Eco

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2018

[Jimin POV]

Verso metà mattina Yun arrivò di corsa in sala prove per richiamarmi. - Diana non sta bene, puoi venire un momento? -

La seguii tra sbuffi esasperati, con la convinzione che Diana stesse fingendo tutto solo per attirare la mia attenzione. In parte mi ricredetti, quando la vidi rannicchiata sul divanetto di un camerino coperta da un lungo piumino.

- Ha la febbre alta. Dovrebbe tornare a casa, ma noi non possiamo assentarci. - mi disse Yun dispiaciuta.

Mi inginocchiai accanto al divanetto e guardai un momento Diana: aveva gli occhi chiusi in una smorfia sofferente, la bocca socchiusa, le guance arrossate e sembrava respirare a fatica. Toccai la sua fronte bollente e lei socchiuse leggermente gli occhi stanchi; stava tremando. Chiesi le chiavi dell'auto di Jin in prestito per accompagnarla a casa, per fortuna quel giorno la mia presenza non era particolarmente necessaria per le prove. Diana si abbandonò totalmente contro di me, quando la sollevai per coprirla con il suo cappotto, non poteva fingere così bene.

- Scusa... - mi sussurrò piano mentre uscivamo dall'edificio.

Si sedette sul sedile del passeggero immergendosi nei vari strati di tessuto come se cercasse di riscaldarsi, poi posò la nuca sul poggia testa e chiuse gli occhi. Il motore rombò sotto di noi e occupò quel silenzio forzato dal nostro disagio.

- Sei rimasta sotto la pioggia ieri, vero? - chiesi con l'attenzione rivolta alla strada.

La sentii annuire con un suono di assenso, ma non aprì bocca.

- Sei una stupida. E' freddo, sapevi che ti saresti ammalata. - la ammonii perchè ero quasi convinto che avesse architettato tutta quella messa in scena, come aveva fatto da un anno a quella parte.

Di nuovo non mi rispose e si voltò verso il finestrino per osservare la pioggia battente che non aveva smesso di cadere dal giorno prima.

Nonostante mi sforzassi di focalizzare la mia mente su altro, mi appariva sempre il suo volto bagnato che mi guardava implorante. Ero arrabbiato, deluso, amareggiato, ma sarei comunque corso da lei. Mi stavo costringendo a rimanerle lontano, eppure il mio cuore ferito la cercava continuamente come se fosse la sua medicina lenitiva.

Una volta a casa, la condussi fino al divano sottobraccio e poi stesi una coperta pensate sopra di lei. Quel semplice gesto fece vacillare tutte le mie convinzioni: tremava come quella volta terribile in cui suonò il campanello nel cuore della notte. Diana tirò la coperta fin sotto al mento e si distese di lato, verso di me, stringendo gli occhi. Sembrava sentire molto freddo e fermai il mio istinto di abbracciarla per riscaldarla. Scossi appena la sua spalla per invitarla a bere un po' d'acqua, così si mise a sedere contro lo schienale del divano. Afferrò il bicchiere con le dita tremanti e mi chiese un asciugamano per pulirsi la fronte dal sudore febbrile. Così tamponai la sua palle lucida e sentii i suoi occhi insistenti su di me, sapevo che voleva dirmi qualcosa.

- Grazie. - mormorò solamente.

Il silenzio calò come la lama di una ghigliottina ed era insopportabile per entrambi.

- Vuoi cambiarti i vestiti? - chiesi con gentilezza.

Annuì di nuovo con un solo piccolo gesto del capo, così la accompagnai in camera e non ebbe bisogno di aiuto. Indossò la felpa che mi aveva rubato nell'armadio tanto tempo prima e che avevo sempre trovata carina su di lei, nonostante fosse enorme. La fissai mentre tornava sul divano per sdraiarsi e le porsi una seconda coperta.

- Riposati un po'. - la intimai, mentre sistemavo gli strati di tessuto caldo.

Guardai un momento i suoi occhi azzurri, lucidi per la febbre, che si inumidirono di più finchè una lacrima non scese lungo la sua guancia arrossata.

- Ti faccio solo soffrire, vero? - disse con la voce roca.

Volevo dirle che non era vero, che la sua sola presenza mi rendeva felice, che non mi importava quante volte mi ferisse; ma il nodo alla gola mi impedì di parlare. Distolsi lo sguardo perchè non sopportavo vederla piangere, soprattutto se la causa del suo dolore ero io. Le parole do Taehyung mi risuonarono nella mente: vuoi che provi la stessa sofferenza che hai provato tu, vero?

Ero davvero così perfido con la persona che amavo di più al mondo?

Diana piangeva in attesa della mia risposta e si accoccolò contro lo schienale del divano dandomi le spalle. Rimasi immobile mentre ascoltavo i suoi singhiozzi che mi ferivano come infiniti pugnali. Quando il pianto si fece più forte, sentii uno strano rantolio seguito da dei forti colpi di tosse, così la obbligai a sollevarsi per riprendere fiato. Tossì con forza diverse volte sorreggendosi il petto, poi cercò di calmare il fiato corto con scarso successo.

- Hai ragione, sono una stronza. - urlò tra uno spasmo e l'altro. - Ho rovinato tutto, non ti merito. Ti ho sempre amato, Jimin. Ma non capivo che tipo di amore fosse, per questo ho aspettato. Avevo paura di illuderti o ferirti, invece ho sbagliato tutto. - La sostenni per le spalle scosse dai singhiozzi mentre parlava disperata.

Rimproverai la mia testardaggine ed il mio orgoglio per non avermi permesso di ragionare lucidamente. Mi posizionai accanto alle sue gambe e portai il suo viso sul mio petto con una mano. La avvolsi sopra le coperte e lei si aggrappò alla mia schiena stringendo la felpa tra le dita.

- Scusami. - gridò piangendo contro i miei vestiti.

Respirava pesantemente e tossì di nuovo, forse stava peggiorando.

- Ne parliamo quando starai meglio. Ora stai tranquilla. - cercai di infonderle più calma possibile.

- No, non ce la faccio più. Voglio discuterne ora. - mi rivolse i suoi meravigliosi occhi azzurri che mi pregarono per la seconda volta.

- Pensa solo a riposarti adesso. - insistetti.

Protestò per un po' in preda al delirio febbrile, così la invitai a prendere una medicina per far abbassare la temperatura alta. Alla fine si arrese e borbottò qualcosa mentre la aiutavo a sdraiarsi di nuovo, le sue labbra morbide fremevano ancora.

- Ho freddo. - confessò con la voce assonnata.

Rincalzai bene le due coperte, ma sapevo che sarebbe servito a poco e poi notai che respirava a bocca aperta. Doveva essere rimasta davvero molto sotto la pioggia per ridursi così. La immaginai mentre mi chiamava tra le lacrime ed io me ne ero andato senza preoccuparmi di lei.

- Stai davvero male, eh. - mormorai tra me e me mentre accarezzavo la sua fronte calda.

Mi sedetti sul bordo del divano per controllare che riuscisse ad addormentarsi, sarei potuto rimanere a guardarla per ore. E finalmente chiuse gli occhi, ma non sembrava tranquilla. Continuava a tormentare la coperta con le dita agitate, così le strinsi tra le mie per rassicurarla che io ci sarei sempre stato, in qualsiasi caso.

- Ti amo. - sussurrò dopo qualche secondo di silenzio.

Ogni muscolo del mio corpo si fermò, persino quelli involontari. Avevo fantasticato milioni di volta la sua voce che mi rivolgeva quelle due semplici, ma potenti parole. Sapevo che non avrei mai dimenticato il suono di quella frase, infatti rimasi con l'eco nella testa, finchè non si addormentò profondamente.


"A remedy that will make my heart beat again." - Jamais Vu

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Buona domenica!

Ringrazio ancora per tutte le letture, non so davvero cosa dire ;;

Spero che questa storia non vi deluda, ho ancora diversi assi nella manica!

A presto!!

꧁La Città di Smeraldo꧂ p.jm. {CONCLUSA}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora