedi: i capelli scuri leggermente spettinati, la camicia scesa appena su una spalla, i bottini aperti poco prima del seno abbondante e gli occhi blu che mi chiedevano cosa avessi da fissare. Afferrai la sua vita coperta dal tessuto leggero arricciando la stoffa verso l'alto, ma lei non se ne curò. Per un momento ci studiammo entrambi sospesi sul da farsi, come facevamo molto spesso. Poi allacciò le mani dietro al mio collo e strinse lievemente il mio labbro inferiore tra i suoi denti candidi. Nasceva sempre quella specie di campo magnetico tra di noi che ci attraeva verso il centro per soddisfare la voglia che avevamo l'uno dell'altro. Così cancellai quei miseri millimetri che impedivano ai nostri corpi di toccarsi e premetti di più le dita sulla camicia sollevandola ancora un poco. Questa volta furono i miei denti a rubare il suo labbro con un movimento lento e preciso; volevo custodire quel tesoro morbido, perchè era mio e di nessun altro. Allontanai il viso per poter cogliere ogni dettaglio dei suoi zaffiri che mi guardavano con un'espressione incantata.
- Ancora. - sussurrò.
Per un istante non mi mossi.
Erano passati quasi due mesi dal nostro primo bacio e non l'avevo mai vista così: le sopracciglia piegate in una curva sognante, le iridi lucide che riflettevano la mia immagine e le labbra formose socchiuse per lasciar passare quella singola parola sospirata. Sembrava che non desiderasse altro in quel momento, così la accontentai.
- Ancora. - ripetè dopo una piccola pausa.
Continuai ad assecondarla finché i suoi occhi assonnati non chiesero un po' di riposo dopo tutte quelle ore di volo.
La mattina dopo venni svegliato da un violento raggio di sole che tagliava come una lama sui miei occhi stanchi. Diana era stesa su un fianco verso di me e i miei occhi non poterono ignorare le curve del seno che si affacciavano dall'apertura della camicia. La sua coscia ripiegata lasciava intravedere il delicato ricamo di pizzo della sua biancheria ed il suo indice spingeva verso il basso il labbro che avevo morso solo poche ore prima.
Come ho fatto a resistere ieri sera? Mi chiesi tra me e me.
Sfiorai appena la pelle nuda della sua gamba, posata sopra le coperte, per poi risalire verso il bacino, ma Diana decise di farmi morire d'infarto.
- C'è un ragno nel letto! - urlò sollevandosi con uno scatto.
- Ma sei pazza? - posai una mano all'altezza del cuore per controllare che fosse ancora al suo posto e soprattutto funzionante.
- Mi stavi toccando? - chiese mentre cercava qualcosa nel letto con lo sguardo.
- Ti ho solo sfiorata. -
- Pervertito. -
La catturai tra le braccia in modo da bloccarla sopra di me mentre si dimenava come un'anguilla. Constatai più volte con piacere che la nostra complicità non era affatto cambiata.
A pranzo ci ritrovammo a casa dei genitori di Diana: sua mamma aveva insistito per prepararci uno "spuntino" coi fiocchi. Appena varcata la soglia, rischiammo di morire strangolati dalle braccia della signora e di diventare sordi.
- I miei bambini! - aveva strillato con gli ultrasuoni. - Quanto sei cresciuto, tesoro! - aggiunse mentre mi stuzzicava le guance.
Perchè tutti erano fissati con i miei zigomi?
Mentre questa domanda di vitale importanza mi tormentava, ci accomodammo a tavola accompagnati dalle scuse del padre per il comportamento della moglie; in effetti non la ricordavo così rumorosa. Riuscivano entrambi a parlare ancora coreano, così mi sentii più a mio agio perché l'ultima volta che li avevo visti, io e la loro figlia eravamo solo amici.
- Allora, a quando il matrimonio? - chiese Anna tutto d'un tratto.
- Mamma! Stiamo insieme da due mesi! - la rimproverò Diana.
- E quindi? Vi conoscete da quando avevate 5 anni. -
Paolo roteò gli occhi e sbuffò, mentre buttava giù un'abbondante forchettata di spaghetti. -Lasciali in pace. -
- Se Diana non avesse perso tempi con altri ragazzi, a quest'ora... -
- Mamma! - la richiamò per l'ennesima volta la figlia.
- Io ho sempre tifato per te, tesoro! - disse.
- Grazie, mi fa piacere saperlo. - sorrisi appena.
- Almeno tre nipoti, mi raccomando. Ho sempre sognato diventare nonna. - si abbracciò le spalle ed io mi strozzai con il boccone che stavo masticando.
Quel pranzo sembrò durare tre ore, non vedevo l'ora di alzarmi per sgranchirmi le gambe e soprattutto cambiare argomento.
Finalmente Diana mi guidò per il tour casalingo fino in camera sua e poi immerse la testa dei cassetti alla ricerca di un pigiama. La lasciai frugare nell'armadio a malincuore perchè adoravo vederla con la mia camicia addosso, però tentai comunque.
- Perchè non tieni la mia camicia? E' comoda, no? -
Spostò la sua attenzione azzurrina su di me mentre le sue mani affondavano tra i vestiti. - Ti piace vedermi vedermi mezza nuda, vero? - chiese con uno sguardo malizioso.
- Dovrei negarlo? -
Nel frattempo mi ero avvicinato lentamente, così da poter afferrare i suoi fianchi morbidi e stavo per divorarla, ma sua madre decise di spalancare la porta.
- Oh, scusate. - disse ed io lasciai la stretta. - Te lo dico dopo, Diana. Continuate pure. - ammiccò ed uscì dalla stanza.
Diana sospirò e si portò una mano sulla fronte. - Per fortuna abitiamo a Seoul. -
"The reason I survived the hell, it's for you." - Make it Right
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Scusate il ritardo, ma ho potuto aggiornare solo ora.
Ringrazio ancora per le oltre 1k letture, vi amo <3
A presto!
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꧁La Città di Smeraldo꧂ p.jm. {CONCLUSA}
FanfictionDiana è una ragazza dalle origini italiane che ha vissuto a Busan, il suo migliore amico si chiamava Jimin e la abbandonò all'età di 15 anni per inseguire il suo sogno a Seoul. Tra varie peripezie, i due non hanno più notizie e si rincontreranno 6 a...