Un'altra Promessa

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2018

[Diana POV]

Per tutto il giorno e la notte mi agitai sul divano in uno stato di semi coscienza, coprendomi e scoprendomi di continuo. La mattina dopo mi sentivo uno schifo sia per sfebbrata sia per il litigio con Jimin. Non ricordavo bene cosa fosse successo dopo essere tornata a casa, avevo la mente confusa e sentivo un fastidio sullo sterno quando respiravo.

- Idiota. - mi ripresi.

Dopo aver discusso sotto la pioggia, ero rientrata a casa completamente fradicia ed infreddolita; la doccia calda non aveva fatto un gran lavoro. Da quando Jimin aveva scoperto la verità, avevo dormito pochissimo e tutto quel sonno accumulato si era aggiunto sul mio fisico già debole. Mi sollevai a sedere con la testa che chiedeva pietà, ma dovevo farmi un bagno. Mi immersi nell'acqua bollente rabbrividendo appena, a confronto il mio corpo stava bruciando. L'orologio sulla parete segnava le 6, quindi ipotizzai che Jimin stesse ancora dormendo. Non riuscii a rilassarmi, così abbandonai la vasca e mi avvolsi i capelli in un turbante: avrei svegliato il mio coinquilino con il rumore dell'asciugacapelli.

- Coinquilino? - sbuffai amareggiata.

Come avrei dovuto definirlo? Non eravamo più migliori amici, ma nemmeno fidanzati. Mi rivestii chiedendomi se avessimo mai definito il nostro rapporto dopo quel litigio, poi mi ributtai sul divano con il mio fedele pigiama. Il termometro mi avvisò che la febbre non era ancora passata, ma almeno era diminuita un po'. Sentii una porta aprirsi e poi il suono dell'acqua corrente, poco dopo un Jimin assonnato apparve dal corridoio con il suo pigiama a righe. I suoi capelli scuri erano dritti ed arruffati come ogni mattina, ma persino loro mi erano mancati in quei due giorni.

- Come stai? - chiese mentre frugava nei cassetti della cucina.

- Meglio, grazie. - risposi tormentando la coperta.

Si avvicinò a me per posarmi una mano sulla fronte e quel contatto mi fece trasalire, come se non mi avesse mai toccato in quegli anni.

- Infatti non scotti come ieri. - constatò. - Hai fame? -

- Sì, molto. - risposi sottovoce.

Pochi minuti dopo mi lasciò un vassoio sulle ginocchia con un po' di latte, caffè e biscotti a volontà. Masticai in silenzio, mentre lanciavo qualche occhiata verso il tavolo dove era seduto per godersi il suo riso mattutino. Volevo abbracciarlo e baciarlo più di ogni altra cosa, in soli due giorni mi era mancato da morire. Non potevo nemmeno immaginare quanto avesse sofferto durante i miei quattro mesi in Italia e mi sentii di nuovo schiacciata dai sensi di colpa.

- Non vado all'agenzia oggi. - mi disse dalla cucina.

- Come mai? -

- Devo prendermi cura di te. - ammise con un dolce sorriso ed io riportai lo sguardo sul vassoio.

- Non voglio che salti un giorno di prove, sto meglio. -

In quel momento fui scossa da un colpo di tosse; ogni volta che parlavo sentivo la gola che pizzicava e i bronchi che dolevano. La mia vista si offuscò per un momento e non riuscii a smettere di tossire. Jimin corse subito da me e mi prese per le spalle mentre mi coprivo la bocca con le mani.

- Non stai per niente bene. - disse quando tornai a respirare.

- Se sto peggio, ti chiamo. Per favore, vai alle prove. - lo pregai a fatica.

Non volevo essere la causa delle sue assenze, gli stavo creando un problema dietro l'altro.

- Non preoccuparti. Ti aiuto ad asciugarti i capelli. -

Sparì nel corridoio prima che potessi controbattere e tornò armato di pettine ed asciugacapelli.

- Faccio da sola. - protesi la mano timidamente.

- Ricambio il favore, no? -

Abbassai gli occhi verso il pavimento, mi sentivo come se avessi commesso un grave crimine e mi trovavo davanti ad un commissario di polizia. Mi limitai a sedermi sullo sgabello per abbandonarmi alle sue cure. Allora sciolse il nodo del turbante e strizzò le punte bagnate dei miei capelli. Affondai i polsi tra le mie cosce mentre mi stropicciava i capelli sotto il getto di aria calda. Inevitabilmente rividi me stessa che titubava di fronte al suo migliore amico a petto nudo. Provai una difficoltà simile di quel giorno: il non sapere come comportarsi e sentirsi a disagio, odiavo quell'atmosfera.

L'amore è così crudele? mi chiesi come tre anni prima davanti alla statua di Apollo e Dafne.

In quel caso mi sentii come Apollo che cercava di afferrare Dafne, ma continuava a sfuggirli. All'epoca ero totalmente ignara di ciò che mi avrebbe portato il mio ritorno a Seoul e non mi ero mai pentita un secondo della mia scelta: avevo ritrovato l'uomo della mia vita. I miei occhi si appannarono lentamente e cercai di cancellare le lacrime imminenti con il dorso della mano, sperando di non essere vista. I miei capelli lunghi mi celavano come un sipario che Jimin separò per guardarmi.

- Hai bisogno di sdraiarti? -

Scossi la testa e mi liberai da quella massa scura che mi nascondeva, ma non alzai la testa.

- Guardami. - mi ordinò, ma io non obbedii.

Il peso dei sensi di colpa mi stava schiacciando la nuca verso il basso come la forza di gravità aumentata. Jimin prese una parte di quel carico sollevandomi il mento tra le dita minute. Le sue iridi erano tornate quelle di un tempo: un porto sicuro in cui attraccare dopo giorni di smarrimento nel mare tormentato.

- Ti amo anch'io. - pronunciò.

In quel momento ricordai la sera prima quando gli avevo confessato il mio amore in balia della stanchezza. Bagnai subito le sue dita ancora sul mio viso e lui mi regalò il sorriso più bello che avessi mai visto. Lo conoscevo da una vita, ma certi aspetti del suo carattere mi erano ancora sconosciuti; era capace di sorprendermi andando oltre ogni mia aspettativa. Ogni dubbio, ogni problema, ogni tormento venne spazzato via con quelle poche parole e le mie labbra sembravano impazzite: fremevano per il pianto e per la gioia. Jimin le tranquillizzò con il tocco delle sue, morbide e calde, un movimento dolce che guarì persino la mia febbre per un momento.

Quel giorno parlammo a lungo sul nostro divano, alternando le parole ai baci. Finalmente gli confessai ogni cosa, dalla più banale alla più complicata e lui mi rimproverò per non avergli mai parlato a cuore aperto.

- Ho persino avuto paura che tu ti fossi innamorato della Diana senza ricordi... - dissi ad un certo punto imbarazzata.

- Seriamente? - chiese lui accigliato.

Annuii con un cenno del capo contro il suo petto caldo senza guardarlo, sapevo che non avrei nemmeno dovuto metterlo in dubbio.

- Sei una stupida, sai? Con o senza ricordi, sei la stessa ragazza di cui mi sono innamorato dieci anni fa. -

Mi lasciai baciare la fronte mentre sorridevo, ascoltando quelle parole rassicuranti. Era davvero un ragazzo meraviglioso, meritava solo di essere amato a sua volta e mi promisi che l'avrei fatto con tutte le mie forze.


"Love is nothing stronger than a boy with love." - Boy With Luv

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Ecco un altro capitolo che spero vi piaccia!

Volevo aggiornare prima di domenica per augurare  a tutti BUONA PASQUA!!

Grazie come sempre di leggere la mia storia, davvero <3

A presto!!

꧁La Città di Smeraldo꧂ p.jm. {CONCLUSA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora