Capitolo 6

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È notte fonda ma nonostante la stanchezza non riesco proprio ad addormentarmi, sto da ore e ore a rigirarmi nel letto, pensavo che fosse per la scomodità ma in realtà sento lo stomaco contorcersi, sarà il nervosismo ma non so di cosa.
Per la millesima volta cambio posizione voltandomi verso Baelfire che beato dorme nel letto, il suo viso è rilassato al contrario del mio in cui è sempre presente un cipiglio.
E vorrei delle spiegazioni, vorrei sapere perché si trova qua, voglio sapere ciò che nasconde quest'isola e i bimbi sperduti.

Di botto mi alzo dal letto con l'irrefrenabile bisogno di uscire a prendere aria, quella tenda sta diventando soffocante e la mia mente non riesce a trovare pace. Cammino silenziosa fuori dal piccolo rifugio mio e di Baelfire e passo attorno al focolare di cui è rimasto solo cenere e fumo, mi guardo intorno costatando di essere l'unica sveglia. Durante la notte, l'isola che non c'è è avvolta in un silenzio tanto assordante quanto malinconico, durante la notte il buio riporta a noi sperduti un enorme peso sullo stomaco e la voglia di ritornare insieme alla propria famiglia, condannati dal fatto che nessuno esce da quest'isola.

Un forte urlo lacera il silenzio presente e senza pensarci mi precipito verso gli alti alberi che portano nella foresta, corro più veloce che posso incurante delle schegge ai miei piedi nudi, i lamenti cessano e non so più per dove proseguire. Presa dal panico mi guardo intorno spaesata e per istinto corro verso destra, il povero ragazzo emette un altro frustrante grido e per mia fortuna sto andando verso la direzione giusta.
Mi fermo per riprendere fiato e mi appoggio al tronco di un albero, quando sento delle voci e capisco di essere arrivata a destinazione.
Nascosta dall'albero mi sporgo quanto basta per fare da spettatrice ad una scena raccapricciante.
Un ragazzo, legato all'albero con delle liane, sul cui viso traspare tutta la sofferenza mentre rivoli di sangue macchiano la sua maglia all'altezza dello stomaco.
Inutile guardare il carnefice, l'unico che può commettere questa atrocità è Peter Pan, infatti quando alzo lo sguardo subito lo riconosco anche se voltato di spalle.

«Madelaine...cara» esclama Peter Pan senza nemmeno girarsi dalla mia parte e con la mano mi invita ad andare verso di loro. Nascondo lo stupore e cammino ferrea da lui. Da vicino posso notare le enorme occhiaie del povero malcapitato, il volto sporco di terra e alcune cicatrici gli contornano il corpo.
«sei arrivata giusto in tempo per vedere come soffre» esclama divertito con un sorriso sfacciato mentre gioca con il suo pugnale sporco di sangue.

«perché lo stai facendo?» domando tremante cercando di far recuperare le forze al ragazzo distraendo Peter Pan.

«perché non rispetta le regole» afferma puntando il suo sguardo verso di me e capisco che la prossima a soffrire sarò io, mi sono messa troppe volte in mezzo ai suoi piani, ma non ho paura che faccia ciò che vuole, l'importante è che faccia del male a me e non ad altri.
Impugna il pugnale pronto per scagliarli un altro colpo ma prontamente afferro il suo braccio bloccandolo, non gli permetterò di fargli del male. Il suo sguardo è cupo e pieno di rabbia ma non mi importa, stringo forte il suo braccio finché non lo allontana dal ragazzo pallido in viso.

«lascialo andare» urlo con tutte le forze che ho «fai del male a me, ma lascialo andare» aggiungo, non mi importa se non conosco questo ragazzo tantomeno se avesse o no fatto la stessa cosa, non voglio che un'altra vita venga tolta solo perché non ho saputo proteggerla.

«era ciò che volevo sentire» afferma lasciandosi andare ad una risatina «ma qui non decidi tu quindi...» non finisce la frase e si gira per strappare il cuore al povero ragazzo che emette forti gemiti di dolore, spalanco la bocca dal suo gesto barbaro. Com'è solito fare, stringe il cuore in un pugno finché non diventa cenere.

«è inutile che tenti di fare l'eroina, non sei e non sarai mai nessuno» esclama con tutta la calma del mondo mentre io cerco di rimanere rilassata ma tutto ciò che voglio fare e gridare e piangere, ma sono forte, Baelfire mi ha insegnato ad esserlo e di non mostrare mai la debolezza.

«questo non è un gioco!» grido puntandogli un dito contro mentre guardo il cadavere ancora appeso all'albero del povero ragazzo e forse la morte è stato un bene, almeno non dovrà soffrire più.

«mi sto riscaldando, il gioco deve ancora iniziare» sussurra al mio orecchio, poi si allontana tanto quanto basta per utilizzare la sua magia oscura e bloccarmi ogni via di fuga, non sarei scappata a prescindere, non perché sono masochista ma perché non sono una codarda, non posso rimangiarmi le parole.

«mi vuoi uccidere?» domando ingenuamente come se non mi creasse tanto sgomento.
Il suo volto è rilassato, anche quando pulisce il pugnale dal sangue del ragazzo ormai deceduto, vorrei scoprire cosa l'ha fatto diventare così.

«troppo facile, ti torturerò per il resto dei tuoi giorni» esclama avvicinandosi a me finché il suo viso non è a pochi centimetri dal mio, il suo fiato sul mio collo e il suo sguardo fisso nel mio, avvicina la sua fronte alla mia e chiudo gli occhi non riuscendo a sopportare il suo sguardo carico di rabbia.

«apri gli occhi» ordina ad un millimetro dalla mi bocca «devi guardare il carnefice della tua sofferenza» aggiunge e faccio come dice, mostrarmi impaurita dopo che mi sono offerta per salvare il ragazzo è da codardi, ed io posso essere tante cose tranne una codarda.
Sul suo viso appare un sorriso soddisfatto mentre io fremo dalla voglia di correre e scappare il più lontano, ma se scappassi farebbe del male a Baelfire perché sa che se lui si facesse male ne soffrirei.

Stringe il pugnale tra le dita mentre percorre delicatamente ogni lineamento del mio corpo mentre intona alcune note «nutri la follia, e lei si nutre di te» canticchia al mio orecchio per poi posare la sua testa tra l'incavo del mio collo mentre continua a percorrere il mio corpo con il suo pugnale.
L'unica cosa che mi è rimasta è la speranza, speranza che qualcuno venga a salvarmi ma tra gli alberi non appare nessuno, nemmeno quando con un gesto netto Peter Pan affonda il pugnale nel mio fianco, nessuno arriva nemmeno quando il mio urlo squarcia il silenzio che attanaglia quel posto.
Sento gli occhi pizzicarmi a causa delle lacrime che subito ricaccio indietro, per trattenere il dolore stringo le mani a pugno conficcando le mie unghie nel palmo della mia mano.
Sento, a contatto con la mia pelle, Peter Pan sorridere mentre rigira il coltello ancora più in profondità. Abbasso lo sguardo e noto la mia maglia impregnata di sangue, sangue che scivola veloce sul mio ventre fino a sporcare i pantaloni.

«ti sei mai chiesta perché sei l'unica ragazza dell'isola?» domanda Pan estraendo il pugnale dal mio fianco per poi pulirlo sulla mia maglia come se nulla fosse e dopo averlo riposato nella  guaina della sua cintura mi alza lievemente la maglia, il tanto per guardare il capolavoro che ha fatto.
Annuisco alla sua domanda una volta che ha alzato lo sguardo per incontrare il mio e sorride. Si mette sulle ginocchia così da trovare la sua testa all'altezza della ferita che guarda con attenzione.

«i bimbi sperduti hanno bisogno di una madre» esclama infilando due dita dentro la ferita fatta dal pugnale. Mi mordo il labbro per cercare di trattenere le grida di dolore mentre il suo ghigno si allarga sempre di più.

«per questo non verrai uccisa» afferma e non so se sentirmi sollevata o no per ciò che ha appena detto «ma non ci troverò molto per trovarne un'altra» aggiunge facendomi capire che come ha strappato il cuore a molti ragazzi lo farà anche a me.
Tira fuori le dita ricoperte di sangue e le passa sul mio viso sporcandomelo.

Delicatamente strofina il suo viso tra l'incavo del collo e dopo aver mostrato il suo solito ghigno sparisce tra gli alti alberi della foresta abbandonandomi alla mia agonia. Cado in ginocchio distrutta dal dolore e cerco di bloccare il sangue che scorre dalla ferita mentre continuo a ripetermi che tutto passerà.

~~~

«Felix, per favore, mi puoi passare quella ciotola?»domando al ragazzo di fronte a me.
I bimbi sperduti hanno da poco finito di fare colazione ed è arriva il mio turno di pulire, inutile dire che non ho chiuso occhio, sono rimasta in spiaggia a lavarmi dal sangue e a disinfettarmi la ferita che ho dovuto coprire con delle foglie.

«noto dal tuo viso che non hai avuto un bel incontro con Peter Pan» afferma sogghignando sotto il naso, ignoro la domanda e stendo il braccio affinché mi passi l'oggetto da me richiesto.

«ti do un consiglio, su quest'isola non c'è posto per la gentilezza» esclama sorridente per poi andarsene via.

Spazio autrice

Mi dispiace se questi capitoli non sembrano una vera e propria svolta ma voglio che sia ben chiara la crudeltà e la spietatezza di Peter Pan in contrasto con la gentilezza di Madelaine.

•𝑃𝑒𝑡𝑒𝑟 𝑃𝑎𝑛 𝑛𝑒𝑣𝑒𝑟 𝑓𝑎𝑖𝑙𝑠•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora